La polemica. Una (de)generazione allo sfascio e i responsabili del mancato futuro

ribellioneUna DeGenerazione. Quella che racconteremo in futuro è la devastazione di una intera generazione. Un delitto di stato. Minuscolo. Lo stato intendo. Ci sono riusciti. Finalmente ci hanno convinto. Qualche flebile resistenza l’abbiamo tentata durante questa lenta agonia alla quale ci hanno costretti. Un sottile gioco sadomaso. Mentre ci tenevano fermi picchiandoci noi lì stavamo a godere fra i lamenti. Godendo del nostro ruolo di vittime incolpevoli e perciò assolte. Ma l’assoluzione è frutto di una relazione fra prete e credente dalla quale rinasciamo, un nuovo io purificato e pronto a riaffrontare il mondo con un rinnovato impegno. Qui è un’assoluzione che ci auto inculchiamo. Non vi è rinascita perciò, ma un lento sprofondare nell’ozio ricreativo, non più creativo, una ragnatela di rassegnazione che infittisce il nostro agire.

Hanno vinto loro, e non basteranno i Severgnini a implorarci ipocritamente di rimanere a lottare per conquistare un nostro piccolo spazio. Non hanno tutti il carisma, le capacità, la forza di farlo, di lottare. Una lettera gira nei siti internet e sui social network: l’ha scritta un lettore di Severgnini appunto, che invita i giovani a fuggire dal nostro paese, per non essere sviliti da un continuo affronto alle proprie tasche a causa di tasse spropositate. Un appello che si unisce a quello dei “maestri” più adulti che ci spiegano quotidianamente quanto è bello lavorare all’estero mentre sorseggiano il caffè dal loro ufficio che presidiano e presidieranno vita natural durante.

Riflettevo su questo e pensavo a me, ai miei amici, nuovi e vecchi. C’è in tutti noi una nuova chimera, che affolla i desideri di questi insonni precari che siamo… L’Eden dei precari, una nuova terra promessa per i disoccupati: l’Australian Dream. Fra una bottiglia di rosso e un buon Southern Comfort alle nostre cene arriva il momento in cui ci si lamenta del nostro paese e della crisi in cui agonizza. Ma da ipocriti, perché siamo viaggiatori di fantasia e farneticanti. Fino a poco tempo fa. Ora ci vedi seri e convinti, informati. Di alcuni non fai in tempo a chiederti “Chissà se poi lo hanno fatto” che ti arriva sul telefono il loro nuovo numero straniero. E quasi li vedi ancora lì, dinanzi a te, quella volta che ci parlasti e loro sognanti, iniziavano a vagheggiare fra campus americani dove poter fare ricerca con tutti i criteri necessari, o raccontare del progresso dell’India nel campo della alla tecnologia. Chi invece ha dato una chance all’Italia dopo aver fatto un corso in cinema digitale in America, ha presto deciso di ripartire verso la terra dei canguri.

Ma non solo studiosi. Amici, giovani imprenditori, che sono partiti dopo un lungo e commosso abbraccio alle proprie famiglie, in Polonia o altrove a reinventarsi per sopravvivere. Va bene.  È giusto così. È stupendo viaggiare. Ma quando si sceglie di farlo. È sublime confrontarsi con le nuove culture. Ma quando non sei costretto a fuggire come un ladro dai posti che ami e dai tuoi spaghetti fumanti con il pomodoro dell’orto che tuo padre cura da quando è in pensione. Io accetto di mangiare hamburger per tutta la vita, fish and chips e se servirà anche di rinunciare alle mie pagnotte al burro per un chapati indiano. Ma a qualche condizione. E la dico a Voi.

In quanto a Voi, infatti, responsabili della diaspora di una generazione, siete irriconoscibili, vero. Godete dell’incognito. Perché siete troppi, e ognuno può riversare sull’altro le colpe. Ma ognuno di voi lo sa, quale parte ha avuto in questo naufragio. Ma mentre dalle vostre esistenze tranquille, dall’alto della nave dei vincenti con baro, mentre ci spingente nell’oceano calandoci forzatamente su queste piccole scomode scialuppe di salvataggio, assicurateci almeno l’onore delle armi. Non giocate più sui soliti luoghi comuni dei bamboccioni e dei vagabondi, voi privilegiati di cui stiamo pagando i decenni di festa. Ammettetelo, almeno nel momento del dirci addio. Urlatelo anche a mo’ di beffa: “Siamo stati degli stronzi”. Non vi chiediamo di provare vergogna, ma nello stile di un “Amici miei”, ci accontentiamo di subire un’ italianissima e non ipocrita presa per il culo. Partiremmo con un sorriso e ci sentiremmo meno inadeguati. E non vi disturberemmo neanche nella perniciosa raccolta delle ultime briciole.

Guerino Nuccio Bovalino

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