Sceriffocrazia, tutti pazzi per il governatore De Luca

Il presidente campano è il più apprezzato d'Italia. La sua forza? Usa un lessico più reazionario della destra

Vincenzo De Luca, foto dalla sua pagina Fb

Uno studio dell’Università di Siena, pubblicato da La Stampa, riferisce che il governatore più stimato dagli italiani è Vincenzo De Luca. L’ex sindaco di Salerno, a capo della Regione Campania, è apprezzato dall’80% del campione degli intervistati. Gli altri, quelli del Nord, seguono ben distanziati.

Che De Luca sia un fenomeno, lo scopre adesso solo chi ha dormito della grossa negli ultimi anni. Lo hanno chiamato sceriffo, qualcuno ha parlato del “feudo” di Salerno. A destra lo guardano con malcelata invidia, qualcuno anzi con frustrazione: ehi, perché Vincenzo De Luca fa tutto quello che vorremmo far noi ma che nessuno ci concede?

Un autocrate, a dispetto dei partiti (il Pd in primis)

Ecco, De Luca lo fa perché le cose se le prende senza chiedere il permesso a nessuno. Quando dice che è il Pd ad avere bisogno di lui e non viceversa, ne ha ben donde. Nel 2006, i Ds di Antonio Bassolino e la Margherita di Ciriaco De Mita decisero che a Salerno era giunta l’ora di cambiare. E candidarono a sindaco l’ex presidente della Provincia, Alfonso Andria. De Luca, da poco eletto al Parlamento, fiutò la malaparata: iniziò una campagna martellante e si ripresentò da solo, contro tutti, appoggiato da due sole liste civiche. Fu una campagna elettorale infuocata da cui il centrodestra si defilò, candidando l’Udc Marotta. Andria e De Luca andarono al ballottaggio: fu sfida vera, da un lato tutto l’apparato, dall’altro la ribellione, su un palco Antonello Venditti, sull’altro Carmen Consoli. Vinse De Luca, con poco meno del 57% dei consensi. La sinistra istituzionale non gliela ha mai perdonata, lui nemmeno. Agli attacchi replica attaccando. Alla boria replica con il sarcasmo tagliente, agli idealismi interessati replica invocando realismo e concretezza.

Quando è sotto pressione, De Luca dà il meglio. Come era successo nel 2006, anche stavolta il Pd stava per fargli le scarpe. C’era da consolidare l’asse di governo coi Cinque Stelle (che lo odiano) e che sul banco avevano messo l’ottima candidatura del ministro Sergio Costa. Intanto il centrodestra aveva iniziato una velenosa campagna napolicentrista, il governatore dipinto come un usurpatore straniero, calato a Napoli a capo di una banda di barbari longobardi di Salerno. Forse era stato per solidarietà longobarda che Clemente Mastella aveva, unico in tutta la Campania, da subito teso ponti a De Luca, accusando il centrodestra e da questo sfilandosi.

Effetto virus

Mancava pochissimo all’ufficializzazione della rottura. Poi è arrivato il virus. E nell’emergenza, De Luca s’è esaltato.

Ha fatto una campagna di comunicazione che l’ha portato a risultati tali da far impallidire persino le dirette Fb di Donald Trump. Ha disintermediato tutto, s’è rimesso la stella di sceriffo, ha trovato alcuni tormentoni fighissimi (non a caso Carlo Verdone gli ha riconosciuto un talento attoriale innato) e li ha sostenuti con investimenti pubblicitari sui social. Ma, soprattutto, ha impostato il suo rapporto coi cittadini parlando sempre di responsabilità. Non ha solo l’ha chiesta ai campani, ha lasciato intendere di essersela anche assunta tutta lui sulle sue spalle. Quando sono insorti i conflitti inter-istituzionali non ha frignato, come hanno fatto tutti. Non ha ventilato lesioni di diritti, non ha chiamato la gente in piazza, non ha pietito la considerazione e il rispetto a nessuno. Ha minacciato guerre politiche e ha lasciato intendere di avere mezzi, risorse e soprattutto la volontà di portarle fino in fondo. Mentre Conte tardava alle dirette social, mentre Fontana indossava mascherine, lui era precisissimo e puntuale: ogni venerdì, al pomeriggio: come sempre. Ci ha messo la faccia, ha citato il Vangelo e Stuart Mill ma senza perdersi in ghirigori astratti: quando ha imbracciato il lanciafiamme s’è fatto capire da tutti, anche dai giapponesi e da Naomi Campbell.

Uomo solo al comando

Dal punto di vista della comunicazione ha funzionato. Non solo ha fatto dimenticare le “fritture di pesce” ma anche il fatto che solo fino a pochissimi giorni prima della clausura generale, aveva tenuto aperti università e concorsoni. Vincenzo De Luca ha fatto capire di non aver avuto paura di mostrarsi come l’uomo solo al comando, e di averlo fatto senza aspettare che qualcuno gliene desse il permesso o che i social gli indicassero l’agenda. E’ normale che, di fronte a lui, ogni opposizione si sgonfia, si rimpicciolisca. Lui parla un altro linguaggio. Quello che la destra vorrebbe, ma non può.

@barbadilloit

Giovanni Vasso

Giovanni Vasso su Barbadillo.it

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