La mappa. Crolla Grillo, perdono Lega e Pdl, tiene il Pd (e quindi il governo di larghe intese)

astensioneL’astensione è il primo partito. Il Pd ha vinto o tenuto a seconda dei punti di vista. Beppe Grillo e la Lega Nord hanno perso, il Pdl pure. Questi sono i risultati più lampanti usciti dalle urne delle amministrative. Ma a un’occhiata più attenta si possono trarre nuove conclusioni.

La prima riguarda l’astensione: non si è trattato di un crollo. L’affluenza è sempre relativa al tempo e al luogo con le quali viene messa a confronto. Confrontando i dati delle Politiche 2013 con le elezioni precedenti si nota una perdita evidente che va dall’83,6% del 2006 al 75,2% di febbraio. Ma, se si raffrontano questi dati con quelli di nazioni che noi italiani consideriamo altamente democratiche, si scopre che in Francia e Germania generalmente l’affluenza è del 70%, in Inghilterra è al 60% mentre negli Usa si aggira intorno al 50%. Ciò significa che solo in Italia ci facciamo dei problemi sull’astensione che rappresenta, invece, sempre più una scelta politica consapevole di protesta “non grillina”.

Singolare il caso di Pisa, la città del premier Enrico Letta, che registra il più alto tasso di astensione, mentre capoluoghi come Isernia da questo punto di vista va in controtendenza, nonostante si sia rivotato a distanza di un anno. A Iglesias, invece, l’astensione è stata aumentata del 10%, sebbene si sia votato per la terza volta in tre anni .Poi c’è Roma dove  il dato dell’affluenza era viziato col voto delle Politiche, perciò l’unico riscontro possibile è quello con le regionali del 2010 dove votò solo il 56% dei romani. Un dato che non si discosta molto dall’attuale 52,5% e che rappresenta un segnale d’allarme solo per il centrodestra, incapace ancora una volta di “militarizzare” il suo elettorato. E questo ci porta all’analisi della sconfitta. Una sconfitta del centrodestra che non finisce a Roma ma si estende per tutto lo stivale. Partiamo dal Nord, da Imperia, la patria di Scajola e feudo del centrodestra ligure. Si va al ballottaggio con uno svantaggio di circa 20 punti perché una parte del centrodestra che fa capo all’ex sindaco pidiellino Paolo Strescino ha deciso di appoggiare il candidato di centrosinistra.

Il risultato del voto in Lombardia è invece la rappresentazione plastica del problema strutturale del centrodestra.  È una regione tradizionalmente di centrodestra ma al suo interno ha molti capoluoghi che tradizionalmente sono da decenni governati dalla sinistra. È il caso di Sondrio dove Alcide Molteni, che,  fatta eccezione per il quadriennio 2003-2007, amministra la città dal 1993 ed è stato riconfermato già al primo turno. Anche Lodi è governata dalla sinistra dal 1993 e, salvo sorprese nel ballottaggio, lo sarà anche per i prossimi cinque anni. La Brescia che ha fischiato Berlusconi ha invece un sindaco uscente del Pdl che si è fermato al 38%, alla pari col suo sfidante di sinistra. In caso di sconfitta del centrodestra, Brescia tornerebbe a essere una città di centrosinistra con tendenze cattocomuniste, in pieno stile Mino Martinazzoli,  ex sindaco e ultimo segretario della Dc.

Nel bianco-verde Veneto c’è stata una conferma e una sorpresa. La conferma si chiama Achille Variati che governa la città di Vicenza dal 2008 ma che già nei prima anni ’90 fu sindaco con le insegne della Dc per cinque anni consecutivi. La sorpresa si ha nel vedere che la leghista Treviso ha voltato le spallo al sindaco-sceriffo Gentilini, costretto al ballottaggio dopo un deludente 33% nel primo turno. In sintesi il centrodestra al Nord quando si tratta di votare per le Regionali vince, tiene o se la gioca, come successo di recente anche in Friuli, ma non fa presa nei capoluoghi: da Genova a Venezia, passando per Torino, Milano e Udine, è un crescendo di bandiere rosse.
Il centrodestra alle Regionali è vincente perché sfonda nelle province, nelle valli, il cuore profondo del Nordest. E lo stesso fenomeno accade nel Lazio dove, tendenzialmente, in situazioni di vento favorevole, il centrodestra vince in tutte le province eccetto quella di Roma. Si pensi all’esito elettorale delle regionali del 2010. Senza considerare l’altro gravissimo handicap per il centrodestra, ossia quello di non riuscire a sfruttare gli errori altrui come nel caso di  Siena. Dopo lo scandalo del Monte Paschi, in una situazione di evidente difficoltà per il Pd, il Pdl avrebbe dovuto vincere al primo turno e invece il candidato di centrodestra va al ballottaggio con 16 punti di svantaggio.

“A pensar male si fa peccato, ma a volte ci si azzecca” diceva  Giulio Andreotti. E così vien quasi da chiedersi se qualcuno non abbia voluto immolare questa tornata per evitare che il Pd si spaccasse ulteriormente e per proteggere il governo di larghe intese…

Francesco Curridori

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