L’intervista. Di Gennaro: “Commentare questa Nazionale è divertente. Con Mancini la mentalità giusta”

Le ultime uscite dell’Italia, contro Finlandia e Liechtenstein, ad Antonio Di Gennaro, da quest’anno opinionista in Rai per la Champions League e per le partite degli Azzurri, sono piaciute e non poco. L’ex centrocampista della Nazionale e di Fiorentina, Hellas, Perugia e Bari, è molto fiducioso. “I segnali sono tutti positivi e commentare questa Italia è bello”, dice.

 

Insomma, commentare l’Italia è di nuovo divertente?

“Sì, ci sono elementi che fanno ben sperare. Ovviamente il Liechtenstein è inferiore alla Finlandia, ma la Nazionale sta crescendo e questo si era già visto. Mancini ha dato entusiasmo e serenità e la ricetta della valorizzazione del gioco e dei giovani porta ad un risultato eccezionale”.

Si può parlare di “cura Mancio”?

“Il gioco è divertente e i risultato arrivano, è oggettivo che stia nascendo qualcosa di importante. Insieme alla tranquillità, Mancini, da allenatore riflessivo e concentrato, ha portato una nuova mentalità che ben si concilia con un nuovo gruppo, un nuovo assetto manageriale e uno staff di alto livello. L’Italia non vuole ripetere il precedente contro la Svezia”.

A proposito di precedenti, Mancini Le ricorda qualche ct?

“Ci rivedo il Prandelli azzurro del 2012, la sua squadra incentrata sul possesso prolungato con molti uomini che partecipano alla manovra, un po’ come la Spagna. La Nazionale oggi ha un centrocampo di grande tecnica ed è un dato indiscutibile. Chi additava come “bidone” Verratti era un folle. Verratti è un campione, il modo in cui si è imposto a Parigi è fuori dal comune. Ma Zaniolo, Jorginho, Sensi e gli altri in mediana non sono da meno, c’è tanta qualità”.

Si rivede in qualcuno di questi?

“Un po’ nei registi, in Jorginho, che però gioca sul corto. Verratti e Sensi hanno un talento ed un senso tattico incredibile, ed entrambi hanno il fiuto del gol. Ma anche Barella è eccezionale, poderoso”.

Andiamo lì davanti. Kean è davvero un predestinato?

“E’ del 2000 ed è già stato una rivelazione in Champions e in azzurro. Sulla carta è un predestinato, ma ora dovrà confrontarsi con la popolarità e molte sfide. Kean dice di ispirarsi molto a Balotelli, che Mancini aspetta ancora. Ma per quanto? L’Italia ormai esiste, sta bene, il problema gol è da tempo dimenticato, c’è Quagliarella che sembra aver vent’anni, Pavoletti, Immobile… Balotelli è unico, prezioso, ma deve capire che serve serietà per tornare in Nazionale”.

Quali sono, tra tutti, i tre talenti su cui si deve puntare?

“Mi vengono in mente Kean, Zaniolo e Barella per ciò che stanno facendo. Ma vogliamo parlare di Spinazzola? E’ in un momento straordinario, in Champions ci ha lasciato a bocca aperta. E’ il nuovo Zambrotta. Già dai tempi dell’Atalanta si era capito”.

Il modello Atalanta…

“E’ un esempio importante, fondamentale. Vivai, giovani, il progetto di un nuovo stadio, il Presidente che ha giocato nella Dea ed è attaccato alla squadra. E’ un modello che dovrebbero seguire tutte le società”.

Veniamo a Lei. Dopo Sky e Mediaset, ecco la Rai. Quali sono le sfide di un telecronista nel 2019?

“Quando iniziai nel 2002, dopo aver fatto il secondo del Milan in panchina, lo feci quasi per gioco. Si deve stare attenti sempre, capire molte dinamiche. E’ un processo di crescita lungo ed impegnativo. In più, il settore ha molti professionisti. L’importante è usare l’impegno e la passione giusti. Un’altra differenza radicale sono i rapporti, oggi ci si deve interfacciare con agenti e procuratori. Ai miei tempi il rapporto era diretto, ora invece ruota tutto anche attorno ai social, è tutto diverso e ci si deve abituare”.

Una chiosa sulla bagarre sul San Siro. Come affrontare il problema degli stadi?

“La soluzione è una sola: ogni società dovrebbe avere un proprio stadio. E invece siamo indietro. Quando giocavo nell’Europa dell’Est, in Polonia, in Jugoslavia, in Ungheria, era un problema enorme. Oggi pubblico e privati si dovrebbero mettere d’accordo, mentre l’intero sistema è vittima di una burocrazia devastante. Il Ministro del Lavoro sembra stia puntando sul regolamento degli stadi. E’ diventato uno step cruciale per le grandi società, tranne la Juve: se non fanno queso passo, c’è il rischio di non riuscire mai a colmare il gap col resto del mondo”.

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Francesco Petrocelli

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