Calcio. 5 ragioni per cui CR7 non è il Messia del calcio italiano

Senza nulla togliere al campione lusitano, la storia della Juventus e del pallone italiano meritano più rispetto. Altro che la retorica compiacente

Desta stupore il trattamento che a Torino (e in Italia) si continua a riservare a Cristiano Ronaldo. Forte, fortissimo: una macchina. Per carità, il valore non si discute. Però da qui a ritenerlo l’uomo che venne a insegnare come si sta nel calcio alla Juventus e come si giochi al pallone in Italia, ce ne corre.

Cinque ragioni, sicuro. Ad aver più tempo se ne troverebbero anche di più. Ma poi anziché un pezzetto estivo dovremmo fare un tomo seriosissimo che non leggerebbe nessuno. Figurarsi a scriverlo.

 

1. Rispetto per la storia

Alex Del Piero. Ma pure Michel Platini e Zibì Boniek. E ancora, John Charles, Omar Sivori. Franco Causio, Roberto Bettega, Roberto Baggio. Giampiero Boniperti e Totò Schillaci,  Gianluca Vialli e Fabrizio Ravanelli. Non tutti saranno stati migliori o anche solo uguali a lui, però almeno un paio la storia (del calcio italiano e della Juventus) l’hanno scritta davvero.

 

2. Mai sottovalutare nessuno

Seconda ragione: Roberto Tavola e Beniamino Vignola.  Occasioni perdute o carriere tascabili, ma (più il secondo in realtà) la propria storia si può scrivere anche subentrando dalla panchina. Senza far casino, senza aver bisogno di dover dimostrare al mondo, ogni giorno, ogni minuto, per forza chissà cosa. La magia si concretizza quando non hai niente da aspettarti.

 

3. Fado vs pop

Terza ragione: Rui Barros, il più struggente interprete del fado in chiave calcistica. Tanto piccolo quanto forte, formica atomica – appunto –  che si riteneva fortunatissimo perché giocava al pallone in Italia, con la Juve, invece di spaccar legna in patria. Umiltà e tenacia, due stagioni e diciannove gol. Finì sacrificato dopo le Notti Magiche del ’90 perché Montezemolo si ubriacò troppo di champagne appresso a Gigi Maifredi. Se parlassimo di musica, Rui Barros sarebbe Amalia Rodrigues; CR7 invece Lady Gaga.

 

4. La condiscendenza

Quarta ragione: le interviste. Ne ha rilasciata una all’estasiata Diletta Leotta su Dazn che è un programma. Io, io. Io e me. Me e io. Grazie a me, se non ci fossi io. Il calcio è uno sport in cui si gioca in undici ma si vive in ventiquattro. Cristiano Ronaldo, evidentemente, non lo sa. Ah, se ci fosse ancora Boniperti…

 

5. “Dopo di me il diluvio”

Quinta ragione:  repetita iuvat: non si discute il valore del giocatore né, quando è davvero ispirato come alla finale di Euro 2016, del capitano. Ma il pallone rotola e, come lo ha fatto prima che arrivasse lui a disegnare corse folli e parabole invincibili, così continuerà a farlo dopo di lui. Re Sole, nel calcio, non può esistere né alcuno può promettere che “dopo di lui, il diluvio”. Non hanno potuto farlo Pelé e Maradona, non potrà farlo nemmeno CR7.

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