Il fatto. A Roma tornano i lupi, alle radici di un simbolo eterno

 

Nella riserva naturale di Castel Guido, a Fiumicino, sono ritornati i lupi. La Lipu conferma l’avvistamento di due cuccioli dopo quasi un secolo dall’ultima segnalazione nei dintorni di Roma.

 

Romolo, la lupa e la fondazione di Roma

 

E’ stato inevitabile collegare l’evento alla mitica fondazione di Roma, avvenuta nel 753 a.C. Fu proprio una lupa ad allattare Romolo e Remo dopo averli salvati dalle acque del Tevere. Da allora l’animale è diventato a tutti gli effetti il totem della città – stato e poi del vasto dominio romano. Era un simbolo di fecondità e di forza, due caratteri imprescindibili della civiltà di Roma. Le legioni soggiogavano i loro nemici, ma permettevano ai popoli sottomessi di uscire dalla preistoria e di entrare nel novero delle grandi nazioni del passato.

 

E’ indispensabile ricostruire la simbologia del lupo, di chiara origine indoeuropea, per comprendere la natura della lupa romana, il cui fascino è perdurato nei secoli.

 

Il lupo indoeuropeo

 

Gli indoeuropei elaborarono una complessa simbologia del lupo. Nelle storie norrene l’animale assume connotati ambivalenti. Fenrir, il lupo divino, è una bestia malvagia e gelosa degli dei. Quando giungerà il Ragnarok, la fine del mondo, sarà liberato per inghiottire il Cielo e la Terra, sabotando così la creazione. A questa distruzione seguirà un nuovo inizio, perché Fenrir pone fine ad un ciclo cosmico per dare inizio ad un altro. Per gli indoeuropei, e quindi per i norreni, Il lupo ha una natura virile (distruttrice) e una femminile (generativa), come si può evincere nel mito di Romolo e Remo. La loro cesta, nella quale sono stati riposti dalla madre, Rea Silvia, si arena nei pressi di un fico, sulle rive del Tevere (probabilmente nei pressi del Campidoglio). E’ una lupa che salva e allatta i due pargoli, prima che il pastore Faustolo e Acca Larenzia, sua moglie, li portino con sé. Insieme alla Lupa viene in soccorso dei due gemelli anche un picchio, attirato dai loro vagiti. Mentre nel mito nordico il lupo incarna i due principi vitali (maschile e femminile), per i romani è il picchio che rappresenta la natura virile e fecondatrice. Entrambi gli animali erano sacri al dio Marte, padre divino di Romolo e Remo. Il lupo è sempre stato considerato un messaggero degli dei: gli Indiani d’America, così come le popolazioni siberiani, per esempio, vi ravvisarono un elemento soprannaturale, forse stupiti dall’agilità e dalla forza del carnivoro. E’ annoverato anche tra gli animali guida di tribù e di nazioni: i Sanniti Irpini aveva come totem il lupo. Nella tradizione cristiana invece venne identificato con il vizio e il peccato, perdendo qualsiasi connotato positivo. La sua forza era indice di malvagità innata. Dante Alighieri viene insidiato all’inizio del suo viaggio infernale da alcuni lupi feroci: debole e privo della Grazia era in balia della passioni più basse.

 

Una caccia senza limiti ha purtroppo decimato il lupo appenninico e tutte le razze autoctone italiane, diminuendo drasticamente la loro popolazione. E’ un animale che fa parte del nostro patrimonio storico, artistico e spirituale. Oggi invece ci stupiamo nel ritrovare alcuni esemplati di lupo alle porte di una città che lo ha per simbolo. Non basta infatti difendere la fauna, perché è necessario recuperare il patrimonio simbolico del bestiario occidentale. Solo così capiremo che la presenza di un lupo alle porte di Roma non è casuale.

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Alfredo Incollingo

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