Artefatti. Dalla parte di Fulvio Abbate, contro la protervia della maestrina Boldrini

abbateIl marchese Fulvio Abbate, scrittore e geniale polemista con le spalle larghe – per certo non abbisognante di avvocature mediatiche – è stato vittima di un cosiddetto “blocco” su Facebook, a seguito di anonima denuncia per un attacco alla Presidente della Camera Laura Boldrini. Si dirà: e ché sarà mai? Al confino per così poco? Nulla davvero, se non medaglia per libero pensiero, infatti tempo un paio di giorni e l’inibizione a scrivere è decaduta, riconsegnando le sferzanti riflessioni di Abbate ai numerosi seguaci. Il fatto però, potrebbe essere utile per qualche osservazione, inerente la libertà d’espressione all’interno dei contenitori virtuali. Nel mesto scorrere dei vari aggiornamenti estivi – spiagge, piscina, forever gatti, celebrazione di defunti famosi, notizie dal mondo, motti sapienziali gandhiani, piatti e calici stracolmi – si celano astiosi moralizzatori, prolissi sconosciuti pronti a sentenziare sullo scibile umano, corazzieri e guardie svizzere dalle granitiche certezze, casalinghe e pensionati annoiati lesti alla delazione, indirizzata al bigotto Zuckerberg ovviamente. Laura Boldrini, attaccata dallo scrittore palermitano proprio per le sue posizioni atarassiche, pedagogicamente stucchevoli, pedantemente asservite a certo bon ton da fantasilandia, è d’altronde bersaglio facile. Chi non ricorda lo zelo con il quale la Presidente si occupò del cyber-bullismo? Un problema tutto sommato insignificante: a parte qualche caso grave ma nell’ordine delle cose, per il resto una fortificazione legiferata a difesa di rincoglioniti e futuri piagnoni. “Sederini delicati”, recitava una réclame degli anni ’80. Tuttavia l’intemerata di Abbate non è da confondersi con certe insofferenze provenienti da destra, bensì proprio dal versante opposto.

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Cerchiamo di capirne di più. Fulvio abbate, laureatosi con una tesi su Céline e l’Apocalisse, è un noto personaggio pubblico, indubbiamente di sinistra, tanto da titolare il suo autarchico canale Youtube Teledurruti – una televisione monolocale, alla memoria dell’anarchico spagnolo Bonaventura Durruti. I lettori scuseranno la preferenza poco elegante: fu memorabile l’utopico format “Vengo a cacare a casa tua”, laddove si prevedeva l’ospitalità in toilette, per personaggi famosi, in casa di gente comune; parallelamente porta avanti il movimento politico Situazionismo e Libertà, del quale piace citare il solipsistico motto “Abbasso la realtà”, di chiara impostazione avanguardista, libertaria e patafisica. D’altro canto, sensibilità e competenze artistiche sono fuori discussione. Profondo conoscitore di Mario Schifano, Yves Klein, Joseph Beuys, Ettore Sordini, Alighiero Boetti, Piero Manzoni, Marco Lodola, nonché della letteratura “estetica” e filosofica con predilezione francese, il Marchese potrebbe a ragione dire quel cazzo che vuole su molti argomenti, diciamo pure su tutto, senza timore di censura in libero stato. Ma la genialità del personaggio risiede proprio nel forzare argutamente il recinto di quella libertà da biberon e poi da passeggino, in fondo così formale e noiosa, esattamente come fecero Carmelo Bene e Pier Paolo Pasolini. Abbate ha ben compreso dove è asserragliato il nemico: nella tracotanza volgare dei potenti di turno, nelle ottuse manifestazioni fideistiche giudicanti il prossimo, nell’ignoranza catacombale dei nuovi onesti, nel burocratico agire da automi, nel belare come pecore dei finti anticonformisti. Abbate c’è, talvolta come la Ceres, tanto da auto-parodiarsi con rotacismo e storpiature lessicali, sempre anteponendo l’insofferenza estetica – quanto è diventata brutta e prevedibile l’Italia? – rispetto all’attacco personale.

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Ci si chiede, dapprima con qualche stupore: ma i repentini cambi d’opinione, di giudizio, di posizione? Domande oziose giacché la vita, pure quella politica, è teatro: cambiano le quinte, non il protagonista che sul palco avrà l’onere di farsi credere oppure ortaggi; a tal proposito, si rivedano le performance con Pietrangelo Buttafuoco, meravigliose lezioni in cattedra d’autoironia. C’è, in quel fioretto tra figure retoriche (destra e sinistra), tutta la capacità di stare al mondo dei siciliani, tutta la sapienza restituita in battute, facezie, e faccende serie, amenità, commedia, memorie. Ve l’immaginate la stessa situazione con Augias e Severgnini? Geriatrica. Quindi, non è certo il caso di concludere con l’usurata e in fondo boldriniana parola Solidarietà (per Fulvio), bensì con quest’altra a finto scandalo: “Sborra”. Non è un messaggio criptico, non un vezzo da emulatore, nemmeno banale volgarità gratuita, ma certamente è il termine che i damerini della nuova sinistra non hanno il coraggio di pronunciare, paralizzati come sono da sondaggi bondage, da una visione del mondo da pianerottolo d’attico bianco e vuoto, dalle mestizie del buon senso. Quindi ben venga l’ostentazione triviale, che i francesi si possono permettere chiamandola argot, come sigillo di stima e augurio eiaculatorio, rivolto al nostro Divin Marchese.

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Donato Novellini

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