Mostre. L’epica di Karl Evver: “il Milite Ignoto illustrato al popolo”

La retorica crea miti e delinea il ruolo degli eroi, crea epica, questo è fuori di dubbio, basti pensare al cinema e alla letteratura americana che, dai primi anni del novecento, ha corroborato stereotipi dei cowboy standardizzati, di gran lunga lontani dalla realtà concreta e storica. Si parlava di mito della frontiera. In tempi di postmodernismo si sancisce spesso una sorta di “abolizione” della retorica, la dicotomia conflittuale tra avanguardia e tradizione nel campo artistico ha ceduto il passo ad un indistinto omogeneizzato artistico secondo cui l’avanguardia si serve della “esasperazione pura e semplice” (Lipovetsky, 2015).

Dosi di retorica spesso inenarrabile insabbiano quasi per inerzia eventi storici che, consegnati alla realtà oggettiva, si rivelano causa di massacro. Tra questi sembra utile citare per dovere di cronaca la Prima Guerra mondiale, di cui si è celebrato il centenario proprio nel mese di novembre. Un tentativo utile e creativo per spazzare via la quantità di retorica legata al conflitto si è concretizzato nella mostra di Karl Evver, Il Milite Ignoto illustrato al popolo Un mito portato in pittura, appena conclusasi il 18 novembre a Guardamiglio (Lodi). Più che il concetto di “mito” e di “popolo”, è lo spirito di queste due espressioni che si estrinseca in 14 stazioni, quasi pale d’altare, che rappresentano il cammino umano ed esistenziale di un Milite Ignoto, anonimo ma al tempo stesso concreto e vitale.

Scevri da qualsivoglia celebrazione patriottarda e nostalgica, con uno stile figurativo penetrante ed essenziale, le stazioni trascinano il fruitore nel processo esistenziale del milite, innanzitutto essere umano, con una quotidianità, un carattere ben definito, un progetto di vita, spezzato dalla deflagrazione della guerra, che si è infilata negli interstizi della quotidianità del personaggio, trascinandolo al centro della storia, suo malgrado, lui che del popolo era e al popolo vuole tornare. Il riassunto delle fasi dell’esistenza del milite ignoto è contrassegnato da aforismi zen che diventano le coordinate per sintonizzarsi con il respiro di un’anima altalenante, cartelli che riassumono l’emotività di pale d’altare, parafrasi neanche troppo laicizzata del calvario di un ultimo. Il milite ignoto, il milite ultimo, il dimenticato, il sommerso, dalla storia, dai vincitori, dalla massa, dagli squilibri lotta di classe, dal ricordo, dal tempo, dai simulacri, dal mito stesso. L’ignoto diventa divisa il cui cuore viene esploso dall’ingranaggio della storia. Il milite si ritrova così a rivivere nel ricordo, sapientemente rievocato dalla mostra di Karl Evver.

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Stefano Sacchetti

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