Il commento. L’Italia e le prossime politiche al tempo della crisi della democrazia

La crisi della democrazia
La crisi della democrazia

Finalmente si è conclusa la XVII legislatura. Senza alcun rimpianto. Provate a chiederlo agli esodati, ai risparmiatori truffati, ai terremotati che attendono ancora una casa dignitosa, agli italiani sempre più esasperati da una immigrazione massiccia e devastante per il tessuto sociale ed economico, ai lavoratori che non possono ancora andare in pensione a causa della famigerata legge Fornero. Di più.

E’ una legislatura che si è caratterizzata per vari primati negativi. Proviamo ad elencarne tre tra i più significativi. Più di un terzo degli oltre 900 parlamentari ha cambiato disinvoltamente casacca (alla faccia degli elettori). Per carità, tutto legittimo, finché non sarà modificato l’articolo 67 della Costituzione più bella del mondo che lo consente, introducendo il vincolo di mandato (ci vuole davvero poco, basta sostituire la preposizione “senza” con la preposizione “con”!). In secondo luogo, i parlamentari sono rimasti in carica, nonostante che la Corte costituzionale abbia dichiarato incostituzionale la legge elettorale con cui sono stati eletti. In terzo luogo, si sono succeduti tre governi con capi del governo che non sono passati da alcuna consultazione elettorale.

A questi primati (negativi) si aggiunga che nessun privilegio della casta è stato davvero eliminato o ridotto: né i vitalizi, né le scorte per gli ex presidenti, né l’intero articolo 59 della Costituzione più bella del mondo, che prevede che gli ex presidenti diventino senatori a vita, nonché la possibilità per il Presidente della Repubblica di eleggere cinque senatori a vita (prerogativa tipica della monarchia). Come poi meravigliarsi se l’astensionismo dilaga, se la fiducia nella politica tocca indici bassissimi, se cresce il divario tra popolo e rappresentati, se forze senza una fisonomia ben definita, come il movimento 5 stelle, sottraggono consensi ai partiti tradizionali fino a diventare la prima forza politica del paese!

Si impone a questo punto una riflessione sul concetto di democrazia. Ci sovvengono alcune pagine dell’ultimo libro appena pubblicato da Roberto Calasso, saggista e direttore della casa editrice Adelphi, intitolato L’innominabile attuale. Calasso non ritiene, come Massimo Fini e la scuola sociologica italiana (Pareto, Michels, Mosca), che la democrazia sia una truffa, un’oligarchia mascherata. Anzi, dichiara che “nessun’altra forma politica potrebbe rendere tollerabile la vita di un così alto numero di persone.” (p. 39). Certamente, “rispetto a tutti gli altri regimi, la democrazia non è un pensiero specifico, ma un insieme di procedure, che si pretendono capaci di accogliere in sé qualsiasi pensiero” (p. 25). Tuttavia, si rende conto che si tratta di un “modello ammirevole e fragile, che può operare solo a precise condizioni. Primo nemico della democrazia è la demografia, che la rende impraticabile appena si varcano certe soglie.” (p. 39). Dunque, attenzione a non regalare la cittadinanza! Inoltre, “La piaga aperta della democrazia è la possibilità che, per vie legali, giunga al potere chi si propone di abolire la democrazia stessa, come accadde con Hitler nel gennaio 1933. (…) Nel caso si pretenda di guarire la piaga con una terapia traumatica, generalmente con un colpo di stato, si apre una via che finisce per rivelarsi la premessa di futuri disastri. In Algeria, nel 1991, il partito islamico aveva vinto nettamente le elezioni. Secondo la regola democratica gli islamisti avrebbero dovuto assumere il potere (…), per trasformare lo Stato da secolare in religioso. Seguì un colpo di Stato dei militari, appoggiato dalle potenze occidentali. La conseguenza fu una guerra civile che provocò la morte di circa 150.000 persone.” (p.38). Possiamo aggiungere che non si può imporre la democrazia, come hanno tentato di fare gli Americani in Iraq con i due Bush e i Francesi in Libia, pena la vanificazione del concetto di democrazia. Le conseguenze di questa imposizione le conosciamo e scontiamo noi tutti europei, dal terrorismo dell’ISIS alla guerra civile strisciante in una vasta area del medio oriente e dell’Africa occidentale che provoca lutti, devastazioni e profughi dalla guerra. Infatti, “la meraviglia della democrazia sta nel suo essere vuota, senza contenuto. E’ una dottrina per la quale essenziale è la regola, prima ancora di ciò che la regola prescrive.” (p. 40). Calasso sostiene che “la democrazia formale è senz’altro la più perfetta versione della democrazia, ma anche la più inapplicabile” (p. 40) a causa delle “pressioni demografiche, etniche, psicologiche”, cui andrebbero senz’altro aggiunte quelle economiche. La conseguenza di una democrazia inapplicata o poco efficiente è che “allora risorge la chimera della democrazia diretta. Suo fondamento è l’odio per la mediazione, che facilmente diventa odio per il pensiero in sé, indissolubilmente legato alla mediazione.” (p. 40). Come non pensare al movimento 5 stelle che, sorto in polemica con la casta politica, propone un modello di democrazia diretta? Tale modello, che potrebbe funzionare solo per comunità non grandi, non è più utopico, è reso possibile dalla rete, benché “anche il vagheggiamento della democrazia diretta non discende ormai da una riflessione politica, ma dall’infatuazione informatica.” (p. 77). E’ questo il punto di forza ma anche di debolezza di questa forza politica. Infatti, non tutti possiedono o sanno utilizzare questo strumento, c’è solo una piccola minoranza che partecipa alle scelte. Gli eletti hanno la fedina penale pulita, ma non sempre hanno le competenze, come dimostra la fallimentare esperienza del sindaco di Roma. Inoltre, per sapere come la pensa il movimento in tante questioni ci si deve appellare alla rete, come è successo per il reato di immigrazione clandestina. Poche centinaia di voti in rete decidono la linea politica. Altra questione di non poco conto, per ora irrisolta, è come potranno i gli eletti del movimento 5 stelle conciliare il loro ruolo in istituzioni di democrazia rappresentativa portando avanti istanze di democrazia diretta. Per ora godiamoci la imminente campagna elettorale!

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Sandro Marano

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