Libri. L’avvincente storia del canale di Suez raccontata da Marco Valle

La copertina di Suez di Marco Valle

Il Canale di Suez ha una storia intricata e gli eventi che hanno seguito l’opera, completata nel 1871, sino ad oggi, affiorano dalle sabbie della Penisola del Sinai. Smuovono le acque di Port Said. Echeggiano nel vento del Mediterraneo. L’anno prossimo, sarà un anno importante: nel 2019 il Canale di Suez compirà 150 anni. Sono tanti, troppi, per non scrivere qualcosa.

A colmare la lacuna ci ha pensato Marco Valle, un amico autentico e sincero, giornalista e storico. Quel lembo d’Egitto sul Mar Rosso che permette la navigazione dall’Europa all’Asia, è la figura centrale del suo ultimo lavoro, Suez. Il Canale, l’Egitto e l’Italia, Da Venezia a Cavour, da Mussolini a Mattei, edito da Historica Edizioni. In questo saggio, la riscrittura opaca della Storia, scompare definitivamente. 

Affiora invece, l’era della diffusione internazionale dell’economia, dell’espansione commerciale che mutò le capacità complessive degli «spazi» e il fenomeno storico dell’estensione geografica, risalenti in realtà al XVI secolo, raccontati per quello che erano. Il via alla globalizzazione occidentale che dall’Ottocento in poi, caratterizzerà perniciosamente gli scambi commerciali, il progresso delle comunicazioni e lo sviluppo dei trasporti che assumeranno, sciaguratamente, la forma di una dimensione planetaria dove «il taglio dell’Istmo rappresentò il grande laboratorio transnazionale in cui “l’utopia del progresso” diventava realtà». 

Nel modo in cui i romanzi di Jules Verne, saranno la cartina di tornasole della scienza inondata dalla fantascienza e dalla tecnica, mentre il pessimismo di Jules si trasformerà presto nel positivismo in un futuro cui era facile, pendere dalle labbra: quel resoconto dell’immancabile “età dell’oro” prossima a venire, spostando l’asticella del traguardo di anno in anno. Nulla di nuovo e niente di più. 

Il saggio storico di Marco è essenziale per capire le dinamiche che prenderanno piede dal 1851 al 1867 in poi, al tempo delle grandi Esposizioni universali di Londra e Parigi. E in particolare, come ha scritto Alain de Benoist nell’analisi Breve storia dell’idea di progresso (www.destra.it, 17 gennaio 2018), vuole mettere in evidenza l’affermarsi di un concetto che «ispirerà la tecnocrazia e la concezione amministrativa e gestionale della politica che si ritroverà in un Saint-Simon o un Auguste Comte», assumendo le sembianze della dittatura della società sull’uomo; dell’utile inteso come «l’utilizzabile con profitto» e dei principi astratti che ammantano la nostra civiltà. 

La nascita del Canale di Suez è la prosecuzione della seconda rivoluzione industriale: l’inizio dello sviluppo del gigantismo navale, delle macchine e del “destino” della tecnica che ampliò la fruizione delle merci, sostituendo le vecchie ideologie. Il Canale di Suez, simboleggia tuttora, l’ideale totemico del Grande gioco che contemplava pure il riversarsi delle acque sulla terra, diventando l’esigenza insostituibile delle potenze di allora. 

Questa è la Storia di un’autostrada marina che attraverserà gli antichi Imperi e la loro decadenza, le brame imperialiste e i conflitti che da metà Ottocento ad oggi, sono la costante degli interessi dei grandi Stati-nazione nella Regione. Una visione delle cose che seguiva il processo della Kulturnation, segnando la fine del romanticismo iniziale, soppiantata dell’espansionismo in campo estero e dell’uguaglianza culturale degli individui. I giorni lontani dei possedimenti coloniali francesi, tedeschi, belgi, olandesi e britannici, dall’Africa al Pacifico, dal Medio Oriente all’Asia, ebbero Sì un felice inizio ma, perirono fragorosamente.

La lungimiranza di Marco, quella dello storico che descrive gli accadimenti senza essere condizionato da un dogmatismo ideologico, traccia i trascorsi e l’operosità italiana cancellati dalla ‘grandeur’ parigina e dall’occhio invadente di Londra. Nel saggio, pone l’attenzione sulla guida di Cavour che assieme al Ministro dei Lavori Pubblici, Pietro Paleocapa, al Conte Luigi Torelli ed al vero “padre” del Canale Luigi Negrelli, riuscirono ad indicare una via diversa da quella di Ferdinand de Lesseps che si prese tutti i meriti. Un approccio diplomatico, aperto ad un dialogo intelligente e sull’importanza delle relazioni estere, «della vocazione marittima» italiana, molto diversa dalla presenza francese in Africa cui oggi, dobbiamo fare i conti per i disastri recenti. 

Malgrado il declino prossimo a venire del colonialismo delle grandi nazioni d’Occidente che tutto erano, tranne che degli Imperi. Questo scritto ha la peculiarità di voler essere, anche un’esortazione al recupero dell’impegno italiano nei territori spogliati da altri. Percorrendo l’eredità di Mattei e Olivetti, privi di nostalgismo. Pensando seriamente, all’apparato predatorio che soprattutto in Africa, dopo la messa in liquidazione dell’Eni e dell’IRI, banchetta spartendosi le risorse naturali e costruendo come nel caso cinese, delle vere e proprie cattedrali nel deserto (vuote).

Ma qualcosa si muove e la penetrazione americana, russa, inglese e francese nel Continente, dovrà vedersela con un rinnovato modello sociale di impresa, che tiene conto delle popolazioni e dell’infatuazione liberale. Una possibilità che non possiamo farci scappare, alla luce degli stravolgimenti internazionali che ci riguardano direttamente. L’Italia può riprendersi il ruolo, perso nei fondali di Suez.

*Suez. Il canale, l’Egitto e l’Italia. Da Venezia a Cavour, da Mussolini a Mattei, di Marco Valle,  Historica Edizioni, 21/04/2018, pp. 332, euro 22

@barbadilloit

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