Focus (di M.Ciriello). Le librerie (ostaggio di Saviano e della Murgia) nemiche del “popolo”

Roberto Saviano
Roberto Saviano

Dove un tempo c’erano gli scaffali di Adelphi ora c’è il castello di Hogwarts – nella riproduzione della Lego – con Harry Potter che si è sostituito a Bobi Bazlen. A forza di tirare dentro le librerie la riproduzione di quello che era uscito dalle pagine dei libri: le hanno trasformate nei posti meno frequentabili per chi le ama davvero. Con il mercato come unico parametro – stravolgendo gli scaffali e sovvertendo il tempo che i romanzi dilatano e i saggi provano a smontare – quello che rimane sono le classifiche, e i personaggi che le animano. Di scrittori nemmeno a parlarne. Si può riassumere lo stravolgimento in pochi passi: la faccia dell’autore passa dall’essere un mistero per chi legge fino all’apparire in quarta di copertina – una epifania, come raccontò Baricco che da giovane cercava il viso del musicologo Massimo Mila – e da lì, con carpiato di pixel, diventa immagine sulle pareti feltrinelliane, per poi arrivare a farsi murale nel contesto raccontato: Pasolini va in periferia, a Calvino spetta l’attico. Il messaggio è nell’immagine che copre lo svuotamento di lingua, mondo e storie, tanto c’è la faccia. E dietro la faccia: la parete di un posto come un altro, una libreria, che prima non era affatto un posto come un altro. Non lo è più perché ha perso il mistero in funzione della magia. E perché è arrivata Amazon, e con Amazon la “contiguità supermercata”. Fin dalla vetrina si annuncia il conformismo: una impalcatura di nulla sulle fondamenta del niente, ma con tante facce che sorridono, le stesse che poi appaiono in tivù, teatro e cinema, e prima sui giornali e sempre – a eterna liquida memoria – sui social. Alla base c’è la rapidità: l’ultimo libro viene sostituito dall’ultimissimo. Tanto che uno si può trovare più libri di Maurizio De Giovanni che stagioni o peggio partite della Nazionale, in una rassicurante ubiquità, e in alternanza con Gianrico Carofiglio: e talvolta il fenomeno si presenta in contemporanea e i due si spartiscono delle pile votive, ma niente a che vedere con le grandi piramidi camilleriane: erette in ogni libreria da Palermo a Milano, come per Central Park a fare la differenza nella geometria immutabile c’è il colore delle copertine come delle foglie nel parco, con una variante: non esiste inverno per Andrea Camilleri. Sotto questo faraone del mercato editoriale prosperano Saviano, Volo, Pif, Piccolo e Sveva Casati Modignani, Premi Strega ed Elmi di Scipio, e di lato, misteriosa e incazzosa, il curioso caso di Elena Ferrante da poco divenuta Sfinge grazie anche alla serie tivù, sceneggiata tra gli altri da Francesco Piccolo – il mazzo di carte è questo e si aggiorna solo con le morti – che poi ritrova Pif nel nuovo film di Luchetti tratto dai suoi libretti di momenti trascurabili e non di felicità, che passa a Veltroni che chiama Veronesi che promuove Missiroli che insidia Scurati che cita Saviano che aspetta i Big Mac che gli porta Piperno che sogna Proust ma gli appare Paolo Giordano, dove un tempo noi aspettavamo Berto e Bianciardi. Questi e altri pochi nomi, sono una sorta di Olimpo eretto sul fatturato, si ergono sul deserto d’anonimi, o quasi, condannati alla compressa verticalità del dorso, libri perduti, nonostante gli sforzi degli uffici stampa, in un magma che ribolle di banalità, dove l’unica variante è data dalle loro cartelle cliniche, brame, invidie, nascite di figli, spostamenti di letto e città, che per un attimo assolvono al dovere di cronaca, e in fondo: il lettore, che si nutre di questi aggiornamenti. Le librerie di oggi sono dei condomini, dove il libraio è divenuto un portiere che assolve i compiti di pulizia e spostamento: ogni settimana novità, con i punti fermi degli altari votivi e della Sfinge e delle piramidi, con un’unica divisione: non tra libri buoni e cattivi, belli e brutti, ma che si vendono o meno; e se non si vende: il libro scompare, sommerso dalle colline einaudiane e/o mondadoriane, cioè l’indistinto. Perché è la quantità a condizionare la scelta, l’occupazione dello spazio chiude l’orizzonte e costringe all’acquisto. Lontani sono i tempi quando le librerie erano i luoghi che ci liberavano dalla nostra condizione limitata, arricchendoci. Adesso, girare tra gli scaffali equivale al vecchio zapping, c’è la tivù che dal video è passata alle pagine, tanto che Umberto Eco oggi non scriverebbe “Fenomenologia di Mike Bongiorno” ma di De Giovanni. La narrativa italiana adagiata su tavoli e tavolini non va oltre l’intrattenimento, inseguendo il presente e non l’eterno. Persino la poesia, ultimo rifugio del disperato lettore autentico, invece che con Raffaello Baldini risponde con i telegrammi celentaneschi di Franco Arminio, implodendo nel puerile, abbracciando gli alberi e dimenticando l’endecasillabo. Il colore è la forza della nuova libreria, il pericolo è l’inciampo nella penombra leopardiana di un vecchio libro, nei disperati tentativi rothiani (Joseph e pure Philip) di raccontare il mondo. Non c’è posto nella nuova libreria per la lentezza, né per la complessità arbasiniana, no, il romanzo di oggi è il “TV Sorrisi e Canzoni” di ieri. Scompare Parise e appare De Cataldo. Il resto è rigurgito o tentativo, Antonio Scurati scrive del giovane Mussolini mentre Michela Murgia misura al popolo italiano la pressione fascista (con test da vecchio “Cioè”)  che insidia l’impero della delicatezza. Arrivata sotto forma di tazze e tisane, muffin e coperte, in un girotondo di Gamberale, Marzano, Ciabatti, Parrella, Dandini, Mazzucco, Postorino, Stancanelli, Tamaro, che non fanno una Ortese-addolorata o una FallacI-nsciallah. Tutto si mescola e tiene proprio come su Amazon. Esiste il settore non l’esclusività, tutto viene dilatato fino all’irreperibilità, e diventa impossibile trovare un libro, anche perché chi li sistema non li conosce. È la ricerca dei grandi numeri, che svuota le librerie di scrittori e le riempie d’autori (distratti) di “non-libri per non-lettori” come diceva Grazia Cherchi (maga Baol) che aveva pre-visto l’arrivo dei cartonati di Pif a coprire i già dorsalizzati e nascosti volumi di Giorgio Manganelli.

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Marco Ciriello

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