Dominique Venner, ultimo cavaliere d’Europa. Non fu mai un “vinto”

Il focus di Gaetano Marabello, traduttore italiano del patriota autore di "Cuore ribelle"

Dominique Venner

Stavo dedicandomi alla traduzione di un libro, che una nipote acquisita del generale Edward Robert Lee dedicò al famoso condottiero della guerra di secessione americana, quando mi si è chiesto telefonicamente di tracciare un breve ricordo di Dominique Venner nel settennale della morte. Coincidenza davvero strana e significativa, avendo quest’ultimo dedicato alla terribile guerra civile Il bianco sole dei vinti  e Gettysburg, dove ha trasfuso la sua evidente simpatia per la sventurata causa della Confederazione sconfitta dalle sproporzionate forze del Nord protestante e industrializzato. Ad onta di questi e altri soggetti trattati, però, lo storico francese non fu mai un vinto. Né si sentì mai tale, anche se a uno sguardo superficiale il suo meditato suicidio nella Cattedrale di Notre Dame potrebbe indurre a crederlo. Il suo gesto estremo, compiuto “alla sera della vita”, fu dettato –  come scrisse a Boulevard Voltaire – unicamente dal “dovere di agire davanti ai pericoli immensi della patria francese ed europea”, che egli vedeva delinearsi chiaramente all’orizzonte. 

Una protesta fondativa

Esprimendo “un’intenzione di protesta e di fondazione”, quell’atto da antico romano incarnava “un’etica della volontà, mentre tanti uomini si fanno schiavi della loro vita”. Parole, queste ultime, che sembrano scritte oggi che l’umanità vive drammatiche giornate di terrore per la propria grama esistenza. Il più che normale abbarbicamento alla vita, indotto dal timore di contrarre il contagio, è stato esageratamente alimentato da un’incessante opera di terrorismo psicologico di qualche governo, interessato ad auto-conservarsi e pronto a sfruttare l’emergenza per varare qualche provvedimento altrimenti impopolare.      

Venner oggi sarebbe stato sicuramente critico verso questo modo subdolo di condizionare le coscienze dei cittadini impauriti oltre il lecito. Questi ultimi, del resto, sono già vittime da un lato del “comunismo di mercato” (termine coniato da Flora Montecorbier) cinese e dall’altro del globalismo occidentale, entrambi uniti nella messianica (o diabolica?) costruzione di un tipo di “uomo nuovo”. Sarebbe questo “l’homo oeconomicus dell’avvenire, lo zombi, l’uomo del nichilismo, vuoto di contenuto, posseduto dallo spirito di mercato e dell’Umanità universale”, cui Venner dedicò un bellissimo paragrafo del suo libro Storia e tradizione degli Europei (L’Arco e la Corte, Bari, 2019). In questi mesi di clausura indotta, i martellamenti unidirezionali della parola d’ordine dell’andrà tutto bene, delle comunicazioni fatte attraverso i canti esorcizzatori dalla finestra, dell’appello continuo all’igiene delle mani o all’uso di introvabili mascherine, dell’invito reiterato a donare quattrini alla Protezione civile hanno finito per diventare una vera ossessione che ha prodotto effetti psicologici a dir poco negativi per tutti.  Il paradosso più evidente sta nel fatto che europeisti convinti della bontà di quel mostro di egoismo, che si è dimostrata la Ue anche in questa disgrazia, hanno fatto un assillante richiamo ai sentimenti patriottici, invitando all’esposizione della bandiera nazionale e all’acquisto di prodotti nazionali con slogan in tutto degni dei detestati “sovranisti”. Abbiamo così assistito e stiamo assistendo all’ipocrisia di un sistema, che, con l’avallo compiaciuto e servile dei mass media, ricorre a tutti i mezzi per rendere il cittadino un suddito supino a talune parole d’ordine di quel politicamente corretto che Venner aveva stigmatizzato in tutte le sue opere. E così abbiamo visto la caccia al disobbediente di turno persino attraverso i droni, in una sorta di realizzazione sul campo dei più allucinati romanzi di fantasia del secolo scorso.

La polizia del pensiero in azione

Si è trattato appunto di una prova tecnica di sottomissione, nella quale, per dirla con Venner, “la polizia del pensiero dà la caccia al Male, cioè al fatto d’essere differente, individualista, di amare la vita, la natura, il passato, di coltivare lo spirito critico e di non sacrificare alla divinità universale” del mercato. In più, si è vista messa a nudo l’ipocrisia di certe campagne green, tanto strombazzate fino a pochissimi mesi fa sulla scia di una ragazzina portata alle stelle non solo dai coetanei, ma da tutte le autorità mondiali, ivi incluse quelle che hanno sulla coscienza il saccheggio delle risorse planetarie. E che l’ambientalismo venga usato strumentalmente a seconda dei momenti lo si capisce ora dalle tonnellate di guanti e prodotti di plastica, imposti senza arrossire nei bari e nei ristoranti per la protezione dal virus.

La deriva onnivora degli scienziati

E che dire della scienza, alle cui meravigliose scoperte son stati demandati, per non dire abbandonati, il nostro presente e il nostro futuro? E ciò, senza curarsi delle figuracce rimediate dall’OMS e dai tanti esperti nazionali comparsi ultimamente per dare la loro benedizione o meno alle misure adottate dai governanti. Si tratta di un altro aspetto della modernità stigmatizzato da Venner, che vi vedeva incarnata la volontà di potenza degli scienziati in un intreccio perverso di ricadute finanziarie in favore delle grandi multinazionali, interessate ad accaparrarsi questa o quella fetta di mercato mondiale di vaccini e di altri prodotti indicati come utili alla salvaguardia della nostra salute. A questo mondo degno delle allucinate pagine di Huxley e Orwell il nostro Venner opponeva quello al quale dedicò gran parte della sua vita: il mondo della tradizione europea, che allunga le sue radici nei secoli per approdare all’opera immortale di Omero.  Poteva mai accettare lo squallore che ci soffoca chi, come lui, sentiva d’appartenere al

“paese dell’albero e della foresta, della quercia e  del cinghiale, della vigna e dei tetti a punta, delle chanson de geste e dei racconti di fate, del solstizio d’inverno e del San Giovanni d’estate, dei bambini biondi e degli sguardi chiari, dell’azione ostinata e dei sogni folli, delle conquiste e della saggezza?”. 

Per avere la (peraltro ovvia) risposta, l’invito è a leggere le sue opere tradotte in italiano.

@barbadilloit

Gaetano Marabello

Gaetano Marabello su Barbadillo.it

Exit mobile version