Il caso/2. La destra di Galli della Loggia e la necessità di cambiare l’Unione europea

Le frecce tricolori, di Tullio Crali

Leggo sempre con attenzione gli editoriali di Ernesto Galli della Loggia, malgrado io sia molto lontano dalla cultura liberale di cui egli è fra i principali esponenti, non solo in Italia. Quello apparso oggi sul Corriere della Sera – “Perché la destra è così forte in Europa” – merita qualche riflessione, proprio a partire dall’analisi, in gran parte condivisibile, delle dinamiche in corso nelle società europee.

Galli della Loggia prende atto innanzitutto che l’avanzata delle destre avviene nel segno del crescente consenso riscosso da leader che, lungi dal ricorrere alla violenza – come fu invece nell’avvento dei regimi autoritari – mirano alla conquista del potere attraverso la via democratica (e qui viene smontato uno degli assiomi della sinistra, che vede nella miscela di odio e paura l’innesco della violenza e il rischio del ritorno del fascismo). Fra l’altro, una tale ammissione conferma che liberalismo e democrazia sono categorie ben distinte.

Due sono poi le cause che, secondo l’illustre editorialista, stanno alla base di quei successi: in primo luogo, la presenza di “una grande potenza reazionaria” – la Russia di Putin – che ha preso il posto, sulla scena continentale, degli Stati Uniti, protagonisti si un “ritiro suicida”. In secondo luogo, un risorgente, diffuso nazionalismo.

Su quest’ultimo punto, non si può che convenire con Galli della Loggia circa il carattere “introflesso e difensivo” di tale nuovo nazionalismo, che comporta, ad esempio, una forte esigenza di tutela richiesta alle classi politiche dei vari paesi, sia sul terreno delle identità culturali e religiose minacciate che su quello del lavoro, della produzione, della demografia. Simile atteggiamento, nota l’Autore, non può che sfociare nella chiusura verso l’esterno e verso il nuovo, in particolare sotto forma di innovazione tecnica.

A proposito d’identità, qualche parola va spesa riguardo alla Chiesa di papa Francesco: Galli della Loggia parla infatti di una persistente identità cristiana, pur in presenza di un forte ridimensionamento dell’osservanza generalizzata, e, diciamo pure, di un crescente ateismo pratico. Anche la Chiesa partecipa dunque dell’accennata inversione di tendenza, parallela, in certo qual modo, a quella del colonialismo classico: così il cristianesimo, e in particolare il cattolicesimo romano, sembra aver abbandonato o almeno sfumato la sua funzione missionaria, di diffusione del Vangelo, a vantaggio della pura e semplice accoglienza e assistenza ai poveri; un po’ come le potenze già coloniali, invece d’inviare per il mondo eserciti e, appunto, coloni, si dispongono a ricevere flussi di migranti da ogni dove. E allora la volontà di potenza, la spinta espansiva, sembrano essersi trasferite in capo a entità sovranazionali non sempre visibili e comunque incontrollabili.

Riguardo all’esigenza di difesa, che sarebbe alla base dei successi delle destre, essa viene manifestata soprattutto dai ceti più esposti, in quanto meno dotati di risorse materiali e culturali, e si traduce nel ritorno – auspicato da strati crescenti dei popoli europei –  ad una piena sovranità nazionale, rispetto al Moloch di Bruxelles e di Strasburgo, sempre più visto come soggetto ostile e infeudato al Mercato globale. Qui però va sottolineato che una destra avveduta, nel reagire alla mondializzazione – e reagire bisogna, a mio avviso – dovrebbe mirare ad una profonda trasformazione di quell’Unione Europea senza radici, che oggi risponde essenzialmente a criteri finanziari e burocratici, nella prospettiva della costituzione di un soggetto politico su base confederale, dove le istanze sovraniste, le tradizioni, le lingue e le culture dei singoli Stati andrebbero armonizzate.

Va da sé che in tale quadro, chiudersi al nuovo, e in particolare alla tecnica in forma digitale, non avrebbe senso e sarebbe addirittura suicida. Del resto, proprio le destre del Novecento, con il fascismo italiano a far da battistrada, sono state gli alfieri della modernità, nel segno della Tecnica: di quella missione, ora, bisogna prendere e portare avanti il testimone. 

Ultima considerazione concerne l’errore fatale della sinistra post-marxista, rilevato da Galli della Loggia e dovuto a una malintesa attualizzazione dello storicismo: “… dimentica del Manifesto di Marx ed Engels, la sinistra, infatti, nel corso della sua lunga vicenda si è sempre più andata rafforzando nell’idea che a opporsi al nuovo, al cammino della storia (sempre infallibilmente positivo) non potessero essere che i grandi interessi, le classi dominanti, conservatrici per definizione, mai le classi inferiori, e che quindi il proprio posto non potesse che essere sempre dall’altra parte, a favore di ogni innovazione”.

Che la sinistra stia scontando questo errore con la progressiva, generalizzata perdita di consensi, è sotto gli occhi di tutti e la ventata populista si spiega proprio con questo riposizionamento, per cui le sinistre appaiono come alfieri della finanza mondialista, dell’abbattimento dei confini, delle oligarchie dominanti, della demonizzazione delle identità (anche sotto l’aspetto linguistico; tanto per limitarci a piccoli esempi di casa nostra: sono sempre più frequenti gli slogan pubblicitari in inglese e spesso non si traducono in italiano i titoli dei film americani). E su questa linea, si colloca anche la Chiesa bergogliana come soggetto politico, più che come Istituzione religiosa. Tali sono dunque i processi in atto, da conferire qualche fondamento all’abbandono – o al ridimensionamento – del discrimine destra/sinistra, a favore di quello fra i ceti alti e ceti bassi, fra difensori dell’establishment – i nuovi conservatori? – e fautori del cambiamento, nel nome della sovranità dei popoli.

@barbadilloit

                        

Giuseppe Del Ninno

Giuseppe Del Ninno su Barbadillo.it

Exit mobile version