Cultura. Paesi scomparsi d’Insubria. Wüstungen medievali tra Milano, Adda e Ticino

Un Wüstungen
Un Wüstungen

“Il deserto cresce, guai a chi cela in sé il deserto” recitava un antico detto sicuramente familiare ai lettori di Barbadillo, e il deserto, reale o metaforico, fa parte della modernità, sia come luogo di purificazione scelto dai mistici di ogni tempo e luogo, dagli stiliti a Carlos Castaneda, sia come simbolo della devastazione moderna, come descrive mirabilmente T.S.Eliot nella sua Terra desolata splendida e terribile. Al deserto che, in questo caso, è tale solo metaforicamente, è dedicato lo studio Paesi scomparsi d’Insubria. Wüstungen medievali tra Milano, Adda e Ticino, di Matteo Colaone, pubblicato da Ritter nella collana “Architectura” diretta da Gianluca Padovan.

Fenomeno Wüstungen

Il concetto di Wüstung rappresenta il fenomeno dell’abbandono, e della conseguente devastazione fino alla loro scomparsa, di città e villaggi; lo studio di tali fenomeni, in Italia, non è frequente, al contrario di quanto accade invece all’estero, soprattutto in Nord Europa. Quindi, il saggio di Colaone è di particolare importanza, poiché potrebbe stimolare l’approfondimento di una materia non solo avvincente (chi non subisce il fascino delle città abbandonate o dei villaggi scomparsi?) ma anche utile a migliorare la conoscenza del nostro passato, materia sempre più negletta in tempi di appiattimento culturale e storico.

Il libro è organizzato per capitoli legati ai territori dell’Insubria, ovvero della regione al centro della Pianura padana, territorio molto caro all’Autore, che si dedica brillantemente da anni alla diffusione della conoscenza e alla tutela del patrimonio storico, ecologico ed identitario della Lombardia. Non stiamo parlando di una esercitazione teorica o aridamente filologica: lo studio del territorio è –o dovrebbe essere- materia viva di conoscenza delle proprie radici, comprese quelle ormai seccate o divelte.

La riqualificazione del paesaggio parte dalla sua conoscenza, e studi del genere aiutano a capire che l’uomo reale è fatto di carne e sangue, legato ai suoi vicini, collocato al suo territorio e discendente dai suoi avi, di cui è proseguimento ideale e carnale. Combattere l’astratto e irrealistico concetto di individuo, monade apolide senza coordinate spazio-temporali, significa indirizzare l’attenzione verso la terra e il borgo, magari per reagire più consapevolmente agli irresponsabili progetti di ripopolamento forzato delle nostre valli con allogeni totalmente estranei, per usi e costumi, alla nostra storia.

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Luca Gallesi

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