Serie Tv (di R.Rosati). Perché The New Pope di Sorrentino è un nuovo capolavoro

The New Popei

Lo scorso 20 dicembre, presso la Casa del Cinema di Roma, sono stati proiettati per la Stampa i primi tre episodi della nuova, e da molti attesa, serie di Paolo Sorrentino, The New Pope, seguito del meraviglioso The Young Pope (2016, 10 episodi). Prima della visione, eravamo abbastanza convinti, poiché ripetersi nella grandezza è compito da titani, che nella sua nuova opera, Sorrentino non avrebbe purtroppo toccato  le altezze di quella precedente, che consideriamo, assieme all’X-Files (“The X-Files”, 1993 – 2002 e 2016 – 2018, 11 Stagioni, 218 episodi) di Chris Carter, come forse il miglior prodotto di sempre nella storia televisiva. Con gioia, possiamo affermare di essere stati sonoramente smentiti! Già, poiché The New Pope è un vero capolavoro. Certo, non tutti saranno concordi, specie per il fatto che in Italia, Paese in cui la invidia abbonda, il regista napoletano sta antipatico a parecchi. Ciononostante, i suoi successi e la particolare e complessa forma del suo cinema mettono sistematicamente a tacere osservazioni perlopiù faziose, superficiali e prive di preciso spessore critico. 

La serie in questione andrà in onda dal 10 gennaio su Sky Atlantic, e si comporrà di nove episodi, uno meno dell’altra, quasi che questa crociata della Tradizione intrapresa da Sorrentino nel raccontare il Vaticano, nonché il Cattolicesimo nella “Epoca Bergogliana”, si vada articolando prima in un decalogo e poi in una conclusione in un numero disparo, quindi imperfetto, proprio come l’attuale Pontificato. Insomma, il Papa argentino, quello dei “buon pranzo” e degli schiaffetti sulle mani a fedeli troppo espansivi, al quale non è la prima volta che muoviamo – non siamo affatto i soli, basta pensare ai Dubia che gli sono stati rivolti da teologi e persino da alcuni cardinali – critiche risolute, per il suo ridurre la Chiesa a mero fenomeno mediatico, il ripetere in modo compulsivo la “litania della accoglienza”, disinteressandosi dello Sprito, nonché per i suoi tentativi di tramutare il Vaticano in uno Stato qualsiasi. Ecco, Sorrentino, dimostrando un coraggio al giorno d’oggi non comune, si spinge ben oltre: il Francesco II presente nella serie, affrescato come una indecorosa macchietta, farà una mesta fine. Ragion per cui, quel messaggio che incitava al recupero di una ieraticità perduta, a causa del Concilio Vaticano II, onnipresente in The Young Pope, viene moltiplicato, quasi a lanciare un guanto di sfida sul volto del buonismo mainstream. Il tutto inserito in quel formalismo ostentato che taluni giudicano un grave difetto in questo cineasta, mentre noi lo consideriamo Arte. Ma si sa, i gusti son gusti, segnatamente in un ambito uterino qual è il cinema. 

Cosa dire del nuovo Papa? Il Giovanni Paolo III (Sir John Brannox) interpretato da John Malkovich non sfigura davanti al superbo Pio XIII (Lenny Belardo) di  Jude Law. Un inglese e un americano, anzi, un attore inglese nei panni di un americano e viceversa. Da qui il passo è breve, per capire la pungente intelligenza di Sorrentino. Quindi, da ciò che si è detto finora, possiamo accorgerci che in questa nuova serie di carne al fuoco ce ne è tanta. Ritornano, inoltre, gli altri personaggi di The Young Pope, talmente incisivi, che risulta difficile definirli dei comprimari: il camaleontico e sardonico Voiello (Silvio Orlando), l’umano e profondo Gutierrez (Javier Cámara) e la smaliziata e ambiziosa addetta al marketing della Santa Sede Sofia Dubois (Cécile de France). 

Non sarà affatto facile per Brannox prendere il posto del suo carismatico predecessore, il quale complicherà ulteriormente la situazione ritornando sulla scena. Due Papi e un solo scranno, vi ricorda forse qualcosa? No, non è un riferimento casuale. Del resto, sono bastati i primi tre episodi, per intuire che Sorrentino non ingrana la marcia indietro, bensì rincara la dose, e ciò, francamente, ci fa un gran piacere.

Immigrati cacciati dal Vaticano, un attacco a viso scoperto a Bergoglio e alle sue macchinazioni; siamo sicuri che stavolta il messaggio che molti hanno voluto ignorare in The Young Pope sarà impossibile da fraintendere. The New Pope, per mezzo di una narrazione abbastanza più “dialogata” della serie precedente, e con la sapiente gestione di un cast di notevole qualità, apre all’insegna dell’arte questo nuovo decennio, e lo fa nella forma del monito. La Chiesa, che si sia credenti o meno, per la sua storia, il valore identitario e l’abbacinante patrimonio d’arte che ha accumulato nel tempo, è una parte nodale dell’Occidente. Tale Istituzione è oramai in crisi: minacce interne ed esterne ne stanno sbriciolando le fondamenta. Una nuova guida che ne prenda le redini è necessaria, e Paolo Sorrentino, nel linguaggio ricercato, e non manierato, che gli è proprio, propone due alternative. Una incarnata da un Papa tutto Fede e cuore, istrionico, ma nel contempo santo. L’altra, invece, nella figura di un Pontefice colto e raffinato; uomo di mediazione, senza però avere la forza sufficiente per applicarla. Magari il cinema potesse raggiungere più spesso simili livelli estetici e intellettuali.

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Riccardo Rosati

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