Lo Stato può sospendere le celebrazioni religiose?

L'analisi in punta di diritto: troppe lacune nei patti che regolano i rapporti tra l'Italia e il Vaticano

La messa interrotta, era officiata da don Lino Viola, il prete della frazione di Soncino (comune del Cremasco al confine con la Bergamasca)

C’è una questione di diritto ecclesiastico che scatena molti. Lo Stato non può regolare la Messa, né vietarla non avendo giurisdizione sui riti religiosi.

Rispondo: certamente non può, in circostanze ordinarie.

La Chiesa avrebbe dovuto recuperare (almeno come proposta) qualche vecchia regolamentazione del passato, quando non solo con autonomìa, direttamente decideva di questioni liturgiche nel caso di eccezione ma anche, possedendo autorità civile, disponeva in tema di salute pubblica per casi analoghi se non peggiori, come per la peste nera.

 

Quando non c’erano Giuseppi & Bergoglio e la Chiesa era grande e sovrana…..uguale: chiese chiuse, e messe da lontano (lo streaming ante litteram).

 

“‘…tutto intorno a Trastevere fu realizzata una grande palizzata in legno, presidiata da guardie che avevano l’ordine di sparare a vista a chiunque avesse tentato di uscire. In quelle aree si impose anche un rigido divieto di riunione e il divieto di svolgere funzioni religiose pubbliche nelle chiese e nelle sinagoghe.”

 

“la Congregazione di Sanità predispose un sistema di lazzaretti basato sulla rigida separazione dei ricoverati in luoghi della città distinti, destinati rispettivamente al ricovero dei malati, all’osservazione dei casi sospetti e alla convalescenza dei sopravvissuti. L’obbiettivo era quello di procedere celermente all’isolamento e al trasferimento degli infetti, con l’applicazione coatta della quarantena a tutte le persone con le quali fossero venuti a contatto”.

Inoltre, “la Congregazione di Sanità, su mandato del Pontefice, intervenne anche a regolamentare la vita religiosa della città introducendo notevoli limitazioni. Fu sospesa l’adorazione eucaristica comunitaria nel contesto della celebrazione delle Quarantore e vennero vietate le processioni e le prediche di piazza. Feste e cerimonie furono officiate a porte chiuse e le autorità ecclesiastiche arrivarono a privilegiare forme private e personali di devozione e preghiera”.

 

 

I Patti Lateranensi non prevedono esattamente quali siano le competenze di Chiesa e Stato nel caso di una situazione eccezionale come una pandemia. Lo Stato italiano decide di vietare le messe e di regolare i funerali, esercitando non un potere (che non ha) di natura ecclesiastica o liturgica, ma semplicemente esercitando la sovranità sul suo territorio e la sua competenza in materia di emergenza sanitaria. La Chiesa, non avendo eccepito alcunché con la sua gerarchia, a silentio, ha di fatto approvato e ratificato le disposizioni restrittive statuali che la toccano nel suo ministero. L’alternativa sarebbe stata un nuovo Patto emergenziale da stipularsi con lo Stato, con una procedura parlamentare successivamente lunga e aggravata, per concedere alla Chiesa di autonomamente predisporre accorgimenti liturgici e norme di sicurezza, nel caso di eccezione come quello che stiamo vivendo.

 

Il buon senso e la necessità di azioni rapide ha evitato tutto ciò, ma il problema dell’accesso ai sacramenti in cui il toccarsi e il toccare oggetti, strumenti, olii, acque, particole, etc. e le svariate forme devozionali (come baciare statue, etc.) che obbiettivamente potrebbero moltiplicare l’infezione virale, dovrà essere prima o poi affrontato dalla Chiesa stessa, affinché, se in futuro dovesse ripresentarsi la medesima situazione, Essa possa apprestare le migliori contromisure in accordo col potere temporale, senza dover necessariamente cancellare ogni funzione liturgica pubblica.

 

 

 

L’art. 14 dell’allegato accordo del 1985 lascia intendere che viene rinviato a tempi migliori una nuova pattuizione e la Chiesa accetta, a silentio, le disposizioni italiane non essendo appunto previsto il caso eccezionale di una pandemia. Se l’art. 5 (sull’intervento della forza pubblica) comma 2 è fin troppo chiaro nell’ aprire ad ingerenze esterne, tutto ciò lascia intendere che non bisogna più di tanto interpretare ma, appunto casomai, integrare.

 

L’etero-direzione suona male, anche se in questo caso è solo una supplenza alla sua inerzia di proposte. E’ probabile che comunque il protocollo l’abbiano integralmente deciso assieme.

 

Se poi la massima autorità vaticana approva per facta concludentia e la CEI stipula un protocollo ad hoc per la riapertura delle Messe, non c’è neanche più materia del contendere. Causa finita.

Resta un problemino circa l’amministrazione delle particole, che prevede come il celebrante non debba sfiorare le mani del fedele, lasciando quasi “cadere” l’ostia sulle mani. Ci si chiede se implicitamente sia vietata la comunione in bocca, dato che sarebbe di buon senso dedurre che chi non può (coi guanti) sfiorarti la mano, non possa neanche sfiorarti naso, lingua e labbra per poi riprendere la nuova ostia da amministrare al successivo fedele. Un divieto esplicito comunque non c’è. Siamo pur sempre in Italia.

Resta un mistero, forse della fedina ma certamente non della fede.

Pietro Ferrari

Pietro Ferrari su Barbadillo.it

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