LibriDiNatale (di L.Gallesi). “L’immaginario del potere nel cinema italiano, da Rossellini a The Young Pope” di Gianni Canova

Il giovane papa
Il giovane papa

Quello che vorrei consigliare agli amici di Barbadillo non è un libro “d’area”, ma è una intelligente e provocatoria lettura di quella che, come sappiamo bene, è “l’arma più forte”: il cinema. Parlo del libro di Gianni Canova appena uscito per i tipi della Bietti, Divi Duci Guitti Papi Caimani. L’immaginario del potere nel cinema italiano, da Rossellini a The Young Pope (pp144 € 15). L’Autore, giornalista, accademico e saggista, è anche il critico ufficiale di Sky Cinema, e ha l’esperienza e la sensibilità necessarie per affrontare con sicurezza il tema, non so se spinoso o demoralizzante, della rappresentazione del potere in Italia. Il punto di partendo è la convinzione che alcuni nodi irrisolti della politica italiana, a cominciare dal rapporto distorto tra Stato e cittadino, nascano anche dall’influenza, sull’immaginario collettivo nazionale, della rappresentazione del potere, così come dal dopoguerra ad oggi lo si è voluto descrivere. Parliamo di una “casta”, che può essere composta da magistrati o politici o giornalisti, sicuramente lontana dagli interessi pubblici, ma anche di un popolo meschino e complice, facile all’indignazione ma lento a prendersi le responsabilità di una scelta e restio ad affrontare le conseguenze di una vera rivoluzione.

Il libro di Canova

Il primo capitolo è dedicato a The Young Pope, di Sorrentino, che, per l’autore, è uno dei pochissimi tentativi riusciti di descrizione del potere italiano, dato che “il potere –scrive Canova- può essere raccontato solo in presenza di un epos, di un racconto condiviso, cioè di qualcosa che il cinema e la cultura italiana sono lungi dal possedere”. Non è un caso, aggiunge, che, in assenza di una storia comune condivisa, e di un pantheon di eroi o antieroi conosciuti e accettati non si possa efficacemente imbastire nessuna descrizione del potere, come dimostra, al contrario, il successo straordinario della cinematografia statunitense,  che racconta –o critica- magistralmente il potere partendo da un epos nazionale. La nostra leggenda originaria, oltretutto, si fonda sul fratricidio invece che sul parricidio, e sembra che, da Romolo e Remo, gravi sul nostro destino questa condanna alla divisione, passando da romani e cristiani a guelfi e ghibellini fino ai fascisti e non. L’unica rappresentazione del potere che ha saputo in Italia resistere nel contesto geopolitico italiano è stata messa a punto dalla Chiesa cattolica, come dimostra l’intuizione geniale di Sorrentino, al cui giovane papa Pio XIII il libro dedica pagine memorabili.

Dopo The Young Pope, altre pellicole e registi descrivono lo stato del potere in Italia, dai film di denuncia di Rosi e Pasolini, passando alle maschere del potere di Risi e Moretti fino ai personaggi caricaturali incarnati dai personaggi cinematografici di Grillo, da Cetto Laqualunque e da Ugo Fantozzi.

In fondo, purtroppo, sembra avere ragione Paolo Villaggio, che, con la sua maschera tragica nella quale si sono riconosciuti gli italiani del post-boom economico, giudica severamente  la docilità del popolo fantozziano, anarcoide e refrattario alle leggi, che non conosce né critiche né contestazioni, pronto a obbedire a qualsiasi potere (anche al più stupido e improbabile), purché consenta loro di continuare –come accade sempre- a farsi i fatti propri.

Forse, tutto il mondo che, partito “dalle rovine” dei bombardamenti, è stato poi letteralmente “rovinato” dalla propria scelleratezza, dovrebbe partire da queste considerazioni per farsi un approfondito esame di coscienza, unica via rimasta per non morire tutti ragionieri (oppure lup. mann. gran. figl putt.)

@barbadilloit

Luca Gallesi

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