Libri. Jean Cau, elogio dell’essere reazionario

Torna in libreria "Le scuderie dell’Occidente. Trattato di morale" per Oaks

Jean Cau

Quale morale abbracciare? Infinite le risposte. Di sicuro non possiamo mettere da parte  la morale del servizio: quella che domanda di migliorare la comunità. Cioè una morale che costruisca un senso, una visione di futuro e  “proceda con stile e prestigio”. In “Le scuderie dell’Occidente. Trattato di morale”, ecco le parole di Jean Cau  per respirare il vento che possa spazzare le esalazioni del relativismo morale.  Cau, maestro di pensiero, scolpì un bassorilievo sul bene e sul male in un’epoca senza punti di riferimento; la sua voce continua a cogliere nel segno, “… non c’è morale, oggi; c’è un moralismo che brancola e brulica dappertutto.”

Riproposta con l’introduzione di Giovanni Sessa, ritroviamo un’opera del 1973, incisiva, lapidaria, lucida e pungente nel biasimare un sistema educativo che non sa  vietare. Con ciò si ha la certezza di ritrovarsi al centro del pensiero anti-conformista, in un riflettere che smaschera le incoerenze della libertà, ossia il suo eccesso contemporaneo che “renderà impossibile la libertà.” È un ragionare raffinato che concentra conclusioni vere, come questa, “Ai quattro venti, un grido: Non c’è più morale! Ahimè, non c’è che questo! Voi fate  una grave confusione: non ci sono più sanzioni – ed è tutt’altra cosa.”

Il “Trattato morale” schiude prospettive di coerenza.  Invita a giudicarsi.  Rammenta al lettore di tirar diritto e “pensare l’opposto. E dopo tutto che conta se l’avvenire ci dà torto.”  In queste idee  c’è  un riverbero della filosofia esistenzialistica francese, un nitido esistenzialismo reazionario.  In Cau  proprio la categoria che coinvolge è quella della reazione,“Ed essere colto vuol proprio dire in ogni caso essere reazionario.” Poiché ogni reazione  difende la cultura del passato da un quotidiano senza memoria. Poiché ogni reazione è una difesa di ciò che diventa più fragile. Con tutte le accezioni che girano intorno al termine reazionario, ricordiamo che Nietzsche (filosofo piaciuto… anche alla Sinistra) spiegava  che il progresso prima ci raggiunge imperfetto, dopo abbisogna di una reazione per svilupparsi.

Il reazionario è un realista. In letteratura la sua identità unisce Verga e  Tomasi di Lampedusa e suggerisce che, pur con il pensiero debole trionfante,  rimangono chiare le scelte di ogni giorno, ossia la lealtà, il rispetto per la parola data, il dovere prima del diritto. Ci sono pagine poetiche  nel  “Trattato”, sono quelle dedicate alla rievocazione del mondo contadino, semplice ma forte,  tanto fedele alla vita.  La vita dei nostri nonni appartenente ad una “razza ingenua” che  costruì l’Occidente con pazienza e rispetto. Cau sottolineava  che, per lui, tale rievocazione degli avi  non era una “civetteria  letteraria”,  bensì  il tentare di rintracciare “dove siano i veri ancoraggi  e i veri porti…”

Abbiamo bisogno del ricordo dei padri.  Invece abbattiamo le loro memorie, le loro statue. E non perdiamo tempo per urlare contro  i loro errori. Ma  la storia è sempre un errore da qualsiasi punto essa venga letta. Usando le parole di Cau,  la storia è un errore “gonfio di slanci, di passioni, e certamente, di contraddizioni” e necessita  di un “gran disegno”; sintagma attualissimo quest’ultimo in un quadro politico che naviga a vista.    Cau di certo scriveva il “Trattato” provando l’urgenza di credere  sapendo che “milioni di uomini  vorrebbero credere, ma non sanno  in quali dèi e secondo le tavole  di che religione e di che legge.”

*”Le scuderie dell’Occidente. Trattato di morale”, di Jean Cau, Oaks  editrice, 2020 pagg. 188, 20,00 euro

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Renato de Robertis

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