Le radici di Fare verde/12. Nel 2005 Paolo Colli “va oltre”: l”eredità politica e spirituale

La cartolina ricordo di Paolo Colli, firmata dalla sua comunità

Il 25 marzo 2005 Paolo Colli ci lascia. La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno. Certo sapevamo del suo male, una leucemia contratta in Kosovo a causa dell’uranio impoverito. Insieme ad altri volontari fin dal 1999 Paolo aveva avviato un progetto di formazione e di educazione ambientale rivolto ai giovani albanesi e serbi senza distinzione di etnia.

Non a caso dopo quattro anni, nel 2003 era nata “Fare Verde Kosova” per iniziativa di ragazzi e ragazze di Gjakova e di Pristina. «Da Montalto di Castro Paolo è arrivato in Kosovo. Prima con aiuti umanitari, poi con la formazione e il sogno di superare il pregiudizio etnico esacerbato da una guerra sanguinaria. Centinaia di bambini serbi e albanesi hanno frequentato i corsi di italiano  e di educazione ambientale organizzati da Fare Verde. Altrettanti sono venuti in vacanza in Italia dove si confondevano fino a non farci capire più chi fosse il serbo e chi l’albanese. In Kosovo Paolo ci è andato per 6 anni, molte volte all’anno. Dopo 6 anni una leucemia ce l’ha portato via. Aveva 44 anni. E’ morto il 25 marzo 2005. Era Venerdì Santo. Non sapremo ami se l’uranio impoverito con cui è stato bombardato il Kosovo ha contribuito a scatenare la sua malattia. Ma sappiamo per certo che l’uranio impoverito è una delle pericolose scorie che ci lascia il nucleare “civile”. E’ anche per questo che presto torneremo sulle strade di Montalto con i nostri striscioni e Paolo nel cuore.» (Massimo De Maio, “Con Paolo nel cuore”: Fare Verde torna a Montalto di Castro per dire ancora no al nucleare, in Secolo d’Italia 26 marzo 2011). Nell’editoriale non firmato della rivista x Fare + Verde (presumo di Fabrizio Vincenti all’epoca presidente nazionale dell’associazione), che interpreta i sentimenti di un’intera comunità, è scritto: «Ora, sono, siamo qua a riordinare i pezzi di una storia che comincia ad essere lunga, a cercare di metabolizzare una ferita davvero profonda. (…) Tante volte ti ho, ti abbiamo detto che ne facevi troppe, ma ora nel toccarle mi stupisco, ci stupiamo lo stesso. Dove trovavi tutta quella energia? Ma quanti progetti avevi in testa? Quanta voglia di fare? (…) Mai un attimo per guardarti indietro, per compiacerti di quello che avevi fatto. Alla faccia del nostalgico… Eppure con quattro sciagattati, tua felice definizione, hai messo in piedi un’associazione che ha quasi vent’anni, hai allacciato rapporti solidi ed unito il diavolo all’acqua santa, hai creato una cultura ambientalista anche dove ve ne erano solo sparute tracce, hai intrecciato percorsi, sensibilità molto diverse in un progetto unico, davvero originale ed eretico negli intenti e negli strumenti utilizzati. Scorro il film, azzardo ad arrivare alla fine (…) Fare verde che fa? (…) mi accorgo che ci hai lasciato la chiave per continuare questo nostro percorso, tante volte sovrastato dalla tua personalità e dal tuo fare. Che non si chiama solo esempio (…) Ci hai lasciato qualcosa di più. Un’idea, un metodo, una linea per fare ambientalismo in modo originale e puro. E mi permetto di aggiungere in generale per vivere la vita in modo onesto, senza sporcarsi mai le mani.» (editoriale, in x Fare + Verde, n. 47 marzo-aprile 2005)

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Sandro Marano

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