Satira (di A. Di Mauro). “Non c’è collante tra Pd e M5S” ma la paura del voto è meglio del Vinavil…

Il problema è chimico. Fossero infatti semplici personaggi di cartone – come i detrattori più teneri affermano fin dalle prime battute della crisi – sarebbe bastato un flaconcino di comunissimo Vinavil. E invece no. Non attacca. Più rileggiamo le sanguinose dichiarazioni che gli uni indirizzavano agli altri fino a pochi giorni prima della nascita di questa nauseabonda maggioranza, più i grillini e i demoratici ci appaiono forgiati di quella fibra marroncina, assai poco nobile e parecchio maleodorante, che con il cartone ha in comune al massimo il colore. “Non c’è nessun collante tra il M5S e il Partito Democratico”, ammettevano anche gli osservatori meno teneri con la Lega e con la maggioranza uscente.
Nessun punto di contatto è possibile tra chi si è presentato agli elettori con il “vaffa” alla casta sul biglietto da visita e chi della casta ne è il rappresentate più fedele. Tra chi ha edificato il proprio consenso sventolando la bandiera del populismo, del sovranismo e dell’uscita dall’Euro e chi quando sente parlare di sovranismo è colto dal riflesso pavloviano di un antifascismo militante fuori tempo massimo, per poi correre piagnucolante a cercar riparo a Bruxelles. Sotto la gonna della Merkel e dentro il pannolone di Brigitte Macron.
Sembra ancora di sentirli quei sinistrati del Pd, condannati dalla storia e da ogni elezione organizzata sul suolo nazionale da qualche anno a questa parte (dalle Politiche alle Regionali, fino alle riunioni di condominio) sbraitare scomposti contro i grillini, rei di far parte del governo più a Destra della storia repubblicana. “Mai un accordo con loro!”, tuonava annaspando tra i fiotti del proprio sudore un esagitato Zingaretti. E che dire di quelle gustose carinerie che la Taverna rivolgeva ai suoi attuali partner di governo, tra le quali le più eleganti erano “zozzoni” e “mafiosi”? Ah, c’era anche l’auspicio affettuoso di una veloce morte, che per fortuna della stessa Taverna non ha avuto seguito. Altrimenti a quest’ora, la raffinata vicepresidente del Senato (sic!) avrebbe già traslocato dai banchi di Montecitorio a quelli del pesce, nel mercato di Torre Maura, suo habitat di provenienza.
Non c’è collante, dice. E, non a caso, democratici e grillini si guardano bene dal parlare di contenuti. Altrimenti dovrebbero spiegare a quei quattro che ancora sono disposti a mettere una croce sui simboli delle loro liste (la stragrande maggioranza degli elettori ha ampiamente dimostrato, infatti, che ormai la croce è intenzionata a metterla soltanto su di loro) che fine farebbe il Reddito di Cittadinanza, rivendicato da Di Maio in persona e visto come fumo negli occhi dal Pd; cosa ne sarebbe della Legge Fornero e della tanto decantata Quota 100; del Jobs Act e dell’articolo 18; del decreto Lorenzin sull’obbligatorietà dei vaccini e di tutti gli altri temi sui quali i protagonisti di questo orrendo, improbabile inciucio si sono scannati per tutti questi anni.
Non c’è collante che non sia il terrore del voto e la volontà di nascondersi nei meandri cavillosi della Costituzione per sottrarsi al giudizio popolare. Una contraddizione in termini per un partito o un movimento che si dice anche solo vagamente di Sinistra. Lo ha capito persino Calenda che, pur essendo meno di Sinistra persino di noi, non ha retto alla vergogna e se n’è andato.
Non c’è collante se non quello che li tiene appiccicati disperatamente alle poltrone. Ma sappiano lorsignori che non attacca: deiezioni così viscide sono destinate a scivolare via velocemente.
Giusto il tempo di tirare lo sciacquone.

*da Candido di settembre

Alessio Di Mauro*

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