Questionario proustiano sulla scuola #26. Ongaro: “Meno latino più economia e scienze”

Filippo Ongaro
Filippo Ongaro

Dopo aver lavorato dal 2000 al 2007 come medico degli astronauti per l’Agenzia spaziale europea (ha sviluppato anche il programma nutrizionale di Samantha Cristoforetti), per corpi militari d’élite e atleti di alto livello, Filippo Ongaro ha messo a frutto la sua competenza e l’esperienza maturata in contesti ‘estremi’ per migliorare la vita di tutti. Si è concentrato su alimentazione, attività fisica, atteggiamento mentale, riposo, indicando le strategie più adatte per far sì che ognuno trovi il proprio bilanciamento ideale, assapori una salute piena e una vita lunga e felice. Ongaro è divulgatore, autore di numerosi best-seller (tra cui Mangia che ti passa, Piemme, 2011; Mangia che dimagrisci, Piemme, 2012; Fino a cent’anni, Ponte alle Grazie, 2016), il primo medico italiano certificato in medicina anti-aging e medicina funzionale in USA, coach certificato in comunicazione strategica e problem solving dal Centro di Terapia Strategica diretto dal prof. Nardone e Strategic Intervention coach certificato dal Robbins-Madanes Training Center degli USA. Seguito da centinaia di migliaia di persone sui social, Ongaro è ospite frequente di trasmissioni radiofoniche e televisive nazionali ed estere. Vive e lavora in Svizzera con sua moglie e suo figlio. Per sua scelta, non si dedica più all’attività clinica, lavorando esclusivamente come coach e come CEO della sua azienda.

Una vita a pieno – questo è l’obiettivo che Ongaro propone al mondo, e anche il titolo del suo ultimo libro, uscito per Roi Edizioni, in cui indica le pratiche per potenziare la salute e la gioia del corpo e della mente, spaziando dagli esercizi fisici alle neuroscienze, e spingendoci a uscire dall’angolo grigio in cui ci incastra la quotidianità moderna. Perché il tempo è un regalo troppo prezioso per non capirne la grazia e non decidersi a farne tesoro.

Filippo Ongaro

La scuola di oggi riesce a dare agli studenti gli strumenti per affrontare le necessità di questo tempo? È ora di riformare radicalmente i suoi programmi? Partendo da cosa?

“Non credo che la scuola stia contribuendo a dare ai giovani gli strumenti per affrontare positivamente le sfide di oggi e di domani. Tuttavia, ritengo che la scuola contribuisca a creare la cultura di un’epoca ma ne sia anche un’espressione. Questa scuola è il prodotto di questa società. Per avviare un vero cambiamento è più importante responsabilizzarsi piuttosto che scaricare astrattamente la colpa all’esterno. Del resto è colpa della scuola se i genitori si ribellano a qualsiasi tentativo di disciplinari i loro figli? O se gli insegnanti sono pagati così poco da rendere un lavoro fondamentale per una società una specie di passatempo? O se non ci sono aule, computer, palestre? E gli insegnanti sono la scuola o sono donne e uomini come tutti noi?

Detto questo, è chiaro che ci sono molte cose che andrebbero cambiate. Credo che un tema fondamentale sia quello di aver ridimensionato ruoli fondamentali come quello dell’insegnante, del medico, dello psicologo a puri tecnici che gestiscono un sapere quando invece l’aspetto fondamentale di questi lavori è quello umano. Molto spesso chi sceglie queste professioni non è adeguato a farle in modo compiuto”.

Che cosa cambierebbe, che cosa toglierebbe, che cosa introdurrebbe? 

“Trovo anacronistico usare il latino o il greco per sviluppare capacità mentali. Queste funzioni dovrebbero essere stimolate tramite materie più attuali come l’informatica, l’economia, le scienze. Invece di perdere tempo a tradurre, sarebbe invece utile approfondire meglio la cultura passata per capire da dove veniamo. Poi andrebbero potenziate materie come la storia e la filosofia ma calate nel contesto attuale. L’educazione civica, in particolare in Italia, dovrebbe diventare per un paio di secoli la materia più importante. Infine lo sport, che aiuta a fare crescere il rispetto per se stessi e per gli altri, oltre che educare a una vita sana”.

Come potrebbe una buona scuola favorire l‘inserimento nel mondo del lavoro?

“Ancora una volta, non dovrebbe puntare solo su nozioni ma su capacità relazionali, disciplina, etica, rispetto. La qualità del mondo del lavoro e in generale di una vita soddisfacente non sono il semplice prodotto di cosa sai in teoria ma dipendono da come ti poni in un determinato contesto. Questo dovrebbe essere compreso tramite esperienze dirette fatte dai ragazzi nel mondo reale. L’aula è un ambiente protetto e le cose lì dentro dipendono da fattori diversi rispetto al mondo esterno”.

È ancora sensato puntare a una pedagogia di tipo etico-astratto, idealistico, invece che funzionale? Non è un prendersi in giro fingendo vivo un universo di valori assoluti che la storia recente ha ucciso? La formula “serve per aprire la mente” non ha il sapore di un’illusione?

“Sì, credo lo sia. Come dicevo prima, la mente oggi va aperta con strumenti del nostro tempo. E il mondo antico va studiato per le lezioni che ci può fornire e non per le desinenze e l’aoristo”.

L’alfabetizzazione di massa è un problema ormai superato. Varrebbe la pena lasciare, fin dalle elementari, più libertà di scelta agli studenti e alle famiglie, sia per quanto riguarda la possibilità di specializzarsi in certi ambiti piuttosto che in altri, sia per quanto riguarda gli orari in cui frequentare la scuola? Mantenere magari un minimo di ore obbligatorie e renderne facoltative e personalizzabili altrettante?

“Non sono in grado di dirle. Francamente, non mi pare che la famiglia sia un grande punto di riferimento oggi e nemmeno un laboratorio di saggezza. Se i ragazzi fuori dalla scuola finiscono per stordirsi con i videogiochi, meglio che stiano a scuola. Detto questo, la scuola come contesto potrebbe organizzare più attività collaterali, più esperienze, più sport. Ma ancora una volta si torna al problema delle risorse che una società è disposta a spendere per fare crescere i giovani”.

Non è necessario, sempre, dalle elementari alle superiori, lasciare ai ragazzi del tempo per coltivare altre qualità oltre all’efficienza della mente?

“Sicuramente. Per questo ho citato lo sport ma potrebbe essere anche il ridere assieme e divertirsi in modo intelligente o lo sperimentare le proprie inclinazioni artistiche. In linea di massima credo che un aspetto fondamentale sia quello di aiutare i ragazzi a creare relazioni e rapporti sani”.

È vero, almeno qualche volta, che “lo stupido istruito ha solo un campo più vasto per praticare la sua stupidità”?

“Dipende da cosa intendiamo per stupido. Se pensiamo ad una persona che acquisisce una serie di nozioni e che non sviluppa invece capacità umane e di relazione, potrebbe in effetti diventare così. Una persona colta non è semplicemente quella che ha appreso qualcosa, ma chi ha capito come usarla per il bene proprio e del mondo in generale”

silviavalerio2@libero.it 

@barbadilloit

Silvia Valerio

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