Cultura. “La Notte Ultima Edizione”: Nino Nutrizio pioniere del boom della cronaca nera

Nino Nutrizio con il suo quotidiano La Notte

La recente pubblicazione di un bellissimo libro fotografico tratto dagli archivi del quotidiano milanese La Notte – “Ultima edizione” a cura dei fotografi Alan Maglio e Luca Matarazzo e del cronista dell’Ansa Salvatore Garzillo, pubblicato da Milieu Edizioni (250 pagine, 39 euro) – è l’occasione per riparlare della grande “cronaca nera” degli Anni 60/70/80 e di un giornale che, a suo modo, ha fatto scuola ed ha anticipato i tempi.  (Qui il link alla recensione di Mario Ciriello)

Ma è anche l’occasione per riscoprire un giornalista che in vita non ha ricevuto i tributi che avrebbe meritato: Nino Nutrizio, fondatore e creatore de La Notte, che ha diretto per 27 anni ininterrotti, record italiano dalla seconda metà del Novecento in poi. Indro Montanelli, che di giornalismo e di giornalisti se ne intendeva, lo definiva «Un uomo a caldo in questo mondo di pesci Findus»; mentre per Livio Caputo, che gli subentrò alla direzione de La Notte nel 1979, «Nino è stato tra i più importanti giornalisti italiani e un grande innovatore».

E pensare che quando iniziò l’avventura alla guida del nuovo quotidiano pomeridiano, nel 1952, per alcuni Nutrizio era un vecchio arnese fascista e per altri solo un modesto cronista sportivo, che non avrebbe mai potuto andare al di là di un articolo sulla partita di calcio. Le cose andarono così. Carlo Pesenti, un imprenditore cementiero che oggi definiremmo di centrodestra, pensava ad un giornale in grado di contrastare a Milano gli organi d’informazione del pomeriggio (Milano SeraCorriere Lombardo e Corriere d’Informazione) a suo avviso troppo schierati con i partiti di sinistra. L’anno successivo erano in programma le elezioni politiche e la stampa comunista e socialista batteva il tamburo contro la cosiddetta “legge truffa” della Dc. Pesenti voleva affidare il nuovo giornale a una figura non troppo schierata e soprattutto fuori dai giochi, che si occupasse della “macchina” senza interferire troppo sulle scelte politiche dell’editore.

La scelta cadde su Nino Nutrizio, che all’epoca aveva 41 anni ed era un modesto cronista sportivo, già redattore del Corriere di Milano (chiuso nel 1950), caposervizio del Corriere Lombardo e in quel momento free-lance ante litteram per mancanza di un posto fisso. Più avanti vedremo i motivi di questa modesta carriera giornalistica.  Nutrizio accettò con entusiasmo e si circondò di una piccola redazione composta da giovani emergenti e alcuni collaudati professionisti. L’obiettivo era di confezionare un giornale della sera ricco di cronaca, sport e informazioni sulla vita quotidiana, grazie al quale veicolare pure idee politiche moderate e conservatrici, senza schierarsi apertamente per i partiti che le rappresentano (Dc, Pli, Msi). Anni dopo Nutrizio ebbe modo di sottolineare, con una punta di orgoglio, di esser stato l’unico direttore al mondo assunto con un contratto che prevedeva un periodo di prova di tre mesi. Per giunta in un giornale a scadenza, visto che avrebbe potuto chiudere poco dopo le elezioni.

Il primo numero de La Notte uscì in edicola il 7 dicembre 1952 e fu un flop clamoroso: il giornale vendette appena mille copie. Ma ben presto il modello-Nutrizio  – cioè notizie di cronaca “sparate” in prima pagina, molto sport, pubblicazione del listino pomeridiano della Borsa, rubriche di cinema e di spettacoli, il “borsino” dei prezzi nei mercati rionali – riuscì ad affermarsi. In pochi mesi La Notte aumentò le vendite a dismisura e sorpassò gli altri giornali pomeridiani, giungendo a vendere nei momenti di punta oltre 200 mila copie.

Il giornale che avrebbe dovuto restare in vita per pochi mesi camminava sulle sue gambe, anzi correva. Tant’è vero che l’editore Pesenti si guardò bene dal chiuderlo. Anche perché Nutrizio, che ai suoi occhi avrebbe dovuto essere solo un onesto uomo-macchina, si rivelò invece un direttore coi fiocchi. I suoi editoriali politici, scritti con stile semplice e schietto, venivano attesi con impazienza dai lettori, che spesso a metà pomeriggio aspettavano fuori dalle edicole l’arrivo dei furgoni con le copie de La Notte. Persino i lettori di sinistra compravano il giornale di Nutrizio, attratti dalle notizie di cronaca nera, dagli articoli su Milan e Inter, dai grandi servizi dalla provincia, dalla pagina dei cinema (La Notte è il primo giornale a introdurre le palline di gradimento e le stelline della critica) e successivamente della televisione.

Lavorare a La Notte di Nutrizio non era facile né comodo. Si incominciava ogni giorno alle 6 del mattino per chiudere la prima edizione; poi si riprendeva per realizzare l’edizione Borsa delle 14 e infine, dopo pranzo, si tornava in redazione per preparare l’ultima edizione delle 17; ma a volte si restava in pista fino alle 20, per eventuali “ribattute”. Una macchina perfettamente oliata, guidata con mano sicura dal direttore. «La cosa più singolare e divertente – ricorda ancora Livio Caputo – era che i redattori gli davano del voi… Aveva un ascendente totale su tutti. Era il suo giornale e aveva completamente in pugno la redazione. Nessuno metteva in discussione la sua preminenza».

La “macchina” andò avanti per un bel po’ di anni anche dopo l’avvicendamento alla direzione, come ricorda Stenio Solinas, giornalista e scrittore, che lavorò a La Notte nei primi Anni 80 sotto la direzione di Caputo. «Si viaggiava a un ritmo forsennato. Si entrava in redazione alle sei del mattino, alle sette e mezza si chiudeva la prima edizione e a mezzogiorno la seconda. Poi di solito si cambiava turno, arrivavano altri giornalisti e preparavano l’edizione pomeridiana con i listini della Borsa. Avevamo redazioni locali in ogni provincia lombarda e oltre cento giornalisti, più tantissimi collaboratori. E poi potevamo contare su fotografi eccezionali. Da quella redazione sono passati grandi giornalisti come Vittorio Feltri, Carlo Rossella, Egidio Sterpa e Salvatore Scarpino».

Ma facciamo un passo indietro e andiamo alle origini dell’uomo Nutrizio e del perché di quell’oscura prima fase di carriera. Nino era nato il 10 febbraio del 1911 a Traù, in Dalmazia. Aveva studiato giurisprudenza senza però arrivare alla laurea e aveva cominciato giovanissimo a lavorare al Secolo XIX di Genova, occupandosi di sport. Dopo alcuni anni, sempre come cronista sportivo, era passato a Il Popolo d’Italia, il quotidiano fondato da Mussolini e poi diventato organo ufficiale del Pnf. Con lo scoppio del conflitto mondiale, Nino Nutrizio venne imbarcato come corrispondente di guerra sull’incrociatore Pola della Regia Marina, affondato nel marzo del 1941 nel corso della battaglia di Capo Matapan.

Nutrizio si salvò, ma venne fatto prigioniero dagli inglesi, che lo trasferirono nel campo di Yol, nell’India settentrionale, dove venivano “rieducati” i militari italiani che si rifiutavano di rinnegare il fascismo. A Yol rimase per sei anni: durante la permanenza forzata al campo 25 si distinse come allenatore di una squadra di calcio e di una di pallacanestro e come conferenziere, ogni sabato, su argomenti di attualità. La sua brillante commemorazione del Duca d’Aosta fece piangere l’uditorio.

L’Italia che ritrovò al suo rientro, nel 1947, gli chiuse due volte la porta in faccia. La sua Dalmazia non esisteva più, inglobata dalla Jugoslavia di Tito; e non c’era più neppure il suo lavoro, perché Nutrizio era stato “epurato” in quanto ex fascista e non poteva più esercitare la professione giornalistica. Grazie a un collega riuscì dapprima a trovare un impiego presso l’Inter, poi alcuni anni dopo un altro collega – l’antifascista Filippo Sacchi – lo aiutò ad entrare al Corriere di Milano, restituendogli lavoro e dignità.

Nutrizio restò al timone de La Notte per 27 anni, fino al 1979, quando ormai la sorte dei giornali del pomeriggio era irrimediabilmente segnata dall’avanzare della televisione e dei telegiornali a ogni ora del giorno. Lasciato il “suo” giornale, Nutrizio si ritirò a vita privata in compagnia della moglie, nei pressi di Firenze, dove morì il 20 ottobre del 1988. Non fece in tempo ad assistere al declino finale della sua creatura, che cesserà le pubblicazioni nel 1995.

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Giorgio Ballario

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