Calcio. Bonucci al Milan: appunti per un manuale di conversazione pallonara

Leonardo Bonucci [da Fb]
Leonardo Bonucci [da Fb]

Leo Bonucci è un giocatore del Milan. Chi l’avrebbe mai detto, solo due mesi fa. Ricordate? La Juve lanciatissima, dopo aver sconfitto Barça e Monaco con il difensore a far da condottiero bianconero mentre i cinesi rossoneri sollevavano più dubbi che certezze. Ma cosa è successo? Coerenti allo spirito estivo del calciomercato nazionale, ce lo proviamo a spiegare con cinque illazioni. Sissignori. Niente indiscrezioni, proprio illazioni, ragionamenti da bar, luoghi comuni come se piovesse. Un piccolo manuale di conversazione per non farsi trovare impreparati con gli amici, in ufficio, sotto l’ombrellone o dal barbiere.

LEADER MANCATO. Bonucci voleva fare il capitano, non giriamoci troppo intorno. Voleva imprimere alla Juventus il suo marchio, la sua firma, la sua leadership faticosamente studiata e appresa nelle estenuanti sedute di allenamento col mental coach. Solo che ha fatto i conti senza l’oste. In primo luogo teneva davanti i signori Buffon, Chiellini e pure Barzagli. Poi doveva fare i conti con l’anima aziendalista bianconera che ha sempre messo i calciatori in second’ordine rispetto alla maglia. Il culto della personalità è roba da provinciali. Se Del Piero, dicesi Del Piero, fu sbolognato malamente in Australia quando osò fare un po’ il broncio, perché mai adesso la società avrebbe dovuto assecondare le pretese di Bonucci?

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IL CICLO E’ FINITO. La seconda finale di Champions era quella cruciale. Gli anni passano per tutti, la Juve deve rinnovarsi per continuare a vincere senza far sconti a nessuno. Perciò biisogna iniziare a porre le basi per un nuovo progetto. Non è un caso se Marotta ha accettato dal Milan De Sciglio, che c’ha 24 anni e s’è portato in casa Bernardeschi che ne ha 23. Niente rivoluzioni radicali ma un graduale ricambio, insomma. Bonucci, il più “contiano” non poteva rimanere facendo le bizze. E lui, dopo sette anni passati in bianconero, inizia a intravedere la boa dei trent’anni.

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COMUNQUE IL MILAN E’ SEMPRE IL MILAN. E ripartire al centro di un progetto nuovo e ambizioso è qualcosa che riempirebbe d’orgoglio qualsiasi calciatore. Bonucci, che ha strappato la garanzia di indossare la sua casacca numero 19, punta a vivere una seconda vita, erede conclamato di una tradizione preziosissima che da Tassotti-Baresi-Costacurta-Maldini passa per Nesta e Thiago Silva. Una sfida importante, avvincente e non da poco.

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LE  BANDIERE NON ESISTONO PIU’. E chissenefrega se fino a due settimane fa abbiamo tutti strepitato per il caso Donnarumma, guardacaso proprio al Milan. Bonucci, come dicono in tanti, è libero di fare le scelte che vuole. E ci mancherebbe altro.  I soldi sono importanti e, messi alle strette, tutti rinuncerebbero ai valori per arricchirsi. Certo, questo non è più sport ma business. E non lo scopriamo nel 2017. Ma non ditelo troppo forte ai tifosi: gli stanno facendo credere, grazie al webbe, che loro contino davvero qualcosa ma lo sanno anche le pietre che non è e non sarà mai più così.

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TROPPO LITIGIOSO PER ESSERE UN CAMPIONE. Questa è l’arma finale. Leo Bonucci litiga con tutti. Con Allegri, con i giornalisti, con gli avversari. Picchia (avrebbe picchiato, La Stampa dixit) i compagni negli spogliatoi. Non va bene, un campione deve essere umile e servizievole con i compagni. Questo è il luogo comune più potente che ci sia, usatelo con estrema attenzione e solo in caso di assoluta necessità.

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