Autostrade, l’accordo Governo-Atlantia premia i Benetton

I concessionari autostradali, non solo i Benetton, hanno beneficiato in tutti questi anni di una rendita sicura, con guadagni colossali, grazie a vergognosi accordi con lo Stato

Autostrade e Atlantia

Un balzo in Borsa del 25% per Atlantia – la società che fa capo ai Benetton e che controlla la maggior concessionaria autostradale italiana – all’annuncio dell’accordo raggiunto tra il governo e la famiglia Benetton per il futuro di Autostrade per l’Italia è la più evidente dimostrazione di quanto i mercati abbiano considerato “punitive” le misure prese dal governo Conte. Senza nemmeno perdere tempo a valutare chi abbia guadagnato dal precedente crollo in Borsa per poi ricomprare a prezzi da saldo.

D’altronde i concessionari autostradali, non solo i Benetton, hanno beneficiato in tutti questi anni di una rendita sicura, con guadagni colossali, grazie a vergognosi accordi con lo Stato. Basti pensare che gli investimenti annunciati, e non sempre realizzati, venivano pagati in anticipo dagli automobilisti con incrementi dei pedaggi per un miglioramento del servizio di cui non beneficiavano. Pagavano per qualcosa che non avevano. Anzi, pagavano per un servizio ridotto, dal momento che i lavori comportavano riduzioni di carreggiata, code infinite, disagi di ogni tipo.

Con situazioni che superavano la soglia del ridicolo. La Torino-Milano, 125 km di assoluta pianura, aveva ottenuto la classificazione di autostrada di montagna nonostante le uniche variazioni altimetriche siano quelle dei cavalcavia. Ovviamente essere autostrada di montagna garantisce vantaggi economici e normativi non irrilevanti.

Una grande, immensa, mangiatoia, dunque. Che pare destinata a finire solo per la rete di Autostrade per l’Italia che vedrà l’ingresso del settore pubblico attraverso Cassa Depositi e Prestiti. Mentre nulla è annunciato per ciò che riguarda i pedaggi e gli investimenti su tutte le altre tratte autostradali. Eppure non dovrebbe essere tollerato che siano le autostrade italiane a contendersi, tra di loro, il titolo di tratte più costose d’Europa. È più cara la Torino-Aosta (nel tratto valdostano) o la Torino-Bardonecchia? Ma anche la Genova-Ventimiglia è in lizza. Eppure non sono autostrade himalayane. E quelle alpine della Svizzera costano molto meno.

Al di là di una promessa riduzione minima dei pedaggi, non è per nulla sicuro che una gestione pubblica garantisca maggior sicurezza e lavori più rapidi. Perché non è che la rete stradale affidata all’Anas sia proprio una meraviglia. Il problema, in Italia, esula dal pubblico e dal privato perché tocca altri temi: onestà, capacità, competenza, intoppi burocratici, clientelismo, nepotismo. È un sistema intero che non viaggia a velocità adeguata. E affidarsi a De Micheli non rappresenta un’assicurazione.

Augusto Grandi

Augusto Grandi su Barbadillo.it

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