Focus. Ricomincia la Formula Uno, trent’anni dopo la morte di Enzo Ferrari

Ferrari 375 F1, V12, 4.5-litri, 1950. La prima Ferrari a vincere in F1
Ferrari 375 F1, V12, 4.5-litri, 1950. La prima Ferrari a vincere in F1

Nel giugno del 1988 papa Giovanni Paolo II si recò in visita agli stabilimenti di Maranello per incontrarlo. Enzo Ferrari però già stava troppo male; così i due ebbero solo una conversazione telefonica. In anni precedenti il Vaticano aveva più volte attaccato pesantemente Ferrari, a causa di molteplici mortali incidenti sulle piste. Enzo Ferrari, malato da tempo, morì il 14 agosto 1988 all’età di novant’anni. La notizia della sua morte, seguendo le sue volontà, fu divulgata solo ad esequie avvenute. Il funerale si svolse in forma strettamente privata, senza corteo ed alla presenza dei soli amici e parenti intimi. Ferrari è stato tumulato nel cimitero di San Cataldo, a Modena, accanto alla tomba del figlio Dino. Poco meno di un mese dopo, al Gran Premio d’Italia di F1 a Monza, Gerhard Berger e Michele Alboreto si piazzarono al primo ed al secondo posto con le due Ferrari, in un’annata dominata dalle McLaren. La vittoria fu dedicata alla memoria del Drake, il leggendario pirata che sembrava inaffondabile.

Vicino ai luoghi dove egli visse intensamente ed operò – nell’arco di una esistenza lunga ed eccezionale – nella sua  Maranello, giovedì 22 febbraio 2018, con il pilota spagnolo Marc Gené quale maestro di cerimonia, è stata presentata la ‘nuova’ Ferrari, che tenterà di riportare in Italia quel Mondiale che manca dal 2007 ed ha per nome SF-71H. L’ultimo a vincerlo fu il finlandese Kimi Raikkonen. La SF71H è la 64a monoposto concepita e realizzata dalla Ferrari per il mondiale di Formula 1. Il 2018 è il secondo anno all’insegna dei regolamenti che avevano introdotto importanti modifiche aerodinamiche e pneumatici più larghi, in funzione dell’incremento prestazionale. È l’evoluzione della monoposto che l’ha preceduta, con un passo più lungo che dovrebbe consentire migliori performance sui circuiti più veloci. Molto evidente l’introduzione dell’Halo, la protezione della testa del pilota, che è stato inserito nella nuova vettura (e pare disturbare non poco). Estremizzato il posizionamento dei radiatori; mentre la parte posteriore della vettura pare ancor più stretta e rastremata, alla ricerca del miglior flusso aerodinamico.

 La ‘nuova’ vettura italiana è nata per iniziativa e sotto il controllo di Mattia Binotto – un quarantottenne ingegnere svizzero, naturalizzato italiano, direttore tecnico della Scuderia Ferrari dal luglio 2016 e nella quale lavora dal 1995 (mentre Maurizio Arrivabene mantiene il superiore posto di Managing Director della Gestione Sportiva) – che non ha nascosto la sua emozione:

“La nuova auto rappresenta un’evoluzione dell’auto precedente, che era già un ottimo progetto. Abbiamo cercato di mantenere i punti di forza, quindi l’aggressività, il design, un’auto con un’ottima performance; e contemporaneamente bisognava lavorare anche su altri ambiti. Abbiamo cercato di sviluppare un’auto più performante nei circuiti ad alta velocità ed al contempo affidabile. Abbiamo un passo più lungo rispetto al 2018, dotti del radiatore molto più innovativi, complessivamente il team ha fatto un ottimo lavoro esteticamente; se si guarda l’auto nel suo complesso è veramente molto interessante”.

Al di là della comprensibile enfasi del momento, la nuova Ferrari, con una dose di colore rosso ancor maggiore, appare un mostriciattolo bizzarro, spigoloso, sovraccarico di grandi appendici ‘plasticose’- esagerata l’anteriore – sgraziato come un giocattolo non riuscito bene, dove eredità ed innovazioni non si sono fuse, ma accumulate, anno dopo anno, da almeno quattro decenni, seguendo regole tanto minuziose quanto ostrogote; lo studio maniacale dei flussi,  lontano dai modelli di uso quotidiano e pure da Gran Turismo costose ed esclusive. Un esercizio ingegneristico per addetti ai lavori, più che per appassionati di motori e competizioni, remotissimo per noi profani, e, checchè ne dica Binotto, da ogni pretesa di armonia estetica. Ma, comunque, si assomiglieranno maledettamente tutte le nuove F1, riconoscibili solo più dai colori e, si suppone, dalle prestazioni. Sperando di non continuare a sbadigliare con un Hamilton in testa!

In attesa di probabili cambiamenti a partire dal 2021, sul fronte dei motori non vi è nulla di sostanziale a livello di caratteristiche e «filosofia» (confermate le power unit ibride, con parte endotermica V6 turbo, abbinata a due motori elettrici che recuperano l’energia cinetica in frenata e quella generata dai gas di scarico della turbina del motore). Come noto, il 2014 ha segnato una svolta epocale nella storia della Formula 1, col passaggio dai motori V8 aspirati ai V6 turbo-ibridi. Sulla spinta dei grandi costruttori e della FIA, al fine di mantenere la F1 massima espressione della tecnologia automobilistica e di considerarla anche un laboratorio sperimentale, la maggior parte dell’attenzione è infatti stata rivolta all’introduzione di nuovi motori turbo da 1600 cc. Propulsori che hanno imposto una profonda rimodellazione di tutte le monoposto. La stagione 2014 e le seguenti sono state caratterizzate dal dominio della Mercedes, che ha interpretato al meglio la rivoluzione tecnologica in atto, tesa ad economizzare l’uso di carburanti minerali, anche a seguito del Protocollo di Kyoto (1997) in materia ambientale circa il surriscaldamento globale e l’impegno per la riduzione delle emissioni di elementi inquinanti.

La Formula 1 è nata nel 1948, diventando poi a carattere mondiale nella stagione 1950 con il primo Campionato. Oggi la Formula Uno è regolata dal Consiglio Mondiale degli Sport Motoristici (WMSC) della FIA. Il termine “formula”, presente nel nome, fa riferimento ad un insieme di regole alle quali tutti i partecipanti, le macchine e i piloti, devono adeguarsi; esse introducono una serie di restrizioni e specifiche nelle auto. La formula ha avuto molti cambiamenti durante la sua storia. L’inizio dell’era turbo-ibrida, come accennato, è la più recente e vigente.

 La stagione 2018 della Formula 1 sarà la 69ª edizione della sua storia, organizzata dalla   FIA, della quale, dal 2009, è Presidente Jean Todt, francese, già Direttore della Gestione Sportiva della Ferrari, predecessore, quindi di Domenicali, Mattiacci ed Arrivabene. Grazie, soprattutto, agli ingaggi di Michael Schumaker e degli ingegneri Ross Brawn e Rory Byrne, egli vinse per la Casa del Cavallino Rampante sei titoli mondiali a partire dal 1999.

Dieci scuderie, solo quattro fornitori di motori (Ferrari, Mercedes, Renault, Honda), uno solo di pneumatici, uguali per tutti (un’altra volta la Pirelli, ma con un’ampia gamma di mescole, ben 9), 20 piloti, più quelli di riserva,  21 Gran Premi, dei quali 10 in Europa, dal Gran Premio d’Australia del 25 marzo 2018 fino a quello di Abu Dhabi del prossimo 25 novembre.

La Ferrari ha confermato i piloti Sebastian Vettel (nato a Heppenheim, Germania, nel 1987) vincitore di quattro titoli mondiali di F1 con il team Red Bull nel 2010, 2011, 2012, 2013. Vice campione con la Ferrari nel 2017. Debuttò nel 2007 con la BMW Sauber e partecipò nel 2008 con la scuderia Toro Rosso, cogliendo la sua prima vittora al Gran Premio d’Italia del 2008. Egli è stato il più giovane pilota ad incoronarsi campione della massima categoria. In totale ha vinto 47 gare di F1, 99 podî, 50 Poles, 33 giri rapidi. E Kimi-Matias Räikkönen (nato ad Espoo, Finlandia, nel 1979), Campione del mondo nel 2007, 20 vittorie, 91 podî, 17 Poles, 45 giri rapidi.

Chi non ci sarà più camminando per i paddocks, è la caratteristica, minuta figura di Bernie Ecclestone, con la zazzera bianca, ottantasettenne ex pilota britannico ed ex patron della F1, che ha contribuito a trasformare in un’entità commerciale altamente redditizia. Per quasi 40 anni egli ha controllato la struttura del Campionato attraverso una serie di società, a partire dalla Formula One Management (FOM), di cui è stato direttore esecutivo fino al 2014. Il suo controllo sullo sport, alias “circo della F1”, ha avuto per fondamento principale la vendita dei diritti televisivi secondo quanto stabilito nel cosiddetto ‘Patto della Concordia”, consensuato la prima volta nel 1981, cioè il regolamento che impegna tutti i settori che intervengono nel campionato. Dopo che nel 2016 la compagnia statunitense Liberty Media ha acquistato, per 8 miliardi di dollari, i diritti sul campionato di F1 dalla finanziaria britannica CVC Capital Partners, Ecclestone ha abbandonato il controllo della F1 in favore del manager statunitense Chase Carey, nuovo proprietario commerciale del “circo della F1”; un baffuto sessantatreenne newyorchino di origine irlandese, ma secondo alcuni semplice luogotenente di Rupert Murdoch, l’anziano magnate australiano (nazionalizzato statunitense) proprietario di Fox TV e di media di gran diffusione in tutto il mondo. Ah, il perfido Bernie, che disse: “F1 needs female driver who is black and Jewish”!

La Ferrari è la sola scuderia che abbia preso parte a tutte le edizioni del campionato sin dal 1950. La stagione di debutto della Formula 1 vide ai nastri di partenza diciotto squadre, ma quasi subito a fronte dei costi elevati, parecchi preferirono abbandonare. Nonostante la carenza di cifre ufficiali fornite, il costo medio della partecipazione a una stagione completa in F1 era già stimato per ciascuna squadra, nella stagione 2006, tra i 66 milioni di dollari della Super Aguri ed i 400 milioni della McLaren. In questi ultimi 12 anni certamente esso non è dimunuito.

L’attuale volto delle vetture di Formula 1 dipende da una lunga evoluzione tecnica, dove i singoli particolari delle macchine sono stati via via affinati, rivoluzionando la conoscenza acquisite fino a quel momento e venendo poi copiate da tutte le altre. Ulteriori innovazioni sono state suggerite o determinate dalla numerosissime modifiche che sono state apportate al regolamento tecnico il quale, oltre a regolare le varie misure o parametri da rispettare, si è occupato in modo sempre più crescente del problema della sicurezza.

Le vetture sono monoposto a motore posteriore centrale, la scocca (estremamente leggera e resistente) è costruita in compositi di fibra di carbonio; la macchina con acqua, olio e pilota a bordo ha un peso minimo regolamentare di 640 kg., per ottenere il quale si fa ampio uso di zavorre, che, se ben collocate, permettono di ottimizzare il bilanciamento della vettura.  Le elevate prestazioni velocistiche delle auto di Formula 1 non dipendono esclusivamente dalla velocità di punta, bensì dalla velocità di percorrenza in curva, dalla frenata e dall’accelerazione. La più alta velocità massima ufficiale registrata durante un Gran Premio è stata quella di 372,5 km/h durante il G.P. del Messico 2016 da Valtteri Bottas, con la Williams FW38, motore Mercedes.

Molte novità sono state introdotte negli anni per tutelare il pilota e per incrementare il livello di protezione, sia a bordo della vettura che sul tracciato. Sono state ideate barriere, ai lati della pista, in grado di assorbire l’impatto, diminuendo drasticamente così la forza di decelerazione. Sono stati introdotti i collari Hans, che hanno contribuito a scongiurare danni al collo ed alla spina dorsale in seguito ad un forte impatto. Le monoposto di Formula 1 sono state dotate di un cockpit – “cellula di sopravvivenza” in fibra di carbonio e kevlar, composta da strutture deformabili e pannelli anti intrusione per evitare lo sfondamento in una collisione con un’altra vettura o barriere della pista. All’interno, la cellula è avvolta da pannelli assorbenti per attutire gli urti e garantisce la protezione delle gambe e del corpo dei piloti. Rimaneva poco protetta la testa ed è quindi stato introdotto l’Halo, che riduce la visibilità e Mercedes non voleva.

Perchè le ruote scoperte? Per spettacolarità e tradizione. Essendo la massima espressione automobilistica a livello mondiale, col maggior impiego di risorse, la F1 è un concentrato di tecnologie d’avanguardia, ma anche di contraddizioni. Infatti mantiene le ruote scoperte, un tempo per alleggerire il peso totale dell’auto, eppur le gomme generano un’enorme resistenza all’avanzamento. Producono anche fastidiosi vortici aerodinamici, che influenzano i flussi sul corpo vettura e sull’ala posteriore, ecco perchè le auto sono piene di antiestetiche appendici secondarie. La dimostrazione è data dalle vetture dell’ex Campionato Mondiale Sport Prototipi, (Le Mans) che avevano la stessa meccanica delle F1 dell’epoca, ma per via della carenatura beneficiavano di un’aerodinamica migliore, tant’è che raggiungevano velocità di punta nell’ordine dei 400 chilometri all’ora. La F1 esaspera, quindi,  i fattori aerodinamici (così, in parte, la IndyCar negli USA). Realizza auto molto veloci, ma, per ragioni di sicurezza, negli ultimi decenni i circuiti son diventati sempre più lenti, tortuosi, stretti, mortificando in certo modo le prestazioni stesse.

Nel 1950 il Campionato di F1 si articolò su sole sei gare (più la 500 Miglia di Indianapolis). Negli anni sessanta comprendeva mediamente dieci gare. Negli anni ottanta si è giunti ad una media di sedici gare. Sotto spinta di Ecclestone, per ampliare il numero dei Paesi ospitanti, si è giunti nel 2012 a un calendario con venti gare, per poi tornare a diciannove nella stagione successiva. Nel 2016 i gran premi disputati sono stati ventuno, record della categoria che verrà nuovamente raggiunto nel 2018.

Sotto la spinta delle esigenze di sicurezza, sono spariti o sono stati radicalmente trasformati i vecchi circuiti caratterizzati da lunghi rettilinei, come Hockenheim e Silverstone. Solo Monza, nonostante una serie di consistenti modifiche realizzate nel corso degli anni, mantiene le caratteristiche che l’hanno resa celebre, definita come “il tempio della velocità”. Molti dei nuovi circuiti della Formula Uno sono stati criticati per la riduzione delle emozioni provate dai classici tracciati come Spa e Imola.

Gli sconvolgimenti mondiali degli ultimi 20 anni hanno ampiamente trasformato anche la Formula 1: la prevalenza dei Gran Premi europei ha fatto posto ad un calendario più orientato verso gli altri continenti, ed in particolare verso l’Asia. La scuola francese è praticamente scomparsa, mentre sull’onda dei successi di Schumacher e Vettel, e dei motori BMW e Mercedes, sono divenuti numerosi i piloti tedeschi. La Formula 1 è attualmente, a livello mondiale, il terzo evento più seguito dopo i Mondiali di Calcio e le Olimpiadi per quanto riguarda l’audience televisiva.

Oltre che di quelli purtroppo mortali, la storia della Formula 1 è fatta anche di incidenti clamorosi, ma incruenti, di litigi, polemiche, spionaggi, di insinuazioni, vittimismi, protagonismi, ovviamente. Dopo ventuno anni di G.P. disputatisi senza incidenti fatali per i piloti (a partire cioè dalla morte di Senna ad Imola nel 1994), il 5 ottobre 2014, durante la gara del Gran Premio del Giappone a Suzuka, la Marussia di Jules Bianchi esce dal tracciato ed impatta violentemente contro una gru mobile, che i commissari stavano utilizzando per rimuovere la Sauber di Adrian Sutil. Bianchi viene trasportato d’urgenza al reparto di terapia intensiva dell’ospedale di Yokkaichi. Il 17 luglio 2015, dopo dieci mesi di degenza, si spegne all’ospedale di Nizza.

Il massimo vincitore di titoli mondiali è Michael Schumacher (7), seguito da Fangio (5), Prost, Vettel, Hamilton (4), Senna, Stewart, Piquet, Lauda, Brabham (3) e da Ascari, Alonso, Graham Hill, Emerson Fittipaldi, Clark, Häkkinen  con due. Vari altri seguono con un titolo.

Per quanto concerne i team, la Ferrari si è aggiudicata 16 titoli Costruttori e 15 Mondiali Piloti, la McLaren 8 titoli Costruttori e 12 Piloti, la Lotus 7 titoli Costruttori e 6 Piloti, la Red Bull 4 Costruttori ed altrettanti Piloti, la Brabham 2 Costruttori e 4 Piloti, la Renault 2 Costruttori e 2 Piloti ed altrettanti la Cooper.

Alberto Ascari e Nino Farina sono gli unici italiani ad aver vinto un titolo mondiale. Farina nel 1950, Ascari nel 1952 e 1953. Nel 1951 la vittoria arrise a Juan Manuel Fangio, argentino di origine italiana, su Alfa Romeo 159. Alboreto e Patrese sono i soli ad avere poi lottato seriamente per un titolo. Su 93 piloti italiani, che hanno partecipato ad almeno una gara in Formula 1, sono 14 quelli che sono riusciti a vincere:

Alberto Ascari – 13 vittorie e 2 titoli mondiali

Riccardo Patrese – 6 vittorie e una volta vice-Campione del mondo

Nino Farina -5 vittorie e 1 titolo mondiale

Michele Alboreto – 5 vittorie e una volta vice-Campione del mondo

          Giancarlo Fisichella – 3 vittorie

Elio De Angelis – 2 vittorie

Jarno Trulli – una vittoria

Alessandro Nannini – una vittoria

Vittorio Brambilla – una vittoria

Giancarlo Baghetti – una vittoria

Lorenzo Bandini – una vittoria

Ludovico Scarfiotti – una vittoria

Luigi Musso – una vittoria

Piero Taruffi – una vittoria

José Froilán González (1922 –2013) è stato il primo pilota di Ferrari a vincere una corsa in F1, il Gran Premio di Gran Bretagna nel 1951 su Ferrari 375 F1. I sostenitori argentini l’avevano soprannominato el Cabezon, per via della grossa testa, ed i tifosi europei lo chiamavano “il Toro della Pampa” per il suo stile di guida irruente. Oggi la sua struttura robusta, tondeggiante, non entrerebbe neppure nel posto-guida di un’auto della massima formula! Giancarlo Fisichella, aggiudicandosi il Gran Premio della Malesia, a Sepang, nel 2006 su Renault, è stato finora l’ultimo italiano a vincere in F1.

Giuseppe Farina, detto Nino (Torino, 1906 – Aiguebelle, 1966) ha vinto il titolo di campione del mondo di F1 nel 1950. Noto alle cronache mondane per alcuni comportamenti, dentro e fuori i circuiti, in quegli anni considerati “eccessivi”. Aveva il vezzo di correre con un sigaro cubano fra le labbra ed una smisurata passione per le donne. Suo padre Giovanni era il fondatore degli “Stabilimenti Farina”, una delle più importanti carrozzerie dell’epoca.  Morì all’età di 59 anni in un incidente stradale, uscendo di strada in una curva presa ad alta velocità con la sua Ford Cortina Lotus, mentre si stava recando a Reims per assistere al G. P. di Francia.

Farina esordì in Formula 1 nel primo Gran Premio della sua storia, il 3° British Grand Prix, sul circuito di Silverstone, riuscendo nell’impresa di partire in pole position, marcare il giro più veloce in gara ed aggiudicarsi la vittoria finale, al volante di una Alfa Romeo, l’Alfetta 158, progettata da Giocchino Colombo nel 1937. Il calendario mondiale prevedeva per il 1950 sette gare: Farina partecipa a sei gran premi, saltando la 500 Miglia di Indianapolis, praticamente allora riservata ai piloti statunitensi. Oltre alla vittoria nel gran premio inaugurale, il pilota italiano riesce ad imporsi anche nel G. P. di Svizzera ed in quello d’Italia. Farina risulta primo nella graduatoria mondiale con 30 punti, davanti ai compagni di squadra Fangio (27 pt) e Fagioli (24 pt).

La F1, rappresentando la punta di diamante delle competizioni automobilistiche mondiali, dette sempre modo ai progettisti di dare il meglio di sé. In particolare, l’aerodinamica assunse subito un ruolo importante (nonostante i limiti tecnologici dell’epoca). Si presentava il problema di trovare una forma per le auto che garantisse la miglior penetrazione nell’aria. I primi progettisti non dovettero sforzarsi più di tanto nell’individuare tale forma, dato che era già presente sia in natura, la goccia, sia nella storia delle auto da competizione e da record, come la leggendaria Auto Union del ’37, la Type C, con 560 CV, che raggiunse i 472 Km/h. nel’37,  condotta da Bernd Rosemeyer. Un’impresa straordinaria per l’epoca!

    Per quanto anzi accennato, la ‘tradizione corsaiola’ ed i gusti degli appassionati continuavano, però, a preferire le ruote scoperte. Le fusoliere vennero allora disegnate con la forma più affusolata possibile, piazzando apposite bombature alle spalle del pilota o nelle fiancate  in modo da rendere il più possibile laminare il movimento dell’aria attorno al corpo vettura e, quindi, limitare le turbolenze, come nel caso della Lancia D50.

    All’inizio della F1 dominano i piloti italiani. Varzi muore nel 1948, Trossi l’anno seguente, Nuvolari è ormai anziano e malato. Ma ci sono i Farina, Fagioli, Biondetti, Villoresi, Ascari, Castellotti, Taruffi, Musso. Chi spezza la supremazia degli italiani, di piloti e Case (Alfa Romeo, Ferrari, Maserati, Lancia fino al 1955), sono ancora una volta i tedeschi, con la Mercedes che riemerge quasi miracolosamente dalle macerie del dopoguerra e che rientra in F1 nel 1954,  ingaggiando il campione del mondo Juan Manuel Fangio, che a inizio stagione ha corso con la Maserati, al quale vengono affiancati due piloti germanici: Karl Kling e Hans Herrmann. Debutta solo il 4 luglio al Gran Premio di Francia 1954 nella versione carenata, creata per funzionare meglio ad alte velocità. Fangio e Karl Kling fecero segnare la 1a e 2a posizione finale, mentre il giovane Hans Herrmann conquistò il giro più veloce. La stessa versione dell’auto venne impiegata a fine stagione a Monza (ove vinse), e dalla quale prese il soprannome.

Passano i decenni e negli anni 2000 l’aerodinamica diventa il settore dove si crea il miglior guadagno in termini di performance, ma ottenere questi progressi è difficile nella F1 moderna, profondamente diversa dalla F1 di 30 anni prima, dove spesso la potenza e l’affidabilità di motori quali il Ford-Cosworth ed il Ferrari V12 sopperivano alle insufficienze aerodinamiche delle vetture che li montavano.Oggi spesso si può guadagnare, su una pista media, anche mezzo secondo al giro solo portando ad una corsa l’evoluzione di un’ala provata per qualche giorno in galleria del vento. Per questo diventa fondamentale lo studio maniacale dei dettagli di una monoposto, dalle paratie degli alettoni anteriori a quelle posteriori, dai deviatori di flusso, alle sospensioni col profilo alare, dalla zona “coca-cola” sempre più rastremata, alle alette davanti alle ruote posteriori, alla forma dell’airscoop, al disegno delle protezioni ai lati del casco dei piloti, agli estrattori, al divergente posizionato sotto il muso, fra le ruote anteriori, alle prese d’aria, alla sezione del muso sempre più piccola, sfruttando soluzioni e stratagemmi al limite del regolamento. Nella F1 moderna il carico deportante è da attribuire in media per 2/3 alle ali (in particolare quella posteriore) e solo per 1/3 al fondo ed all’estrattore posteriore.

Ha, intanto, fatto scalpore una intervista a The Guardian da parte del vecchio Bernie, Presidente emerito della F1: “«Ferrari fuori dalla Formula1? Ipotesi concreta». La minaccia del Presidente della Ferrari, Sergio Marchionne, sarebbe da prendersi molto sul serio per il disaccordo della Ferrari con Liberty Media, la società proprietaria del ‘Circus’.

Aggiunge Ecclestone, multimilionario certo con difetti e  con un notevole “pelo sullo stomaco” negli affari, ma anche dotato di autorevolezza e capacità di mediazione, nell’intervista:

“Il nodo della questione è abbastanza semplice. La Formula 1 è la Ferrari e la Ferrari è la Formula Uno. Sarebbe assai brutto vedere una griglia senza di loro e personalmente odierei la cosa. Se la serie avesse gli stessi elementi di quella di adesso e fosse meno costosa per i promotori, direi di si. Ferrari avrebbe un gran seguito e molti si unirebbero in questo progetto. Il fattore economico è fondamentale in uno scenario di questo tipo: alcuni organizzatori, ad esempio, sono arrabbiati per la quantità di denaro che pagano per avere un posto nel Mondiale”.

Comunque, per ora, buon divertimento, a partire dal Gran Premio d’Australia a Melbourne.

@barbadilloit

Gianni Marocco

Gianni Marocco su Barbadillo.it

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