Cultura. “Tramonti”: realtà contemporanea e nuovo inizio secondo Marcello Veneziani

Il tramonto più bello del Mediterraneo a Santorini, nelle Cicladi
Il tramonto più bello del Mediterraneo a Santorini, nelle Cicladi

Marcello Veneziani, nell’ampia produzione saggistica, si è confrontato, in più di una circostanza, con lo stato presente delle cose. Lo ha fatto presentando una convincente e motivata descrittiva delle realtà, per trarre da essa una proposta mirata al superamento delle negatività individuate.     Molti suoi libri sono orientati in senso filosofico-politico: non si limitano alla semplice raccolta di dati oggettivi attorno ad un determinato tema, ma presentano interpretazioni degli stessi. Ciò pone la produzione dell’autore oltre le rilevazioni meramente sociologiche o politologiche. Anche il suo ultimo volume, Tramonti. Un mondo finisce e un altro non inizia, recentemente comparso nelle librerie per i tipi della Giubilei Regnani (per ordini: direttore@historicaweb.com, euro 18,00), ha tali caratteristiche.

La copertina di “Tramonti” per Giubilei e Regnani

Libro ad un tempo importante ed inevitabile. Importante in quanto, data la ferialità del presente, la possibile fuoriuscita dallo stato attuale delle cose che traspare nelle sue pagine, non potrà che stimolare ad agire postivamente nella realtà contemporanea, al fine di determinarne una rettifica. Inevitabile, in quanto la realtà spirituale ed esistenziale dei nostri giorni, non poteva essere sottaciuta, dato il grado di tragica invivibilità che essa presenta. L’attuale passaggio storico, epoca di transizione, è perfettamente espressa dal sottotitolo: un mondo finisce e un altro non inizia. Per Veneziani, infatti, in questa età dell’insecuritas generalizzata, è possibile nutrirsi di una sola certezza: la nostra è l’epoca dell’implosione del progetto della modernità. La liquidità del nostro tempo, viene attraversata dall’autore in cinque saggi dedicati ad analizzare ciò che ha fatto seguito al comunismo, all’occidente, alla stessa cristianità, alla destra e alla democrazia. L’aggettivo che meglio di altri è in grado di indicare il tratto che connota di sé il presente, è odiernitàDopo la modernità, proiettata sul progresso, siamo entrati nell’ odiernità[…]ciò che è irriducibile al presente scompare” (p. 7). Viviamo un tramonto interminabile, che sembra non preludere a nuove aurore. Veneziani ci ricorda, al contrario, la possibilità di un nuovo inizio.

    A proposito della fine del comunismo, l’autore rileva, in sintonia con Fejto, che nessuno ha rovesciato il comunismo “E’lui che ci è crollato in testa” (p 21). Non poteva essere diversamente. Il comunismo è stata la più radicale negazione della Realtà manifestatasi nella storia, sintesi senile del millenarismo occidentale. La Realtà, dopo una tragedia durata un settantennio, ha ripreso il sopravvento sull’utopismo. Nel mondo occidentale, in particolare in Italia, il PCI e la sua egemonia culturale, che poco di rilevante ha prodotto e ha lasciato dietro di sé, ha subito negli ultimi decenni una vera e propria trasmutazione alchemica: dal PCI al PC, il politicamente corretto. Anche il politicamente corretto ha la propria casta sacerdotale, che segna confini intellettualmente invalicabili, oltre i quali vi sono solo reprobi e imperdonabili. Spiega Veneziani che tali confini coincidono con quelli della società gaia e liberal. Del resto, a seguito del ‘68, il PCI si trasformò in Partito radicale di massa. Il suo profeta fu Umberto Eco, il cui illuminismo neo-borghese perfettamente si sposava con la società mediatica e dei consumi. Un esempio classico di radicalismo pop. La contestazione uccise il Padre, figura della Tradizione, ultimo impedimento alla mercificazione universale. Il capitalismo finanziario fu liberato dai “sessantottini” dagli ultimi vincoli: da allora viviamo nell’eterno presente del consumo etero-diretto.

   Anche la Chiesa, con la rinuncia di Benedetto XVI, si lascia alle spalle l’esercizio della potestà pastorale: la solitudine e l’aristocratica difficoltà comunicativa di Papa Ratzinger, sono il segno tangibile della sconfitta del progetto di rievangelizzazione dell’Europa, messo in campo assieme al suo predecessore, Giovanni Paolo II, ribattezzato significativamente dall’autore, Karol Magno. La Chiesa non svolge più la funzione catecontica che le è appartenuta. Veneziani discute le tesi di Agamben e Cacciari in tema, rilevando come il primo interpreti la scelta di Ratzinger, definito da Del Noce “il più grande intellettuale di destra della contemporaneità”, in funzione escatologica, come necessaria morte della Chiesa al mondo. Il secondo sottolinea che non è solo la situazione storica attuale ad indurre alla scelta escatologica quanto, più in generale, la condizione tragica dell’essere umano. Dopo tali constatazioni la Chiesa riparte dal basso, dal “populismo” di Papa Francesco. Dotato di vocazione mediatica e telegenica, parla il linguaggio del senso comune contemporaneo, colloquia con il mondo, vezzeggia gli ultimi, presentandosi quale carismatico garante del nuovo culto, la “religione dei diritti umani”. E intanto, mentre la fede e la Tradizione languono, trionfa la mitizzazione inestinguibile della Shoa. Interessante, in tale contesto, il medaglione da Veneziani dedicato a Giovanni XXIII, considerato impropriamente antecedente dell’estroverso Francesco. Di papa Roncalli, viene ricordato quanto altri sottacciono: la sua prossimità al fascismo.

   In Dopo l’Occidente, si ricorda come il primo conflitto mondiale abbia segnato non la fine, ma l’inizio dell’Occidente. Ciò che morì realmente sui campi di battaglia, in cui irrompeva la Tecnica, fu l’Europa. Da allora il mondo, non più europeo, divenne occidentale. E tale mondo, non solo sotto il  profilo geo-politico, si pensa oggi sotto il segno dello sconfinamento, del superamento, in ogni ambito, del limite e del confine. Di fronte a tale trasgressione, anche la politica è silente. La destra sembra sparita dal scena, soprattutto in Italia. Ciò è avvenuto in quanto le classi dirigenti dei decenni trascorsi hanno appiattito la loro proposta su quella altrui, senza più riuscire a dare sintesi progettuale alle diverse componenti intellettuali che l’hanno storicamente animata: conservatrice, tradizionalista, cattolica, nazionalista, liberale. Il “non-pensiero” trionfante ha fatto il resto. E’ necessario ripartire, è necessario un nuovo inizio che recuperi la passione dell’origine. Più che mai, ricorda Veneziani, data la crisi della democrazia rappresentativa, e i fermenti eminentemente pulsionali messi in campo dal populismo, è indispensabile riattivare la cultura della Tradizione. Solo essa potrà innescare l’inevitabile trasformazione della pulsione di protesta in una nuova visione comunitaria .

     In un momento storico nel quale la governance, il nuovo regime definito dal politologo Guy Hermet, inverno della democrazia, celebra il proprio trionfo, espropiando identità, appartenenza e sovranità politica ai popoli, le pagine di Veneziani dicono del possibile ritorno di una primavera politica, i cui tratti non è possibile, allo stato attuale, definire compiutamente.

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Giovanni Sessa

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