Il caso. Reddito di cittadinanza: l’orfano che nessun partito vuole (seriamente) adottare

basic-incomeEppure ce lo ha chiesto l’Europa. Sissignore! E’ una di quelle notizie che non trovano molto spazio su giornali e telegiornali nazionali, come, ad esempio, la richiesta di reintroduzione della Tasi sulla prima casa (riportata in bella evidenza) ma…in base “al reddito” e non al valore dell’immobile, aspetto taciuto o comunque riportato in piccolo dai nostri media. Sì, perché il nostro è l’unico Paese in Europa a non avere il reddito di cittadinanza o sussidio di disoccupazione, ovviamente con obbligo di iscrizione alle liste di collocamento. Eppure siamo probabilmente lo Stato dove le parole solidarietà e ammortizzatori sociali sono maggiormente utilizzate nei discorsi dei politici.

Lo ha proposto il Movimento 5 Stelle, ma in maniera fumosa per quel che riguarda le coperture economiche e surreale per l’estensione agli extracomunitari con relativa cittadinanza conferita dopo cinque o addirittura tre anni di soggiorno sul nostro territorio. E giù tutti a dargli addosso da destra a sinistra sottolineando (in questo caso, giustamente) le carenze sopraelencate.

Cos’è che fa tanta paura nel Paese degli sprechi, delle sovvenzioni e della solidarietà in questo ammortizzatore sociale adottato in tutta Europa? (E non solo…gli Stati Uniti, liberisti e cattivi, hanno il sussidio di disoccupazione).

Thomas Kennington, Orphans_1885

Il punto sta proprio nelle coperture economiche. Non è pensabile trovare ulteriori coperture per “aggiungere” il reddito di cittadinanza agli altri ammortizzatori sociali che già abbiamo in Italia: cassa integrazione, mobilità, assistenzialismi di vario tipo al Sud, aiuti di Stato o nazionalizzazione di imprese e banche in difficoltà, sussidi vari a stampa, cinema, teatro e quant’altro. Tutto questo, negli altri Paesi è praticamente sostituito, del tutto o in buona parte, dal reddito di cittadinanza. Se facciamo i conti, sostituire i suddetti ammortizzatori con il solo reddito di cittadinanza, non solo coprirebbe le spese del medesimo, ma forse costituirebbe addirittura un risparmio.

Valutiamo però il costo politico caso per caso.

Sostituire la cassa integrazione con il reddito di cittadinanza significa passare dall’80% dello stipendio (in media 1.200-1.300 euro al mese) per parecchi anni oppure lavorare 3 giorni a settimana e trascorrere gli altri 2 a casa in cassa integrazione sempre con stipendio ridotto dell’80%, al licenziamento con reddito di cittadinanza a 700-800 euro al mese + iscrizione alle liste di collocamento con l’incognita del lavoro che ti capiterà. Quale partito, per non parlare dei sindacati, proporrebbe una cosa del genere a milioni di dipendenti e potenziali elettori?

Sostituire l’assistenzialismo al Sud con il reddito di cittadinanza significa sì un reddito, ma anche l’obbligo di iscrizione alle liste di collocamento per i cittadini e magari annullamento di molti incentivi alle imprese e investimenti in infrastrutture (spesso inutili) “per creare lavoro” con annessi e connessi (tangenti e affini). Anche qui milioni di voti gestiti in parte dalla Mafia che sull’assistenzialismo (quel tipo di assistenzialismo) campa.

Sostituire gli aiuti a stampa, cinema e teatro con il reddito di cittadinanza significa questo: quante volte abbiamo letto dell’attore (o dell’attrice) americano famosissimo negli anni Ottanta in virtù di una serie televisiva o di un film di successo che ora serve i panini da McDonald’s? Piuttosto spesso. Quell’attore è passato attraverso sussidio di disoccupazione alla lista di collocamento e da lì al lavoro da McDonald’s. Avete mai letto qualcosa del genere in Italia? No, perché il cinema e il teatro, finanziati dallo Stato, permettono (a spese nostre) di dare lavoro sempre e comunque, in questo campo come in altri, indipendentemente dalla qualità (in genere molto bassa) del prodotto e dagli incassi, sempre che stampa, cinema e teatro siano in linea con le linee guida ideologiche del Governo.

Ora viene il bello. Col reddito di cittadinanza niente salvataggio di Alitalia o nazionalizzazione di Ilva e Monte del Paschi per “salvare posti di lavoro”. Licenziamento, reddito di cittadinanza, collocamento…panini da McDonald’s. Qui non sono in ballo soltanto i voti, ma anche (e soprattutto!) la possibilità di mantenere queste imprese nelle mani dei partiti attraverso manager (per lo più incapaci) messi lì dai medesimi.

In sintesi, il reddito dei cittadinanza renderebbe possibile l’abolizione dell’articolo 18 e quindi i licenziamenti facili. Se c’è il reddito di cittadinanza, il licenziamento non è più una tragedia, o comunque una tragedia di dimensioni bibliche sia per i dipendenti privati che per gli statali con le conseguenze che questo comporterebbe quanto a perdita di potere (e voti) per politici e sindacati.

Quindi, il reddito di cittadinanza non conviene a nessun partito, di sinistra come di destra, per cui sarà mooolto difficile vedere questo strumento nel Paese della solidarietà. Chi è fuori dai circuiti precitati (autonomi in testa), finirà in mezzo alla strada e a nessuno importerà niente di lui.

Persino Papa Bergoglio, nel corso del discorso tenuto all’Ilva di Genova si è schierato in questo senso. “No al reddito per tutti, sì al lavoro per tutti” (cito ad sensum). Certo, il discorso del Papa era più sottile: il lavoro nobilita, il reddito senza lavorare svilisce l’uomo. Giustissimo, non possiamo che condividere, ma mi chiedo…perché allora questo Papa che più di ogni altro, almeno in tempi recenti, propaganda la carità, non ha mai detto “No alla carità, sì al lavoro per i poveri”? Fa un altro effetto, vero? Eppure è praticamente la stessa cosa. Forse, Sua Santità intende la carità come una forma di reddito di cittadinanza privatizzato…

Per concludere. Sapete chi parlò per primo di reddito di cittadinanza? Un certo Friedrich Von Hayek, emerito economista della Scuola Austriaca, ovvero una corrente di pensiero che vuole ridurre al minimo l’ingerenza dello Stato nella vita pubblica: liberismo estremo, privatizzazioni di tutto o quasi e via di seguito. Von Hayek riteneva semplicemente che uno Stato ultraliberista avrebbe creato una tale quantità di lavoro che i casi di disoccupazione sarebbero stati minimi e quindi si poteva intervenire con il reddito di cittadinanza che avrebbe avuto un costo limitato. Nell’ultimo Paese dell’Est, come viene chiamata l’Italia all’estero, non c’è spazio per il liberismo e neppure per il reddito di cittadinanza (ci sarà un nesso?).

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Pierpaolo Pelò

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