“Lo scarafaggio” di McEwan: quando la satira spiega la realtà

Un racconto dove centrale risulta il ruolo della satire

Un particolare della copertina del racconto di McEwan

“Quella mattina Jim Sams, un tipo perspicace ma niente affatto profondo, si svegliò da sogni inquieti per ritrovarsi trasformato in una creatura immane. Per un pezzo rimase disteso sul dorso (non precisamente la sua posizione preferita) a osservarsi costernato i piedi lontannissimi, l’esiguità degli arti. Appena quattro, naturalmente, e pressoché inamovibili” (p. 7)

Metamorfosi kafkiana

Una metamorfosi kafkiana inversa, a tutti gli effetti. L’omaggio di McEwan a Kafka è manifesto sin dal titolo e l’espediente della metamorfosi ben sfruttato. Ma non poteva certo riproporre pedissequamente, in chiave contemporanea, la vita di Gregor Samsa per descrivere l’Inghilterra di oggi. L’obiettivo di questo testo, infatti, non è quello di indagare l’intimità dell’animo umano, in quanto singolo, e della sua crudeltà di fronte a quello altrui, e far luce sull’incomunicabilità tra simili, così come ha fatto Kafka. O forse è uno tra gli obiettivi.
È sufficiente sfogliare poche pagine per ritrovarsi catapultati in un immaginario distopico, si potrebbe osare dire. Allo stesso tempo, però, è ben evidente anche l’ispirazione alla letteratura più classica del mondo inglese, quella di Jonathan Swift, e nello specifico al libro “Una modesta proposta”, pamphlet satirico sull’iniquità delle discriminazioni sociali nell’Irlanda della prima metà del ‘700. Alla stregua di Swift, l’autore cerca di descrivere il popolo anglosassone nella sua attualità. Anzi, nella nostra. Il Paese è diviso in due: da un lato ci sono i conservatori, fautori del Cronologismo (è l’economia quale noi la conosciamo attualmente) e dall’altro gli inversionisti. Ciò che viene definito Inversionismo è una vera e propria nuova teoria economica, che promuove l’inversione del mercato: i lavoratori pagano i datori di lavoro; i commercianti pagano i clienti e così via. Va da sé che nel corso della lettura il primo pensiero del lettore si proietta di fronte alla porta d’ingresso di Boris Johnson, in Downing Street. Jim, il protagonista, è il primo ministro inglese, e come lui, la maggior parte dei politici sono in realtà degli scarafaggi, tranne uno, il ministro degli Esteri, la cui permanenza in Parlamento verrà messa a dura prova (insomma, uno contro tutti). Ciò che più colpisce, di tutto il testo, è probabilmente la graduale presa di coscienza, da parte di Jim, del modus operandi dell’essere umano, e il successivo adattamento allo stesso, ma a proprio vantaggio.

“Voltandosi per guardarlo andare via, Jim si stupì di come si potesse provare al tempo stesso tanta gioia e un odio così assoluto. Che cosa prodigiosa un cuore umano, come quello di cui ormai era entrato in completo possesso!” (p. 48)

“Ormai era padrone della propria visione multicolore, binoculare e non composita […]” (p. 49)

Ian McEwan

Sì, perché questa grande “pièce” viene messa in scena per un proprio tornaconto personale. Esattamente quanto accade con l’operare della maggior parte degli uomini…forse quelli più spietati (si spera). In tutto il testo vengono dunque descritte in modo ironico le manovre che il primo ministro compie con l’unico intento di ingannare l’elettorato, per l’interesse del singolo.
Se da un lato emerge la visione della specie umana quale essere pronto a tutto, dall’altro, forse, emerge ancora una volta, come è stato possibile appurare in questi difficili mesi di lockdown, la potenza della natura (nonostante si tratti di scarafaggi): grazie alla sua indiscussa resilienza, nel momento più propizio, è sempre in grado di impadronirsi nuovamente dei propri spazi, noncurante dell’uomo, ma servendosi di lui.

“[…] abbiamo saputo reagire (è lo scarafaggio a parlare – n.d.r.). E attualmente spero e credo che abbiamo gettato le basi per l’avvento di una rinascita. Quando questa particolare follia dell’Inversionismo avrà reso la gente più povera, come è destino che accada, noi non potremo che prosperare. Se persone semplici e di buon cuore sono state irretite (da politici e dal 37% di votanti inglesi – n.d.r.) e si sono votate alla sofferenza, sarà per loro un grande conforto sapere che altre creature semplici e di buon cuore come noi hanno tratto dalla situazione maggiore felicità e possibilità di moltiplicarsi” (p. 100)

McEwan no-Brexit

Il fulcro di tutto, però, non è certamente la resilienza di madre natura. E se ciò non appare lapalissiano leggendo questo racconto breve, lo diventa sicuramente al termine dello stesso, nella puntuale e feroce postfazione, forse la parte più bella dell’intera opera. McEwan non fa assolutamente mistero della sua avversione nei confronti della Brexit. Descrive senza mezzi termini la tendenza politica di caldeggiare come salvifiche delle azioni in realtà deleterie.

“Attraverso impegnativi e costanti negoziati di ben due primi ministri, tra caos e paralisi parlamentare, dopo due consultazioni elettorali, in un paese amaramente spaccato in due, la Gran Bretagna sta cercando di realizzare il più insulso, masochistico e inconcepibile proposito della storia di queste isole. […] Perché ci stiamo facendo questo? Il mio primo ministro scarafaggio dà alla cancelliera tedesca la sola risposta possibile: perché sí.” (P. 105)

Come lo stesso McEwan afferma, questo racconto breve è “una satira che fa di se stessa il suo bersaglio” (p. 105), individuando nella risata un blando conforto ad una situazione ai limiti della tragedia. Si ride spesso di gusto grazie alle parole dell’autore, ad esempio nell’immaginarsi un presidente americano in stile cavernicolo, amante dei social (per puro caso è Twitter), sino a che, però, il grottesco prende il sopravvento insieme alla realtà dei fatti.

“L’intenzione (di McEwan n.d.r.) era quella di ideare un progetto politico ed economico all’altezza dell’assurdità autolesionistica della Brexit.” (p. 107)

Lo scarafaggio di Ian McEwan

*”Lo scarafaggio” di Ian McEwan (pp. 120, euro 16, Einaudi)

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Silvia Savini

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