Cultura. Lo strapotere dei “meme” al tempo del “gretinismo” di massa

meme

Quante volte, negli ultimi anni, soprattutto con l’avvento dei social network, vi sarà capitato di sentire la parola meme, che nel linguaggio di internet indica quei contenuti di testo e immagini, spesso ironici, aventi ad oggetto qualsiasi argomento, dalle star di Hollywood alla politica, dalla religione allo sport, che in gran parte costituiscono l’elemento principale di pagine facebook o instagram.

Pochi sono tuttavia a conoscenza di come il termine meme e quel che vi è connesso abbia avuto origine almeno trent’anni prima che Zuckerberg ci degnasse delle sue creature cibernetiche e che il mondo intero si rincretinisse a postare contenuti più che discutibili in rete. Origine ben più seria e ben più colta. Stiamo parlando del saggio di Richard Dawkins Il gene egoista pubblicato dal noto biologo evoluzionista nel 1976.

I MEME DI DAWKINS

Dawkins applicando l’approccio della genetica neodarwinista sull’evoluzione dei viventi per ereditarietà, mutazione e selezione genetica del “più adatto” allo studio dell’evoluzione di società e popolazioni, giunse alla conclusione, in realtà ben poco originale – basterebbe leggere Spengler -, ma raggiunta secondo criteri scientifici, che esse si sviluppino in maniera analoga a come si evolvono gli organismi viventi.

In termini più specifici, come il gene costituisce l’”unità minima auto-propagantesi” dell’evoluzione biologica, il meme – secondo Dawkins – costituirebbe l’”unità minima auto-propagantesi” di evoluzione culturale, trasmesso da mezzi non genetici, soprattutto per imitazione,  disseminazione e condivisione.

Ad esempio, più culture società gruppi possono sviluppare un proprio programma e un proprio metodo per realizzare qualcosa (dalla ricetta per la pizza a modi di dire modi di fare, strategie politiche sentimento religioso o a-religioso ecc…). Tale programma, immesso nell’ambiente e nei circuiti neurali di chi di dovere – noi tutti -, agisce quindi in modo simile a come agisce un gene biologico guidando con la propria presenza il futuro di persone popolazioni gruppi sociali culture, per a sua volta dar vita a miriadi di sotto-categorie ad esso rifacentisi.

meme di propaganda anti-Trump

Quante volte – soprattutto in estate – vi sarete sorpresi a fischiettare il “tormentone” del momento, o magari a criticarlo e a fare la figura degli out in comitiva, quante volte un amico avrà preso le distanze da voi perché prima condividevate interessi in comune  (dunque anche gli stessi meme) mentre voi ad un certo punto avete lasciato il tennis per dedicarvi alla letteratura, oppure avrete sentito dire magari da una ragazza: “quel tipo lì sarà carino ma non ha modi…”, laddove per modi deve intendersi proprio il possedere o – l’esser posseduti – dai meme “giusti”…chiaramente per quel luogo e per quel periodo, per quella ragazza e per il gruppo di amiche…che magari guardano tutte la stessa trasmissione televisiva… e via discorrendo…

Ma qual è l’origine dei meme? Quando l’imitazione fece la sua comparsa nell’esperienza umana, essa si rivelò un buon sistema per aumentare le possibilità di ogni individuo di riprodursi o ottenere consensi in società. Imitare significa sostanzialmente importare informazione dall’ambiente nel proprio cervello tramite gli organi di senso, l’informazione viene poi assorbita e ri-eseguita, il più delle volte meccanicamente

L’UTILIZZO MIRATO DEI MEME NELLA MODERNA PROPAGANDA

Chi stabilisce i meme “giusti”? Chiaramente i soggetti e la cultura dominanti. Il concetto di meme pare infatti ricondurci addirittura agli albori della società umana. Nella mitologia sumera ritroviamo un concetto quasi del tutto identico, i cosiddetti me (che guarda caso somigliano ai nostri meme anche nel nome) ritenuti forze impersonali capaci di dare forma alla società e garantire l’ordine sociale.

Creati da “forze divine”, i me sanciscono le regole che stanno a fondamento della vita consociata, essi descrivono ad esempio l’idealtipo della “sovranità”, il modo di intendere la “divinità”, i “rapporti sessuali”, le “qualità virili” e quelle “femminili”, l’”arte”. Leggenda vuole che i me, in principio custoditi dal dio degli oceani Enki, in un momento di ebbrezza sensuale, siano stati ceduti da questi alla fascinosa dea Inanna (la pari ruolo della Venere latina, dea dell’armonia e della civilizzazione), nipote di Enlil, suo fratellastro e re degli dèi, la quale pare ne abbia poi fatto dono agli uomini, civilizzandoli.

C’è da dire tuttavia come i me fossero sì in parte simili ai nostri meme ma anche molto simili a platonici archetipi universali  – ora, a scanso di vederci del mero evemerismo -, essi furono definiti “ordinanze” “decreti” “destini” stabiliti non dagli uomini ma dagli dèi.

Oggi, più modestamente, dobbiamo accontentarci di uno stuolo di think tank opinion makers psicologi e pubblicitari, i quali erettisi ormai a divinità immanenti determinano cosa significhi civiltà e cosa no, chi siano i civili e chi gli incivili, chi i democratici e chi i populisti, chi i fighi e chi gli sfigati, gli in e gli out, i gretini e i cretini… e il popolo bue mette like e condivide…

Il Vate soleva dire che il mondo fosse la rappresentazione della volontà di pochi uomini superiori. Stando a quanto accade oggi, saremmo invece più propensi a citare il detto latino: Asinus asinum fricat!

Giovanni Balducci

Giovanni Balducci su Barbadillo.it

Exit mobile version