Versiliana. Buttafuoco e Di Battista: la scelta di campo contro il politicamente corretto

Alessandro Di Battista e Pietrangelo Buttafuoco

Chi crede che ormai la politica si faccia solo con i tweet o non conosce la Versiliana, o non conosce la politica. Nella grande agorà non elettronica del caffè letterario ricavato fra i pini del parco che fu caro a D’Annunzio non si pongono più le premesse per le crisi di governo, come quando Romano Battaglia intervistava Andreotti o Forlani, ma può maturare un dibattito destinato a influenzare le scelte del futuro.

 

È quanto è avvenuto sabato scorso, quando Alessandro Di Battista ha presentato insieme a Pietrangelo Buttafuoco il suo ultimo volume, Politicamente scorretto, dinanzi al pubblico delle grandi occasioni. Presentato e presentatore si sono affacciati sul palco c0n qualche minuto di ritardo, dovuto all’assedio di cronisti e fotografi che li attendevano al varco all’ingresso nella villa. Di Battista fedele al suo look un po’ trendy, in camicia bianca aperta, jeans e scarpe da ginnastica; Buttafuoco in un impeccabile completo blu e mocassini scamosciati. Ma, al di là dell’abbigliamento, è emerso subito un sentire comune, che ciascuno è libero d’interpretare come l’affiorare di antiche radici familiari o come il frutto dell’abilità del presentatore di cogliere nel pamphlet del suo interlocutore tematiche affini alla sua matrice culturale. Chi si aspettava frecciate mortali all’attuale governo è rimasto probabilmente deluso.  Di Battista ha lanciato qualche stoccata a Salvini, non per il cosiddetto Russiagate, ma per il finanziamento concesso a Radio Radicale, e su questo è difficile dargli torto, perché il servizio pubblico non può essere appaltato alla radio di un partito che per giunta tuona contro la partitocrazia. Non ha risparmiato nemmeno la Meloni, accusata di essere stata membro (sia pure, sia detto in tutta onestà, in posizione defilata, come ministro della Gioventù) di un governo che partecipando all’intervento in Libia contribuì alla destabilizzazione del paese a spese di Parigi: “i francesi si sono presi il petrolio, noi i barconi”. Ma, facendo onore al titolo del volume, Buttafuoco ha saputo “sfruculiare” l’autore, conducendolo sul terreno del politicamente scorretto, a partire dalle tematiche familiari. E politicamente scorretto Di Battista lo è stato, per esempio, nel condannare la pratica dell’utero in affitto, perché non è un diritto dei genitori avere figli, ma è un diritto dei figli avere dei genitori, nel sostenere che lo sciopero dei reggiseno, indetto a sostegno dell’ineffabile Carola, sarebbe stato meglio indirizzato se rivolto alla difesa delle donne licenziate perché incinte. Al tempo stesso, ha rivendicato il diritto di uno Stato di difendere i suoi confini, trovandosi in questo in sintonia con Salvini.

Prevedibili, ma non per questo meno incisive, le stoccate ai poteri forti , allo strapotere delle multinazionali dell’informatica e alle nuove forme, più sottili, di corruzione, come l’abitudine di premiare con consulenze milionarie (in euro) i politici conniventi. Sul terreno della politica internazionale ha rivendicato un seggio per l’Italia nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, perché a settantaquattro anni dalla fine dell’ultima guerra, è assurdo il monopolio dei vincitori, e ha ironizzato sugli ex russofili divenuti russofobi perché la Russia contrasta il progetto di globalizzazione. Ha difeso le piccole imprese, ma criticato le grandi famiglie arricchitesi con le privatizzazioni e additato come esempio positivo Enrico Mattei, ricordandone la sfida alle sette sorelle e il passato da partigiano non comunista (ma, a questo proposito, Buttafuoco ha ricordato che il suo braccio di ferro veniva dalla Repubblica Sociale).

È forse eccessivo sostenere che dal Caffè della Versiliana sia uscito un ircocervo, un Buttafuoco in grado di suggerire alla politica italiana strade alternative al pantano in cui rischia di scivolare per il logoramento dell’alleanza gialloverde. Quel che è certo, Di Battista, con la sua aria da bravo ragazzo ingenuo ma non sprovveduto, con la sua rivendicata, orgogliosa paternità (“con una ragazza con cui ancora mi davo del lei”), con la sua stessa barbetta che invece d’invecchiarlo lo fa apparire ancora più giovane, ha dimostrato che il suo volontario esilio dal potere non lo ha logorato, anzi. E il merito è forse anche di Buttafuoco, che sotto i pini della Versiliana ha saputo far parlare in lui qualcosa di molto simile alla voce del sangue.

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Enrico Nistri

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