Calcio. Dybala è la joya che salverà la Juve anche in Champions

Dybala

Dal Pantheon sentenziò David Trezeguet: “A Dybala ora non manca nulla per essere ai livelli di Messi“. E come dargli torto. L’ingresso della Joya contro il Chievo dei soldatini di Maran è stato devastante, una frattura – pure e soprattutto tattica – che è dimostrazione manichea del bianco e del nero (e quali altri colori, altrimenti?), come il dieci che ha cucito sulla camiseta che lo asseconda mentre spazia dalla trequarti in poi. Già, Dybala si è consacrato, plumbeo nella triade capitolina sampaolista con Messi Cimabue e Icardi (che ha scalzato lo sparring partner zebrato Pipita), anarca jüngeriano che scopre finalmente sé (il mondo e il senso della responsabilità e della libertà), trionfo dell’eclettismo.

Non che la stagione scorsa sia stata sottotono, anzi, ma l’impressione lampante tra le sue percussioni fulminee è che Dybala ora sia finalmente a suo agio, più al centro della manovra, più mobile, tendente al modello regista avanzato, jolly del 4-2-3-1, coperto da Matuidi, affiancato dal solito Mandzukic, incuriosito da Douglas Costa (a stento promosso nell’ultimo incontro), atteso da Higuain. Allegri chiede alla squadra di scaricare subito il pallone su di lui.

Lo chiederà ancora di più stasera – lo ha già avvisato nella conferenza stampa – nella sfida contro il Barcellona, ancora scottato da quel tre a zero di aprile, quando Dybala riuscì a impacchettare una doppietta da urlo e Chiellini firmò con una prepotente spizzata il gol della sicurezza. Le cose oggi sono diverse, e non soltanto perché tutti sono consci che da tempo il fantasista è passato al Bosco e in conferenza stampa le metà delle domande fatte a Valverde sono state su di lui (tanto che il ct è stato costretto a dire “d’accordo, Dybala è fortissimo e per lui avremo un occhio di riguardo, ma nella Juve ci sono tanti altri giocatori forti”), quanto perché questa volta Dybala se la dovrà caricare sulle spalle. Lì dietro manca Chiellini e probabilmente Barzagli sarà adattato a terzino (manca anche Howedes e De Sciglio non gode di fiducia assoluta), in cabina di regia latitano Khedira e Marchisio e Mandzukic è ancora in infermeria. Allegri dovrà fare di necessità virtù ancora una volta e toccherà a Sturaro – già grande e vaccinato per il palcoscenico d’Europa e con i minuti nelle gambe – andare a fare l’esterno alto a sinistra.

E’ evidente che nel corso della partita Sturaro si abbasserà sulla linea di Pjanic e Matuidi (a protezione del piedino bosniaco) e Dybala completerà il tridente con Douglas Costa e Higuain. Un tridente che, per scardinare la barriera blaugrana del ringalluzzito Piqué, non darà punti di riferimento. Ai marinai servirà solo un faro: quello di Dybala. Non ci si potrà fermare al mero traghettamento di anime. Anche perché l’idolo di sempre, l’altro numero 10 – non più irraggiungibile, già sconfitto ad aprile, ora semplice primus inter pares tra gli albicelesti – è lì a guardare. E, dicono, anche a corteggiare. Paulo non rimane in silenzio: “Per fortuna gioco con Messi in nazionale ed è un gran piacere, si possono imparare molte cose da lui. Ma la verità è che è difficile per me giocare con lui perché giochiamo nella stessa posizione, cerco sempre di lasciargli i suoi spazi ma non è facile per me. E in nazionale è evidente che devo essere io a dovermi adattare a lui”, e forse forse l’ammiccamento è solo una formalità reverenziale: “Sto bene alla Juventus ma non so cosa potrà accadere in futuro, sono felice di indossare una maglia così importante come la dieci”. Tanto basta perché riecheggi lo spirito di Platini, che trentuno anni fa beffava proprio i catalani (ma sarebbe passato il Barça), proprio con quella maglia.

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Francesco Petrocelli

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