Musica. “You’re in my heart” di Rod Stewart: un amarcord lungo 50 anni

Rod Stewart pare uniforme e sorpassato, così mi è stato detto. Può esserci del vero, in effetti. Resta però un’icona, una delle ultime portatrici di una avanguardia diventata ormai tradizione originata dal beat. Semplicisticamente si potrebbe parlare di evoluzione. Dal beat al prog e poi, in seguito, il glam, vero e proprio brodo di coltura per David Bowie e per tutti quegli artisti sviluppatesi con una caratura differente ed eterogenea come Elton John per arrivare ad un punto estremo come i New York Dolls e quindi, nehli anni ottanta, gli Smiths e Morrissey. Il glam come una cascata.

Non da ultimo Rod Stewart. Ballate blues si intersecano a melodie pop il cui vitalismo è amplificato da una voce struggente ma al tempo stesso consolatoria, vibrante, mitragliata da emozioni.

Rod Stewart riunito in una compilation, come si sarebbe detto una volta, in cui riunisce tutte le hit della sua carriera. Questo l’intento di You’re in my heart. Brani riarrangiati ed eseguiti ex novo dalla Royal Philarmonic Orchestra. Prodotto da Trevor Horn, uscirà il 7 febbraio 2020 in doppio Lp.

Nel 1969, con un passato da calciatore, da beatnik, “Rod The Mod” entra in un gruppo, gli Small Faces, che successivamente si evolveranno nei Faces. Proprio attraverso lo spirito dei Mod e dei primi beat, con l’estetica a tratti naif della nostalgia nei confronti di un’utopica “meglio gioventù”. Un’estetica ed uno spirito glam che gettano il baronetto di Highgate nel panorama della musica pop, trasformandolo in maestro ispiratore, sulla soglia del mezzo secolo. Rod Stewart porta con sé un’eco di sixties¸ una versione edulcorata e meno provocatoria, a livello simbolico, di Beatles, Rolling Stones e Who, solo per citarne alcuni esempi.

La trasporta però in un nome sicuro da hit parade. La potenza del suono e della leggerezza consente di trasformare la musica pop da strumento di consumo a colonna sonora, giusto per rendere più durevole l’usa e getta.

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Stefano Sacchetti

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