Libri.”Lsd. Carteggio Junger-Hoffman 1947-1997″: il viaggio religioso oltre lo sballo

Albert Hofmann e Ernst Jünger
Albert Hofmann e Ernst Jünger

Di «viaggi» Albert Hofmann e Ernst Jünger ne hanno compiuti tantissimi. Il primo, chimico di professione, ha percorso i sentieri della ricerca scientifica spingendosi oltre il limite consentito. Lo ha fatto per curiosità professionale ma anche per una brama (mai nascosta) di temerarietà, propria di chi non si accontenta dell’ultimo traguardo raggiunto. Il secondo ha vissuto decine di vite raccontandole in altrettanti volumi. Ma fu l’Lsd il loro punto d’incontro. Crocevia obbligato, perché entrambi arrivati ad un punto in cui un cambio di direzione perentorio era quasi condizionato dallo sviluppo stesso delle loro esistenze. 

Negli anni, questo comune viaggio fu trasfigurato e riportato su altri (ed errati) sentieri dalla cultura hippie che fece di questa scoperta l’ennesimo strumento di «evasione» e di implicita lotta alle gabbie del potere. Ma tale non era, o non doveva essere, la scoperta dell’Lsd. Quando, infatti, in una delle ultime interviste, fu chiesto a Hofmann se fosse religioso, la risposta fu sorprendente e allo stesso tempo demolitrice di quella prevalente idea dello «sballo» che nei decenni surrogherà i presupposti elementari ma essenziali dell’utilizzo dell’Lsd: «Bisogna intendersi sul significato della parola religione. Come chimico le dirò che più si va a fondo, più si indaga nel piccolo e piccolissimo, più si ha la necessità di ammettere un principio spirituale. Che cosa tiene insieme gli atomi? Che cosa li organizza? Se ammettere questo principio è religione, allora sì, sono religioso».

Questo fu l’intento di Hofmann e, per certi aspetti, pure quello di Jünger che aveva già compiuto le sue personali peripezie con gli stupefacenti. Ne aveva provati diversi ma sempre col medesimo e identico scopo. 

In entrambi i casi, per il chimico e lo scrittore, l’esperimento con l’acido lisergico ebbe infatti motivazioni ‘più alte’ rispetto alla moda successiva che confuse Beat generation, musica rock, contestazione giovanile, cultura dello sballo e disagio sociale. Anche quando, ancor prima di conoscere Hofmann, l’anarca Jünger aveva sperimentato talune droghe, lo aveva fatto col dichiarato scopo di compiere degli ‘attraversamenti’. Di penetrare la realtà fino in fondo e non di fuggire da essa.

L’Lsd fu però qualcosa di diverso. Quando Hofmann, per un caso fortuito, scoprì questo acido cadutogli su una mano, disse di aver provato «un incredibile senso di irrequietezze associato a uno strano stordimento. (…). In casa mi distesi con uno strano e spiacevole senso di intossicazione caratterizzata da un’ immaginazione stimolata all’estremo. (…).Come sospeso in un sogno, con gli occhi chiusi perché trovavo la luce del sole troppo abbagliante, ho sperimentato un flusso ininterrotto di immagini fantastiche, forme meravigliose con giochi caleidoscopici di colori straordinariamente intensi». Dunque, non più un abbandono ma un viaggio.

E di queste sensazioni ne riparlò in molte interviste e soprattutto nel volume LSD, il mio bambino difficile (1979). Da questo punto di vista resta però insuperabile la produzione jüngeriana. Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza del 1969, rivela percorsi ermetici e soprattutto inesprimibili dal linguaggio comune, e lo fa penetrando – grazie ad potenza descrittiva senza eguali – gli interstizi della coscienza e della mente. Perché, per entrambi, il Grande Passaggio non è una evasione, una rappresentazione fulminea di una fuga, ma il completo attraversamento del limite estremo personale. L’addentrarsi nella sulfurea fascinosità della droga significa penetrare meandri oscuri eppur concreti dell’esistenza. 

Di questo e di molto altro si può leggere in un carteggio epistolare tra i due che si estende dal 1947 fino alla morte di Jünger e pubblicato da Giometti & Antonello editore (LSD. Carteggio 1947-1997, p. 185). L’ottima prefazione curata da Donato Novellini penetra con intelligenza ed efficacia ogni articolazione di quel prolungato esperimento, le ricadute estetiche e le appendici filosofiche, così come i tracciati mitici e le illusioni. Un volume che, come tutti quelli che riportano rapporti epistolari, è denso di aneddoti e curiosità, che rendono ancora più completa una vicenda straordinaria, non foss’altro per le pagine che sarebbero state dedicate, in seguito, ad essa, da Ernst Jünger in opere insuperabili per bellezza stilistica e fascinosità misterica.

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Luigi Iannone

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