Cinema. Tenet è un film da vedere ma non parlateci di capolavoro

Atmosfere alla Interstellar ma rimane un passo indietro ai grandi film dello stesso autore Christopher Nolan

Ogni film di Christopher Nolan porta con sé delle aspettative e Tenet non fa eccezioni.

Riprendendo il filone delle avventure ai limiti della scienza e della tecnica che aveva momentaneamente abbandonato con Dunkirk, Nolan ci riporta con questo film alle atmosfere oniriche di Inception.

Un’aggiunta rapida, però, sulle aspettative: da un lato, regista e major avevano ampiamente pompato la notizia già ai tempi dell’uscita programmata, tenendo accuratamente segreto qualsiasi dettaglio, limitandosi a indizi sommari sul cast prima e sulla trama poi, accrescendo la curiosità grazie a trailer che sembravano dire tutto e niente. Con l’avvento della pandemia, che ne ha ritardato l’uscita per ben tre volte, si è finito per investire questo film del ruolo di tester per il ritorno degli spettatori in sala, mascherine e distanziamento permettendo. Questo ci porta a una doverosa seppur breve riflessione sul cambiamento nella fruizione dei film che ci troveremo giocoforza ad affrontare. Se, come sembra, nei luoghi chiusi indossare i dispositivi di protezione rimarrà obbligatorio stante o no il distanziamento sociale, viene da chiedersi come questo influirà sulla lunghezza stessa dei film (oltre a porre la fatidica domanda: potremmo mangiare di nuovo i pop corn in sala?). Insomma, essere costretti a portare una mascherina per ore potrebbe scoraggiare possibili spettatori? E se sì, se ne terrà conto finendo per evitare pellicole dal minutaggio esagerato? (Tutto questo perché Tenet dura 150 minuti, ovvero due ore e mezza, e finiscono per sentirsi tutti).

Arriviamo al film: le atmosfere, dicevamo, sono quelle di Inception e in parte di Interstellar.

Si sa che Tenet era un progetto che il regista britannico si era tenuto nel cassetto in attesa che arrivassero tecnologie per portarlo sul grande schermo con tutti i crismi. Ed è facile capire perché: il tema del viaggio del tempo, toccato già in Interstellar, è qui affrontato soprattutto nei suoi effetti paradossali; ma forse la stessa trama e l’idea di Nolan non riescono fino in fondo ad aggirare il problema: la sceneggiatura appare un po’ datata, finendo per appiattirsi, se di appiattimento in questo caso si può parlare, su una concezione del viaggio nel tempo che era quella di fine anni ’90, inizi del 2000 e già esplorata dal libro Timeline di Michael Crichton (poi trasposto miseramente sul grande schermo nell’omonimo film).

Rimane quindi, senza fare grossi spoiler, che il film di Nolan non chiarisce se quello che si sta guardando sia un loop temporale o semplicemente una sequenza di eventi che può essere letta in un senso o nell’altro, come il quadrato del Sator a cui si fa più volte riferimento nel film (e che non si capisce esattamente cosa c’entri). Tuttavia, questa ambiguità non è la stessa con cui il regista ci lasciava alla fine di Inception, ovvero un’incertezza voluta e spiazzante, ma sembra più che altro un filo di trama lasciato a penzolare, non sicuri su dove annodarlo.

Se le scene di guerra e l’idea che il tempo possa essere un’arma di distruzione di massa sono le due punte di diamante della storia, anche il come non è però chiarissimo. Sì, è impossibile combattere contro un nemico invisibile che è più avanti di te letteralmente ma la trappola del paradosso del nonno è sempre pronta a chiudersi su questi nodi di trama (se io tornassi indietro a uccidere mio nonno, io non potrei nascere per uccidere mio nonno e così via). Spiegando meglio, se il nemico del futuro vuole uccidere il nemico del passato, allora l’eventuale sconfitta del nemico del passato potrebbe non portare il nemico del futuro a esistere. È un gran casino, lo so, ma sono esattamente le domande, insieme ad altre altrettanto fastidiose come quella faccenda del libero arbitrio, che ci si trova davanti ogni qual volta si parli di viaggi nel tempo, che siano quantici (Interstellar) o banalmente, sempre si fa per dire, “di movimento” come nel caso di Tenet.

Comunque il film è visibilmente appagante e quindi da vedere, pur col disagio della mascherina, necessariamente sul grande schermo, meglio ancora e se si può in un cinema Imax.

Molto suggestiva e azzeccata la colonna sonora del premio Oscar Ludwig Göransson e performance interpretative come sempre di altissimo livello: Nolan è indubbiamente un regista che sa scegliersi gli attori e che da loro riesce poi a trarre il meglio: si trovano da un lato conferme come Kenneth Branagh e Michael Caine e piacevoli rivelazioni come Robert Pattinson ed Elisabeth Debicki. Non altrettanto si può dire di John David Washington, in parte perché il profilo del Protagonista (non si arriva nel corso della pellicola a conoscerne il nome) sembra essere volutamente non tracciato, in parte perché lui stesso sembra per certi versi tanto ingessato e incastrato nel ruolo dell’agente tutto d’un pezzo da non riuscire a trasmettere una profondità psicologica in un personaggio che, però, potrebbe essere anche stato programmato per non averne.

Per tirare le fila almeno noi, possiamo dire che Tenet è un film da vedere, ma non necessariamente da osannare come un capolavoro solo perché è stato scritto e diretto da Christopher Nolan. Rimane un passo indietro ad altri suoi lavori e, forse, in tempi diversi se ne sarebbe parlato con toni diversi, ma dato il momento in cui siamo va benissimo così, purché serva a ricordarci e spingerci verso la magia del cinema.

 

Runa Bignami

Runa Bignami su Barbadillo.it

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