La storia. Maserati, l’auto più veloce del mondo nel ’29 e le prospettive del presente

Maserati Tipo V4, 1929. Scoperta da un privato in un deposito, a Roma, e carrozzata spyder da Zagato, 1934. Ha vinto il Premio Villa d’Este nel 2014. Museo Enzo Ferrari, Modena
Maserati Tipo V4, 1929. Scoperta da un privato in un deposito, a Roma, e carrozzata spyder da Zagato, 1934. Ha vinto il Premio Villa d’Este nel 2014. Museo Enzo Ferrari, Modena

Sì, l’auto più veloce del mondo, novant’anni fa, era italiana, la gloriosa e dimenticata Maserati V4 del 1929, a 16 cilindri disposti a 25°, dapprima con 3.961 cm³ e poi, nel 1931, il successivo modello V5, con 4.906 cm³.

‘La prima applicazione al mondo di un motore V16 in un auto da corsa’ è stato scritto. In realtà era un motore più a ‘U’ che non a ‘V’, nonostante l’inclinazione dei monoblocchi. Ognuno dei due 8 cilindri era, infatti, provvisto del proprio albero motore ( o albero a gomiti), collegato all’unico albero di trasmissione attraverso una serie di complessi ingranaggi. E di sistemi di lubrificazione separati, con due grandi (ed assetati) serbatoi dell’olio.   

‘Le Maserati Tipo V4 e V5 sono state costruite tra il 1929 e il 1932, installando due propulsori otto cilindri in linea, del tipo di quelli montati sulla Tipo 26 B, e messi in parallelo. Ci si assicurò così un V16 da 4 litri di cilindrata in grado di erogare una potenza compresa tra 280 ed i 305 CV. Della Tipo 26 B fu allungato anche il telaio, portando il passo a 2750 mm. Con un così basso peso ed una potenza estremamente elevata era un’autovettura di difficile gestione. Raggiungeva una velocità massima compresa tra i 250 ed i 260 Km/h. Anche i consumi di carburante (50 L ogni 100 km) e di pneumatici erano piuttosto alti. Il primo esemplare costruito nel 1929 in configurazione per le competizioni in circuito destinate alle vetture della Formula Grand Prix venne in seguito ricarrozzato in versione Spyder da Zagato e perfettamente restaurato fa ancora mostra di sé nei vari concorsi di auto d’epoca. Nel 1931 venne approntato un secondo telaio su cui venne montato il propulsore di cilindrata elevata a 5 litri, da cui la nuova denominazione di “V5”; questo secondo ed ultimo esemplare partecipò alle competizioni dal 1932 e venne distrutto durante il GP di Tripoli del 1934. L’esordio nelle corse della V4 è datato 15 settembre 1929 al Gran Premio di Monza; durante la finale di quella gara, e prima di ritirarsi, Alfieri Maserati raggiunse la velocità sul giro di 198,7 km/h, primato che fu superato solo nel 1954’.
(Da  https://it.wikipedia.org/wiki/Maserati_Tipo_V4_e_V5#Maserati_V4).

L’azienda fu fondata il 1º dicembre 1914 a Bologna dal vogherese Alfieri Maserati e all’inizio modificava auto Isotta Fraschini per gare su strada. La fabbrica aveva soltanto 5 dipendenti e 2 erano i fratelli di Alfieri: Ettore ed Ernesto. Successivamente, nel primo dopoguerra, Alfieri Maserati diede inizio alla sua attività come corridore agonistico. 

 Alfieri Maserati nasce il 23 settembre 1887 a Voghera (Pavia).  Quarto di sette fratelli, inizia ad appassionarsi al mondo della meccanica già da bambino. Nel 1899 trova lavoro in una fabbrica di biciclette e tre anni più tardi si trasferisce a Milano, alla Isotta Fraschini. In pochi anni Alfieri fa carriera all’interno della Casa lombarda: nel 1908 è il meccanico della vettura vincitrice della Targa Florio, guidata da Vincenzo Trucco, quindi viene inviato in Argentina e nel Regno Unito come capotecnico; nel 1912 si trasferisce definitivamente a Bologna. Nella città emiliana Alfieri fonda, nel 1914, insieme ai fratelli Ettore ed Ernesto, un’officina specializzata in elaborazioni di propulsori Isotta Fraschini e Diatto.  Durante la Prima Guerra Mondiale brevetta un’innovativa candela d’accensione e, al termine del conflitto, si concentra sul mondo delle corse, creando una vettura nata dalla fusione di una Isotta Fraschini e di un motore Hispano-Suiza, di derivazione aeronautica. Con questa vettura Alfieri vince la sua prima corsa nel 1921. Nel 1922 i fratelli Maserati cominciano a lavorare regolarmente per la Diatto di Torino. Alfieri si aggiudica la corsa in montagna Susa-Moncenisio,  ad una velocità  media, allora straordinaria, di 69 km/h. Ripete quindi l’impresa nella Aosta-Gran San Bernardo. Nel 1925 termina l’associazione dei Maserati con Diatto, a causa della situazione finanziara di quest’ultima, preludio alla sparizione. Con il sostegno  finanziario  del  marchese  Diego  de Sterlich Aliprandi,  anch’egli pilota ed imprenditore,  i  fratelli Maserati comprano 30 vetture Diatto. Escono da allora auto con la marca del ‘Tridente’. 

La prima auto realizzata in proprio da Alfieri Maserati è la Tipo 26 del 1926, dotata di  un motore 1.5 a otto cilindri in linea da 120 CV. La Tipo 26 debutta alla Targa Florio lo stesso anno, nona in assoluto e prima nella categoria ‘Grand Prix’. La prima di una lunga serie di successi, tra i quali due edizioni della 500 Miglia di Indianapolis, nove vittorie in Formula 1 ed il Campionato del Mondo di Formula 1 nel 1957. Con questa vettura, nel 1927, Alfieri rimane però coinvolto in un gravissimo incidente alla Coppa Messina, nel quale perde un rene. Il 28  settembre 1929, ottanta anni fa, a Cremona, Mario Umberto, ‘Baconin’ Borzacchini (1898-1933) stabilisce un  nuovo record mondiale. 

“La corsa ‘dei record’ era la cosiddetta 10 km. con partenza lanciata, lungo la provinciale n.10-Padania Inferiore. Partenza da Cremona in direzione est-nord-est, con i 10 km che partivano dal paesino di Gadesco Pieve Delmona e si concludevano a Sant’Antonio d’Anniata, piccola frazione di Pessina Cremonese. Per il lancio e l’arresto, i piloti avevano 3 km. di rettilineo di margine. Il percorso doveva essere compiuto due volte, una per ogni senso di marcia: la media dei due tempi sarebbe stata valida per registrare il record” (https://www.tuttosport.com/news/motori/news-motori/2019/10/01-61786312/maserati_tipo_v4_90_anni_fa_il_record_sui_10_km_lanciati).

Il record durerà sino alla fine del 1937. Il 1930 è un anno di grandi successi. Nel Gran Premio di Tripoli, Maserati registra la sua prima vittoria internazionale. Il primo gran duello tra Alfieri Maserati ed Enzo Ferrari, Capo della scuderia Alfa Romeo, ha luogo al Gran Premio d’Italia a Monza: Maserati domina la corsa.

Alfieri Maserati, 1887-1932

Lo stato di salute di Alfieri Maserati però peggiora. Il 3 marzo 1932 il cavaliere del Regno muore a Bologna, a 44 anni, durante un intervento chirurgico per tentare di salvargli l’unico rene rimasto. L’intera città di Bologna si accalca al funerale dell’uomo  già famoso.  Portarono avanti l’attività i fratelli Ettore (che sarà l’ultimo a morire nel 1990), Ernesto e Bindo. Ma Alfieri  era il leader indiscusso della famiglia. Comunque, il bastone del comando venne preso da Ernesto (1898-1975), anch’egli pilota.  

Sulla Tipo 26 apparve per la prima volta il simbolo della Maserati: un tridente stilizzato ripreso dalla fontana del Nettuno di Bologna – imponente statua in bronzo dello scultore fiammingo Jean de Boulogne da Douai, detto il Giambologna, 1565 – disegnato da Mario Maserati, l’unico dei fratelli che alle automobili aveva preferito la carriera artistica.

Maserati, Tipo 26, 1928 o ’29, Museo Automobile, Torino

Nel 1937, al solito tormentati da difficoltà finanziarie, I fratelli Maserati cedono l’azienda ad Adolfo Orsi (Modena, 1888-1972), un imprenditore siderurgico e contitolare con i familiari di un’azienda di macchine agricole.

Maserati A6, 1949

I fratelli Maserati rimangono per 10 anni nell’azienda come collaboratori. Nel 1940 la Compagnia Maserati è trasferita a Modena, dove tuttora permane. Nel 1947 la Maserati creerà la sua prima vettura stradale, la Maserati A6 Granturismo. La prima di una lunga serie di vetture di successo, quasi mai, commerciale.

I fratelli Maserati escono dall’azienda che fu loro nel 1947 per fondare a Bologna la società OSCA. Nel 1957 Juan Manuel Fangio si laurea per la quinta volta campione del mondo alla guida di una Maserati 250F. Nel 1958 una serie di difficoltà finanziarie costringe la Casa al ritiro ufficiale dalle competizioni.

Maserati Bora, 1971- ’78

Nel 1968 la Maserati passò sotto il controllo della Citroën. Adolfo Orsi rimase presidente onorario.  La joint-venture, destinata presto a dissolversi, consentì a Citroën di disporre dei motori costruiti da Maserati per equipaggiare il nuovo modello SM. Sotto la direzione dell’ingegnere Giulio Alfieri nascono tre nuove, sofisticate vetture, la Bora (V8), la Merak (V6), la Khamsin (V8). Tuttavia, la crisi petrolifera del 1973 incide pesantemente sull’azienda. Il 23 maggio 1975 la liquidazione. La Maserati evita la chiusura e l’8 agosto 1975 l’imprenditore italo-argentino Alejandro de Tomaso acquisisce la maggioranza delle azioni. De Tomaso è proprietario anche dell’omonima casa automobilistica modenese; la Maserati riesce lentamente a riprendersi dalla crisi. Il modello di maggior successo in questo periodo è la Biturbo, con motore V6, fabbricata in versione sia coupé che spyder, auto di buone prestazioni e di costi moderati, ma afflitta da numerosi problemi.   

Per comprendere la crisi della Maserati del 1958 è necessario fare un salto all’indietro e tornare al dopoguerra, quando l’Italia automobilistica (e non solo) aveva un disperato bisogno di risorse, mercati, opportunità, nuovi teatri di competizione. Allorchè si stabilisce e si approfondisce il legame tra piloti argentini e Case italiane, in particolare, tra piloti italiani ed il ricco Paese sudamericano, tra la Maserati ed il governo del generale Perón, soprattutto.

 Nel 1947 Maserati tornò ai circuiti ed Orsi stabilì un contatto con Juan Domingo Perón attraverso Francisco “Pancho” Borgonovo, allora presidente dell’Automóvil Club Argentino (ACA), che progettava organizzare nel suo Paese una “Temporada” con la presenza dei grandi assi del momento. L’ idea ebbe subito il deciso appoggio di Perón, fanatico delle corse automobilistiche. Scriverà nel 1996 Gigi Villoresi, che il generale Perón gli chiese di collaborare con l’ ACA para organizar la “Temporada” ancora più importante delle precedenti e di farsi accompagnare, l’anno seguente, da Adolfo Orsi.  Pochi giorni dopo la disputa  del ‘Gran Premio Ciudad de Buenos Aires – General Juan D. Perón’, corso il 30 gennaio 1949, nel quale Villoresi su Maserati giunse secondo, Orsi e Villoresi entravano, infatti, nella Residenza di Olivos, festosamente accolti dal generale Perón che parlava un italiano quasi perfetto.

Il Presidente Perón nei giardini della Residenza di Olivos sulla Maserati 250F che nel 1954, con Fangio, vinse il Gran Premio d’Argentina di F1

La sintonia tra Perón ed Orsi fu immediata. Ne scaturì una amicizia che durò fino al golpe del 1955 ed all’esilio di Perón. Prodotto di tale amicizia fu l’incorporazione nel team Maserati di tre piloti argentini molto ammirati da Perón. Uno era  Juan Manuel “El Chueco” Fangio, che già aveva vinto un Mondiale di F1 nel 1951 con l’Alfa Romeo 159 (con il famoso motore d’anteguerra a 8 cilindri in linea di 1500 cm³, alimentato con un compressore volumetrico, che già equipaggiava l’ ‘Alfetta’), prima che la casa di Arese decidesse di ritirarsi dalle corse. Gli altri due erano José  Froilán “Cabezón” González (il primo pilota a portare una Ferrari al successo nel 1951, a Silverstone) ed Onofre “Pinocho” Marimón. Fangio corse e vinse con Maserati i primi due Gran Premi del 1954, in Argentina e Belgio.

Adolfo Orsi accettò anche un accordo di fornitura di macchine utensili direttamente dal presidente Perón, nel 1954. A seguito della ‘Revolución Libertadora’ del 16 settembre 1955, la riscossione dei pagamenti divenne però aleatoria, fino alla loro cessazione, a causa dell’odio dei militari per tutto quel che aveva fatto Perón e per i suoi contatti. Le irrisolte problematicità economiche condussero la Casa modenese all’amministrazione controllata, per poi essere ceduta al principale creditore, il Credito Italiano. Orsi morì il 26  agosto 1972, mantenendo sino alla fine un ruolo nella Maserati, il grande amore della sua vita. Dopo le speranze, in parte frustrate, della Biturbo le novità positive ed importanti tarderanno per la Casa modenese. Parzialmente giungeranno nel 1993, quando De Tomaso cede le azioni al Gruppo Fiat, che a sua volta le cederà nel 1997 alla Ferrari; per ritornare nuovamente al Gruppo Fiat nel 2005.

Maserati Gran Turismo, 2007

Il lancio di nuovi modelli apre poi nuovi mercati per l’azienda. L’11 settembre 2001, a Francoforte, la Maserati lancia la Spider. Il successo è immediato e gli Stati Uniti diventano il maggiore mercato al mondo. Successo che si completa con il successivo arrivo della nuova Quattroporte (2003), della Quattroporte Automatica (2007) e della GranTurismo (2007). 

Dal 2013 l’ex stabilimento Bertone di Grugliasco, presso Torino, confluisce nella Mirafiori Plant, dando il via alla nascita del polo del lusso e dell’eccellenza di Torino. La strategia di espansione della gamma dà i suoi primi frutti, segnando un aumento di vendite in tutto il mondo. Nel 2014 la casa del Tridente ha festeggiato i suoi primi cento anni di storia. Oltre ai vari raduni e tour ufficiali, agli eventi annuali come SpaItalia a Spa-Francorchamps, Goodwood Festival of Speed, i Concorsi d’eleganza di Villa d’Este e Pebble Beach, California, ed a manifestazioni organizzate in diversi circuiti, primo fra tutti l’Autodromo di Monza, alla Maserati è stata dedicata una mostra retrospettiva con esposizione anche dei modelli più recenti e concept. Sempre nel 2014 la Maserati presenta al Salone di Ginevra una concept coupé in configurazione 2+2 denominata Alfieri, in onore di chi più ha contribuito all’affermazione della Casa del Tridente’.

Maserati Quattroporte, 2003

Nel 2012 L’antica Auction House britannica Bonhams (fondata nel 1793) pose all’asta la Maserati Tipo V4, costruita partendo da un motore marino originale, con immensa passione, dallo scrittore Anthony Hartley (1925–2000), che fu aggiudicata  per  432.700 sterline. 

Così fu presentato il leggendario motore: 

“In period the Sedici Cilindri Maserati V4 was absolutely the fastest road racing car in the world. This stupendous mechanical assembly includes two crankshafts, 16 connecting rods and pistons, 32 valves, 64 valve springs, 55 ball races, 29 gears – plus eight in the oil pumps – two superchargers, four oil pumps, two water pumps, four camshafts and in all some 3,500 individual component parts’. (https://www.bonhams.com/auctions/20145/lot/130).

Maserati Tipo V4 Sedici Cilindri, Formule Libre Grand Prix, 1929-’30. Replica

Gli anni alla fine della decade del Venti, inizio del Trenta, furono caratterizzati, in campo automobilistico, da una serie di innovazioni che trascendono sia la dimensione post-pionieristica o artigianale, ancora vitale in Italia, sia la grande produzione di auto di serie, soprattutto negli Stati Uniti. Dal 1925 in poi, di una serrata concorrenza alla ricerca di comode e grandi carrozzerie, di innovative soluzioni meccaniche, di motori sempre più potenti, elastici, silenziosi, di accessori e confort. All’epoca delle “follie”, sul finire degli Anni ’20, alla spasmodica ricerca di cavalli, le Case automobilistiche si dedicarono… alla moltiplicazione dei cilindri, giacchè la ricerca di confort significava anche l’incremento del peso.

Il motore Cadillac V16 fu la prima macchina automobilistico con tanti cilindri. La produzione fu mantenuta per undici anni e fu una garanzia sicura di prestigio. L’enorme propulsore, offerto sul mercato nel 1930, stupì per la profusione di tecnologia e per il disegno, opera di Owen Nacker. Sviluppato per poter competere con Packard, soprattutto, Cadillac pensò di assumere il miglior ingegnere di Marmon Motor Co., Nacker, che da tempo lavorava sul motore a 16 cilindri. Il V16 a 45°, di 7.4 litri, risultò una meraviglia, installato sulla opulenta Serie 452. Nel primo anno, il 1930, quando la ‘Gran Depressione’ ancora non aveva dispiegato tutto il suo malefico potere, Cadillac vendette 2.500 unità, 750 nel 1931, appena 300 nel 1932 e 49 ogni anno dal 1935 al 1937. Il prezzo   elevato della Serie 452 (circa 7.000 dollari, quando una Ford A si poteva acquistare a meno di 400) contrasse le vendite e non permise di realizzare profitti, ma il prestigio, a qualunque costo, pare essere stato il movente in casa Cadillac per continuare la deficitaria produzione. Il motore V16 con i suoi 165 cavalli era pure assai attraente esteticamente. Tanto la ingegneria, come il disegno, sia della splendida autovettura nel suo insieme, nelle varie versioni, sia del 16 cilindri, perfettamente equilibrato, senza vibrazioni di sorta, permettevano una guida silenziosa e soave, una accelerazione per l’epoca (quasi) bruciante, una velocità massima elevata, un confort di marcia ineguagliabile. Viaggiare  accompagnati da una sinfonia motoristica piena di armonie…

Nel 1931 venne posta in vendita anche la Marmon V16, a 45°. Il motore della MarmonSixteen era fatto quasi interamente in alluminio, per ridurne il peso.  Come i propulsori più all’avanguardia esso adottava canne dei cilindri in acciaio stampato. Per varie caratteristiche  la Marmon era addirittura tecnologicamente superiore alla coeva Cadillac. Tuttavia, solo 400 Marmon Sixteen furono prodotte tra il 1931 ed il 1933.

 In Europa le risorse erano più limitate. Con una idea che oggi appare sconcertante, ma che all’epoca risultò pragmatica per ottenere potenza senza necessità di stravolgimenti progettuali (cioè dover ridisegnare tutto) su chassis già esistenti, alcuni produttori di autovetture da competizione decisero di raccogliere la sfida di nuove potenze, affiancando ad un motore… un altro motore identico! Si trattò dei motori ad “U”, costituiti da due unità indipendenti, rese solidali da gruppi di ingranaggi che di solito agivano sull’unico cambio e differenziale, che potevano essere alloggiati su telai già esistenti. Il risultato erano molti cavalli “a buon prezzo”, ma anche nuovi problemi: consumi assai elevati, assetti e potenze quasi ingestibili, rapida usura delle gomme, impianti frenanti, spesso ancora meccanici, neppure idraulici, ovviamente inadeguati. I motori ad “U” non hanno avuto fortuna, seguiti. 

Alla Bugatti, per aumentare la potenza delle Type 35 da Grand Prix, si pensò di unire due 8 cilindri della 35 B ed ottenere un’unità motrice di grande potenza (240 Cv.), coadiuvata da un compressore volumetrico Roots, distribuzione monoalbero con 3 valvole per cilindro. Ognuno dei due 8 cilindri, provvisto del proprio albero motore, era collegato all’unico albero di trasmissione attraverso una cascata di ingranaggi. Fu la Type 45 del 1929. Ma Ettore Bugatti considerò poi troppo rischioso il prosieguo dello sviluppo, per la preoccupante inaffidabilità del motore e la scarsa tenuta di strada. Esattamente come nel caso della Bugatti, pure la Maserati decise, nel ’29, di affiancare due motori 8 cilindri bialbero (con un angolo di 25° tra le due bancate). La potenza massima erogata generava un consumo assai elevato di olio, carburante (con due grandi serbatoi, quindi) e di pneumatici. Alfieri Maserati la pilotò personalmente al debutto, il Grand Prix di Monza del 15 settembre 1929, giungendo secondo. 

Il reparto corse dell’Alfa Romeo, diretto da Enzo Ferrari, doveva sostituire la P 2, ormai a fine carriera; la stessa 8C (o P 3) in allestimento non appariva, nelle premesse, allo stesso livello delle nuove possenti MercedesBenz SSK. La struttura ad U non era stata un successo per nessuno, essendo più pesante di un equivalente motore a V, più assetato di benzina, olio, pneumatici, avendo due alberi a gomito e necessitando di una biella a “Y” di ardua progettazione, non solo di un buon trattamento termico degli acciai. Il progettista Vittorio Jano rimise mano alla P 3, dotata di un motore ad otto cilindri in linea con un sistema di sovralimentazione volumetrica; auto che non reggeva, tuttavia, il confronto con le nuove potenti “frecce d’argento” tedesche, Mercedes-Benz ed Auto Union. Così Mussolini, personalmente, nel 1935, chiese ad Enzo Ferrari di fare qualcosa. L’idea, che oggi fa sorridere, partorita da Ferrari e sviluppata da Luigi Bazzi, fu d’installare su di un telaio P 3, adattato, due motori 8C, uno posteriore ed uno anteriore, in modo da raddoppiare cilindrata e potenza. Il risultato fu qualcosa di sublime ed assurdo, l’Alfa Romeo 16C Bimotore. Una creatura infernale, con oltre 500 CV di potenza distribuita su 4 ruote alte e strette, un mostro ruggente uscito da un girone dantesco, di guida assai ardua. L’Alfa Romeo sviluppò in seguito motori V16, con la Tipo 162 e la Tipo 316. La 316 consisteva in due blocchi di motori 8L disposti con un angolo di 60°, ognuno con proprio albero motore e compressore, disegnato da Wifredo Ricart, di 350 CV, sulla base della Tipo 312 V12 a 60°, progettata da Gioacchino Colombo. Debuttò al Gran Premio di Tripoli del 1938. L’Alfa Romeo 316 Grand Prix fu guidata nelle stagioni 1938 e 1939 da Giuseppe, ‘Nino’ Farina e da Clemente Biondetti, senza un grande successo. A causa della guerra il prototipo della Tipo 162 V16 non scese mai in pista. E da allora le Case italiane rinunciarono definitivamente a tale tipologia motoristica.

Negli Stati Uniti, Harry Miller, disegnatore e costruttore di autovetture, installò un motore V16 – che egli aveva apprestato per una Cord “Supercar” – su di un chassis preparato per la 500 Miglia di Indianapolis del 1931, guidata da Shorty Cantlon. La Miller 16-cyl. risultò competitiva, ma inaffidabile. Bryan Saulpaugh con il bolide si qualificò poi terzo per l’ ‘Indianapolis’ del 1932, ma dovette ritirarsi per la rottura dell’impianto di lubrificazione. Tale tipologia di motori non ebbe seguiti nelle competizioni in USA.

I motori V16 apparvero in Europa nella sfida della ‘classe Grand Prix’ (antenata della F1, varata nel 1950) tra le Case tedesche, tra il 1933 e l’inizio del conflitto. I motori V16 della Auto Union, montati posteriormente, avevano un unico albero motore e giunsero ad erogare la potenza, all’epoca mostruosa, di ben 550 CV. Con la Auto Union streamliner V16, Bernd Rosemayer stabilì il record di velocità con 432 km/h. ed al volante della stessa morì il 28 gennaio 1938, alla ricerca di un nuovo, strabiliante record. La Mercedes, dal canto suo, produsse il Daimler-Benz DB 602, un motore d’aviazione V16, sviluppato a partire dal 1933, ma usato solo per i due dirigibili della ‘classe Hindenburg’…

Si riparlerà di 16 cilindri con la BRM V16: un longevo motore inglese da competizione, 1500 cc., con turbocompressore, della fine degli anni ’40, che debuttò nelle corse nel 1950. Più recentemente, e per la circolazione normale, la Bugatti Veyron EB 16.4, nel 2005. La Veyron monta un motore W16 di 7.993 cm³ di cilindrata, composto da 2 coppie di 2 bancate a V stretta di 4 cilindri ciascuna disposte tra loro con un angolo di 90°. Ogni cilindro ha 4 valvole, per un totale di 64. Il propulsore è sovralimentato mediante 4 turbocompressori, grazie ai quali eroga 1001 CV (1200 CV nelle versioni ‘Super Sport’ e ‘Grand Sport Vitesse’) per una velocità superiore ai 400 Km/h. Propulsore ereditato nel 2016, con modifiche, dalla nuova Bugatti Chiron. Che nell’agosto 2019 ha raggiunto la fantastica velocità di 490,484 km/h.

Concept coupé Maserati Alfieri, 2014

Nel clima di ottimismo generato dal centenario della Maserati, dalle molteplici manifestazione connesse, nacque la sensazione di un futuro brillante, di grandi successi in ogni continente, in un crescendo di trionfalistico (ed illusorio) tripudio, diffusi dai media specializzati.

                      

Titolava però ‘La Stampa’ lo scorso 2 febbraio, gettando acqua su facili entusiasmi:

        Maserati, il futuro parte da Modena. Nel 2020 un nuovo modello. 

     In autunno prenderà il via l’aggiornamento delle linee di montaggio dello storico stabilimento. (…). Un adattamento necessario per predisporre la produzione dei futuri modelli. Dovrebbe trattarsi del coupé Alfieri, che sarà proposto anche con carrozzeria spider. Intenti che fanno ben sperare in un momento non particolarmente roseo per l’azienda: nel 2018, infatti, le consegne di Maserati sono scese del 32% a poco meno di 35 mila pezzi, a causa soprattutto della minore domanda in Cina e di un’offerta di prodotto datata. Ne conseguono ricavi ridotti del 34% a 2,663 miliardi ed un utile operativo in caduta libera al -73%, a 151 milioni’. 

E, pochi mesi più tardi, l’analisi del primo semestre del corrente 2019 presentava una situazione ancor più compromessa, affatto ottimistica, come scriveva Franco Oppedisano il 1 agosto su Il Sussidiario:

          FCA. Brasile e Usa salvano il Gruppo dai disastri di Maserati e Alfa Romeo.        

‘Fca è riuscita a presentare dati semestrali non negativi. La situazione per il gruppo di Manley è però tutt’altro che semplice e buona. Grazie al solito Brasile che nei momenti difficili non manca mai di dare il proprio contributo positivo, e ai grandi fuoristrada americani venduti negli Stati Uniti che hanno migliorato il mix dei prodotti, Fca è riuscita a presentare dei conti del secondo trimestre che non si possono definire buoni, ma solo passabili, e a ribadire gli obiettivi annunciati per fine anno. (…) I numeri di Maserati, quella che doveva essere la gallina dalle uova d’oro del Gruppo, sono da brivido, con vendite e ricavi quasi dimezzati e un margine negativo per 119 milioni di euro, come a dire che ogni volta che ha venduto una delle 4.200 auto immatricolate, Maserati ha perso più di 28 mila euro. Un  disastro evidente…’.

Logo Maserati

Sic transit gloria mundi,  dicevano i latini, e pure oggi la realtà del successo  (o la  speranza dello stesso) può mutare rapidamente. Che gli dèi dell’auto salvino la vecchia, rattoppata, gloriosa Maserati, orgoglio d’Italia,  l’impresa fondata – nel fatale 1914 – dai fratelli padani di pochi studi ed origine modesta, ma con il coraggio, l’olfatto e la capacità dei grandi di sempre: che nel lontano 1929 costruiva, artigianalmente,  l’ ‘Auto più veloce del Mondo’. 

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Gianni Marocco

Gianni Marocco su Barbadillo.it

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