Focus. La difesa dello Stato dal mondialismo e le nuove forme della politica

Welfare
Welfare

Guardando ora, guardando avanti. Gli scritti di riflessione diventano sempre più difficili. Un caro amico, di quelli dalla visione ampia e profonda, recentemente mi ha confessato di comprendere sempre meno quel che ci accade attorno. Le accelerazioni diventano tanto veloci da essere ormai imprevedibili per qualsivoglia strategia o tattica. Resta l’istinto. E l’umiltà di seguirlo.

Nonostante questo, mi pare sano cercare di mettere un punto di tanto in tanto, visto che da queste pagine, in modo instancabile, si tenta di dare spazio e senso ad una comunità umana e politica nei fatti sempre più allucinata dai grandi cambiamenti che la circondano.

Il tentativo nasce dalla doverosa critica ad un certo senso di specializzazione che va ormai prendendo piede; complici le date degli anniversari, ricche nel biennio 18/19, la nostra area pare smolecolarizzarsi in rivoli di specialisti. Gli esoteristi, i nazionalisti, i tradizionalisti, i neogiacobini, i neoidealisti, i corporativisti, ecc. È ricchissimo il panorama di impegno, studio, pubblicazioni, circoli, movimenti, aggregazioni, ecc. che negli ultimi anni sono fiorite specializzandosi in un qualche filone storico-culturale proprio del variegato riferimento fascista.

Seppure lodevole tutto ciò impone di far chiarezza: la disarticolazione e la specializzazione sono elementi tipici del mercato globale. La globalizzazione, anche culturale, impone il pensiero dello specialista, in termini di differenziazione, competitività e visibilità. Non della sintesi. Ne’ di un’aspirazione universale.

Sintomatico il richiamo costante, in molti specializzandi di oggi,  a pezzi di storia e ideologia precedenti o contemporanei la nazionalizzazione delle masse. Il punto è questo: si pensa che i conflitti odierni nati fra Elite e Popolo e figli delle politiche globaliste, siano il sintomo di un ritorno ad un passato leggibile, dentro al quale una massa sociale informe si dimostri predisposta ad una nuova nazionalizzazione.

L’errore è marchiano e determina questa limitata capacità politica. Non è soltanto un problema di improvvisazione di fronte alla realtà. È in prima istanza un problema di analisi: il mondialismo, infatti, non ha creato faglie di rottura all’interno del processo di integrazione sociale. Che anzi procede spedito attraverso infiniti canali di condivisione dei valori e del comportamento. Piuttosto ha evidenziato la grande battaglia in corso fra Politica o Stato, intesi come neutra Cosa Pubblica garante di giustizia, e gli interessi del capitalismo.

Non è un caso che da più parti del nostro ambiente, negli ultimi anni si sia deriso questo teatrale “rossobrunismo” ormai dilagante, ossessivo, e grottescamente addomesticato dal mainstream televisivo, preferendo insistere con intellettuale arroganza su schemi drammaticamente passati; non si è capito il punto, così come non si capirà, a meno di un reale mutamento, il potenziale politico che ora esplode nei 5 Stelle, ora nei Gillet Gialli, domani altrove, in Italia come in Europa e nel mondo.

Ma questo mutamento è possibile? Posto che nel suo lungo percorso dal postfascismo ad oggi qualche analisi e previsione fu giustamente fatta da nomi ben più importanti del nostro (dal msi, passando per la destra radicale fino alla nuova destra), e dato il fatto che è la categoria stessa del populismo a pretendere una risposta politica concreta e fattiva, esso, quel mutamento a cui siamo chiamati, lo abbiamo in casa e nel nostro dna.

È un mutamento che inevitabilmente passa da una via unitaria, di sintesi e gerarchia, di un progetto politico comune, capace di riorganizzare la Cosa Pubblica e su scala regionale/continentale e nei grandi temi di alternativa economica a produzione, consumo e debito. È un mutamento che deve riportare un Partito a creare gruppi intermedi, sindacati, quadri e professionalità per dare forma politica ad un sentimento populista tanto vivo quanto malleabile e ricattabile finché imprigionato nell’eterna diatriba, fintamente superata, fra destra e sinistra.

Sembreranno parole inutili. Ma la realtà non è mai tale. Così come la passione radicale di chi scrive da questi lidi educati si, ma mai banali e per sempre liberi. Per Barbadillo.

@barbadilloit

Giacomo Petrella

Giacomo Petrella su Barbadillo.it

Exit mobile version