Giornale di Bordo. L’estate e il sapore di sale, orizzonte virtuoso per la gioventù

Una immagine di sapore di sale 2

Cercavamo le armi di distruzione di massa. In Iraq. E invece erano in Cina

Sulle origini del virus se ne sentono di tutte. Molto nutrita, naturalmente, è la schiera dei complottisti, divisi fra quanti insinuano che la Cina potrebbe aver realizzato il virus in vitro per destabilizzare l’Occidente – fra loro c’è persino un cardinale – e quanti invece ribaltano l’accusa contro gli Stati Uniti di Trump, interessati a mettere fuori gioco la concorrenza cinese. Ipotesi del genere furono avanzate anche della terribile epidemia di Spagnola, che fra il 1918 e il ’19 fece più morti della grande guerra. Gaston Bouthoul, uno dei più grandi polemologi del secolo scorso, riporta queste voci nel suo libro Le guerre, che lessi tanti anni fa, senza però avallarle. Gli studiosi seri spesso preferiscono all’indicativo il condizionale.

La concezione cospiratoria della storia, che mi sedusse in gioventù, oggi mi lascia piuttosto scettico. Dietro di essa scorgo sempre di più il desiderio inconfesso che le disgrazie da cui siamo colpiti o minacciati siano causate dai nostri nemici, e non dal destino e dalla natura. Dando la colpa dei nostri mali a qualcuno, c’illudiamo di alleviarli.

La spiegazione temo che sia molto più banale: nella Cina di oggi consuetudini di una società contadina e quasi tribale convivono con la realtà di una potenza industriale e tecnologica aperta al commercio mondiale. Da tempo le associazioni animaliste denunciano, oltre alla consuetudine di mangiare animali da compagnia, come cani e gatti, la diffusione dei mercati di animali selvatici vivi. I contadini inurbati spesso a forza nelle megalopoli conservano le vecchie abitudini e pretendono di nutrirsi di pipistrelli appena uccisi, anche perché la loro carne va presto a male. In realtà come queste potrebbe essere avvenuto il “salto di specie”, dall’animale all’uomo.

Non è mia consuetudine giudicare le consuetudini degli altri popoli, anche se ripugnanti, purché non pretendano di praticarle quando si trasferiscono in Italia. Del resto se i cinesi mangiano pipistrelli bolliti vivi, noi non trattiamo meglio le aragoste. E devo confessare di aver gustato come un francese rane fritte, in una trattoria di Viareggio purtroppo da tempo chiusa. Nella Palermo dei primi del Novecento nei casamenti popolari il latte era portato da un pastore che saliva le scale con una capretta e la mungeva sul posto. Ed è noto l’aneddoto sull’immigrato napoletano che, trasferitosi al Nord e ottenuta una casa popolare, utilizzava la vasca da bagno, che non aveva mai visto, per coltivare pomodori.

Il problema è che in Cina usi e abusi di una civiltà arcaica vengono tollerate in megalopoli cresciute troppo in fretta da autorità probabilmente preoccupate di non suscitare proteste popolari e di non contrastare i capricci di una ricca nomenclatura poco propensa a rinunciare a piatti gourmet come il cobra fritto o la zampa d’orso brasata. Wuhan, in cui l’epidemia ha avuto inizio, è una città di quasi dieci milioni di abitanti – undici con l’hinterland, – con dieci modernissime linee di metropolitana, che Roma se le sogna. Ma ci sono ancora mercati di animali vivi. La pandemia che ci sta cambiando la vita è partita di lì. E il regime comunista di Pechino ha fatto di tutto per nasconderla. Le armi di distruzione di massa che Bush Jr e Blair cercavano in Iraq si trovavano invece in Cina.

L’antica colonia marina di Piscinas in Sardegna

Possiamo permetterci un’estate senza mare?

Visto che la data del 3 maggio come conclusione della quarantena è solo indicativa, sono in molti a temere una crisi senza precedenti del turismo estivo, in montagna, ma soprattutto al mare. Fare il bagno con la mascherina è problematico e in certe spiagge liguri, dove gli ombrelloni sono uno addossato all’altro, attuare il “distanziamento sociale” sarebbe un’utopia. Già la saputa presidente della Commissione Europea ha invitato in un’intervista a non prenotare le vacanze estive. Sarò maligno, ma se Rimini o Forte dei Marmi si trovassero in Crucchia, dubito che l’avrebbe detto.

I politici si preoccupano soprattutto del futuro dei balneari, ed è più che comprensibile. Molti di loro hanno guadagnato anche troppo negli anni scorsi, abusando della loro posizione. In certi stabilimenti si arrivava a vietare ai bagnanti di portarsi dietro un panino e persino una bottiglia d’acqua: tutto doveva essere acquistato sul posto, per consentire ai gestori un doppio guadagno. Ma ci sono stabilimenti a conduzione familiare, con i titolari indebitatisi per rinnovare e mettere a norma le strutture, che, se la stagione non cominciasse, verserebbero in una drammatica crisi. La mia preoccupazione però va soprattutto alla salute sia fisica sia psichica dei giovani e soprattutto dei bambini, se la condizione di sedentarietà coatta e di internet-dipendenza delle settimane trascorse dovesse cronicizzarsi. Un’estate senza sole, senza bagni, senza corse sull’arenile o sui prati, potrebbe avere effetti non meno gravi di una primavera senza scuola, anzi forse di più. Oltre tutto, grazie all’abbronzatura a stare sulle spiagge si diventa neri. Da troppe scuole si rischia di uscire rossi.

@barbadilloit

Enrico Nistri

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