Il caso (di G. Del Ninno). Il coronavirus cambia la vita svelandoci limiti effimeri

Coronavirus

In questi giorni di forzata clausura, ritrovo la lettera che segue – un po’ come il manoscritto di Saragozza – e ve la giro.

 

Buona giornata a tutti. Anzi, che dico, pessima giornata a tutti. Chi sono? Chi osa diffondere pessimi auspici, in un momento in cui tutti si aggrappano alla speranza? Ma diamine, sono il Coronavirus, il vostro Sovrano Incoronato, quello che vi ha cambiato la vita, togliendola a una parte di voi; quello che state cercando per neutralizzarlo e intanto ne divulgate pure la foto. Sì, l’ho vista quella foto: sembro una torta di fragole e panna, ma che credete, io non sono più “quello”. La mia forza – questo, almeno, l’avete capito – sta nella mia capacità di mutare, di sottrarmi ai vostri microscopi e ai vostri patetici farmaci. Veramente, dovrei dire “la nostra forza”, perché noi siamo legione, come diceva quello che s’illudeva di sconfiggere il nostro Principe, il Principe di questo mondo.

Voi avete nostalgia delle vostre città frenetiche e trafficate, delle luci dei vostri negozi e delle folle che riempiono i centri commerciali? Beh, anch’io ho le mie nostalgie, o forse no, ma se proprio devo riconoscerne una, la mia patria si trova dovunque si tengano fiere e  mercati, in quei centri rurali, dove ignorano i vostri “profumi e deodoranti”; in quelle terre dove la calca manda un afrore che si mischia alle poltiglie fumiganti dei banchetti di cibarie che non potreste mai mangiare senza ammalarvi; la mia culla è nascosta laddove col caldo la gente s’impolvera e col freddo s’infanga, in promiscuità con animali destinati al macello, e che voi non avreste mai incluso nella vostra catena alimentare.

Ma dovrei avere nostalgia anche di quello che tanti miei antenati hanno fatto dalle vostre parti, mentre voi, ignari, collaboravate con noi nel seminare morte e distruzione, fra roghi e decapitazioni, bombe al fosforo e campi di concentramento, trincee pidocchiose e gas venefici. Sì, abbiamo lavorato insieme, voi con i vostri imperi e noi con le nostre pesti, colera, vaiolo, febbri gialle, ebola e via via fino a noi, fino a me: il Coronavirus.

Lo so, prima o poi troverete un vaccino, come avete già fatto con tanti miei avi, o magari deciderò di sparire per un po’, lasciandovi nell’illusione di esservi liberati di me: ma io sarò sempre pronto a tornare, a diffondere le malattie che di volta in volta sceglierò e, soprattutto, a diffondere il panico, l’incertezza del vostro misero domani. Non sapete che siete tutti condannati a morte, fin dalla nascita? Questione di tempo, ma che volete che sia un anno, un decennio, di fronte all’eternità? Noi questo grande disegno l’abbiamo compreso: è per questo che non temiamo di morire con voi e di rigenerarci, perché questa è la legge del cosmo.

Sento invocare la scienza, il coprifuoco, le misure di polizia, le mascherine e i disinfettanti, e il blocco delle frontiere; rivedo l’assalto ai forni (oggi si chiamano supermercati) e la fuga dalle carceri, gli ospedali trasformati in lazzaretti. Credevate di aver relegato nel passato l’idea stessa del contagio, voi che appartenete alla civiltà della tecnica, le vostre nuove divinità, con il loro corteo di ninfe quali l’igiene, la medicina, e… come lo chiamate, il fitness, le beauty farm… Un pericolo lontano nel tempo, o almeno lontano nello spazio… via bacilli e virus, ci gridate, restatevene nelle vostre plaghe asiatiche e africane. E invece… Non sapete che per me non ci sono barriere doganali, non ci sono guardie confinarie? Noi siamo nel tempo e vinciamo lo spazio, un po’ come voi, ma noi siamo più letali e invisibili, anzi siamo letali perché invisibili; voi invece fate di tutto per apparire. Anche in questi giorni, l’unica attività che non si ferma è la rappresentazione televisiva, con tutto l’armamentario della tecnica e dell’ipocrisia, dove le buone intenzioni si mischiano e si snaturano in mille narcisismi, in mille polemiche volte a conquistarsi consensi e dunque potere, successo, fama. Tutto perché siete convinti che la base del Potere stia nell’apparire: avete dimenticato la saggezza primordiale di chi non voleva nemmeno la propria effigie sulle monete: imparate almeno da noi!

Certo, so bene che mi odiate perché sconvolgo le vostre confortevoli abitudini: l’aperitivo con gli amici, il relax in palestra, le settimane bianche, le crociere, le gite fuori porta, perfino la routine degli uffici, il torneo di burraco, chissà, le scappatelle extraconiugali, lo shopping, la messa, perché no?, le passeggiate col fidanzato (o con la fidanzata)… Ecco, se avessi una buona coscienza, mi potrei intenerire al pensiero di questi ragazzi che – non sapete per quanto tempo – dovranno rinunciare a vedersi, a baciarsi, a guardarsi negli occhi senza la fredda mediazione di WhatsApp o di Instagram (si chiamano così, no, queste vostre diavolerie?). Ma questa buona coscienza non ce l’ho: me la rido dei vostri sentimenti e della vostra depressione, delle vostre tempeste ormonali e del vostro sistema immunitario, ma anche delle vostre trasgressioni (perché lo so che siete incapaci di disciplina e, in questo, mi favorite. Non parliamo poi delle attività a cui non volete rinunciare, perché muovono montagne di denaro, come il calcio e la Formula Uno: la vostra cecità è pari solo alla vostra avidità. Grazie!).

So che mi avete celebrato nella vostra letteratura, quella cosa con cui oggi vi baloccate mentre siete asserragliati nella speranza di tenermi fuori dalle vostre case: cosa credete, li ho sentiti nominare i vostri autori, i Manzoni, i Camus, i Garcia Marquez, tutti morti, anche senza il mio intervento, ma tutti vivi nelle vostre memorie… Perfino io li sto ricordando; sì, vi hanno aiutato a capire qualcosa, vi hanno regalato qualche ora di conforto, ma non si sono sottratti alla Legge, quella  con la maiuscola.

Prima di congedarmi, voglio rivolgere un pensiero a uno della famiglia (anche in questo caso, dico “uno” tanto per dire): il virus capace d’imbrogliare anche le vostre più sofisticate tecnologie, quello che s’insinua nel web, nei vostri server, nei vostri computer. Anche lui, anche loro, sono dei Nostri, sono angeli della distruzione, ma anche Araldi del grande Ammonimento: non vi sopravvalutate con la tecnica, non dimenticate mai la vostra natura mortale, ma anche la grazia della risurrezione. E se ve lo dico io, che prima o poi mi estinguerò, per ritornare, potete credermi.

@barbadilloit

Giuseppe Del Ninno

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