Lettera di Buttafuoco e Abbate. Caro Salvini, dare un’arma a ogni italiano non è di destra

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Il tema della legittima difesa divide l’Italia e anche le destre. Due scrittori, Pietrangelo Buttafuoco e Carmelo Abate, con un nuovo libro, spiega come armare i cittadini per una forma di autodifesa non sia una opzione politica della destra tradizionale. Il dibattito è aperto

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Gentile Matteo Salvini, non è di destra – se vuoi fare la destra – dare una pistola a ogni padre di famiglia e gettarlo poi nelle pesti della difesa-fai-da-te, nella disperazione di avere ucciso un qualunque malacarne per poi averne in cambio un incubo di coscienza e, di certo, con la galera come danno collaterale, la certezza di morire ammazzato.

Forse è un western quello degli sparalesto ma non è la civiltà del dovere di dare un tetto, un domani e il pane quotidiano – il pieno diritto di ognuno specie quando l’emergenza vera è la sicurezza –perché gli italiani, una prima forma di legittima difesa autonoma rispetto alle Leggi e all’Ordine costituito già la conoscono, ed è la mafia. E il prezzo di supplenza rispetto all’assenza dello Stato è alto. E immondo. Il far da soli nel controllo del territorio, della proprietà e degli affari è quella cosa lì e la prima azione veramente e fortemente di destra attuata nell’Italia contemporanea fu quando Cesare Mori, il Prefetto di ferro, cominciò col togliere ai cittadini – casa per casa – qualunque revolver, qualsiasi fucile, ogni coltello e iniziativa autonoma per poi arrestare i mafiosi.

La Mafia, gentile Matteo Salvini, è la forma compiuta della difesa-fai-da-te. Cosa Nostra, infatti, privatizza il mercato delle armi per sostituirsi allo Stato e così offrire una tutela parificata al servizio pubblico. Dove c’è mafia nessuno ruba, non ci sono case svaligiate, le donne possono andare a fare la spesa indisturbate e la notte, tutti, possono dormire con la porta aperta. Ma le porte aperte – giusto per una notazione storica e di coerenza a destra – ai cittadini gliele assicura la Legge quando il 20 ottobre 1925, al Prefetto incaricato dal governo arriva questo telegramma: “Vostra Eccellenza ha carta bianca, l’autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente, ristabilita in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi”.

Ecco, gentile Salvini, l’azione di destra – allora – ebbe a risolversi disarmando i cittadini e non è certo di destra, se vuoi fare la destra, lasciare appese le sciabole e far combattere i foderi. È il modo tutto napoletano per dire che lo Stato sta fermo e devono poi sbrogliarsela i signor Veneranda. Chi si arma si destina a usarla. Solo che non sa né quando e neppure come. Come quello che non avendo a disposizione una pistola ma solo il furgone che guida, preso dalla mosca al naso, per via di una lite sul traffico, va ad ammazzare una ragazza sulla motocicletta. Una corsa all’indietro nel far west non porta sicurezza e giustizia, anzi: fa di ogni vittima un colpevole. Il mantra del cittadino con la pistola, la ricetta un’arma in ogni famiglia, lo slogan dispensato con rassegnata leggerezza visto-che-lo-Stato-non-ci-difende è una illogica e controproducente calata di braghe rispetto all’emergenza numero uno: la sicurezza. Urge, gentile Salvini, rifuggire dalle scorciatoie. Certo, lo Stato non è perfetto, ed è vero che il cittadino è abbandonato in balia dei delinquenti. Ma anche sulla Sanità pubblica che a volte non è impeccabile, tra liste d’attesa infinite, strutture inadeguate, assistenza indegna ed errori fatali, nessuno si sogna di togliere di mezzo lo Stato per gestirsi la cura della salute a casa. La stessa Sanità privata non ha mai lo standard del pubblico che – soprattutto al Nord, gentile Salvini – è di livello alto.

La sicurezza e il contrasto alla criminalità devono essere esclusiva competenza dello Stato. Dove questo non accade, alla fine del giro sul terreno rimangono tanti morti ammazzati. Il caso più eclatante è ovviamente quello degli Stati Uniti, gli Stati armati d’America con la più alta percentuale di armi da fuoco per abitante al mondo: 88,8 ogni 100 persone, secondo l’organizzazione indipendente svizzera Small Arms Survey, dato 25 volte più alto rispetto alla media delle nazioni Ocse. Ma allo stesso tempo, gli Usa fanno registrare il più alto numero di omicidi rispetto a tutti gli altri Paesi industrializzati: quasi 12 mila morti ammazzati solo nel 2008. Al contrario, sempre secondo lo stesso osservatorio, in Giappone si contano 0,6 armi da fuoco ogni 100 abitanti (tasso più basso fra gli Stati ricchi) e 11 persone uccise nel 2008, mentre due anni prima erano state solo 6 in tutto il Paese. Periodo nel quale negli Usa più di 500 persone avevano perso la vita per una causa accidentale, cioè mentre erano intente alla pulizia delle armi personali.

E qui, gentile Matteo Salvini, si apre una pagina: la maggior parte dei morti non deriva dall’azione del cittadino che protegge il proprio tinello, ma da quello che attacca e spara per le ragioni più disparate. Un altro osservatorio indipendente, Gun Violence Archive, ha contato 58.634 sparatine nel 2016, 15.062 delle quali mortali. Soltanto in 1.971 di questi casi gli americani hanno fatto fuoco a scopo difensivo, mentre gli incidenti per colpi accidentali sono stati 2.198. A completare questa speciale contabilità del massacro, 384 mass shooting, le sparatorie di massa come quella del Pulse, il gay club di Orlando in Florida, dove il 12 giugno 2016 un cittadino americano ha imbracciato un fucile d’assalto e una pistola automatica per sparare a casaccio sulla folla e far fuori 49 persone ferendone altrettante.

Una percentuale di morte per armi da fuoco 7 volte più alta di quella canadese e addirittura 600 volte superiore rispetto alla Corea del Sud. Una carneficina anche a scuola. Tra il 2013 e il 2015 il gruppo di attivisti Everytown ha contato 160 school shootings in 38 Stati americani, il 53 per cento delle quali in scuole elementari. Ogni santo giorno 19 bambini arrivano nei pronto soccorso per ferite da arma da fuoco, fra il 2003 e il 2013 ne sono stati ammazzati 163 per incidenti nei quali mancava la volontà o la consapevolezza di uccidere. Morti per gioco, per essere chiari.

In Europa, secondo un rapporto della commissione di Bruxelles del 2014, il Paese che detiene più fuoco è la Germania, con 25 milioni di armi, seguita dalla Francia con 19 milioni. L’Italia è il primo produttore di armi in Europa (secondo al mondo) e detiene anche il primato europeo degli omicidi: 0,71 ogni 100 mila abitanti nel 2016, numero 10 volte superiore rispetto a quello di Francia e Gran Bretagna.

Ma non è scritto da nessuna parte che dobbiamo per forza morire in questo sporco modo. Un’altra strada è possibile, il caso Australia insegna. Dopo la strage di Port Arthur del 1996, 35 persone ammazzate e 21 ferite da uno squilibrato, il governo australiano ha approvato un pacchetto di leggi con l’obiettivo di ridurre di un quinto le armi in circolazione. Tutto ciò attraverso un piano ambizioso quanto coraggioso: lo Stato le riacquista dai privati. Risultato: in 10 anni il tasso di suicidi con armi da fuoco è sceso dai 2,2 per 100 mila persone del 1995 allo 0,8 del 2006, periodo durante il quale i dati sui suicidi senza armi da fuoco sono rimasti invariati, mentre il tasso di omicidi è passato dallo 0,37 per 100 mila persone del 1995 allo 0,15 del 2006.

Alla fine del giro, gentile Matteo Salvini, non resta che una constatazione: la pistola in mano al signor Veneranda è solo la soluzione più facile e più comoda per tutti. Per lo Stato Ponziopilato che se ne lava le mani quando sulla sicurezza dovrebbe perderci il sonno e così anche per la politica che specula sulla legittima paura degli inermi. Per farli ancora più inermi, degli assassini di risulta. Ed è, caro Matteo, quando per un pugno di voti, di ogni vittima se ne fa solo un colpevole. Non è la sicurezza di un tetto, di un domani e del pane quotidiano. È solo un brutto western.

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Pietrangelo Buttafuoco e Carmelo Abbate

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