La crisi della cultura europea attaccata dal multiculturalismo

Il saggio di Tennenini per Passaggio al Bosco accende i riflettori sul filo rosso tra "Grande sostituzione" e Black lives matter

L'abbazia di Mont-Saint-Michel in bassa Normandia

La copertina de “Il tramonto del mondo bianco” di Tennenini

Fedele come sempre alle aspettative, Passaggio al Bosco ci ha regalato per l’ennesima volta un testo illuminante. Ad un anno dal suo esordio con la casa editrice fiorentina con Schiavi digitali, Riccardo Tennenini, esce con un’altra opera degna di nota: Il tramonto del mondo bianco. La società multiculturale, tra “grande sostituzione” e Black Lives Matter. 

Tra storia e attualità, l’autore percorre le vie impervie del globalismo multietnico; dalle origini sino al presente. 

Attraverso una lucida analisi e con dati alla mano – che difficilmente possono prendere la via della confutazione – il libro non è per deboli di stomaco. Talvolta spietate, i casi messi in evidenza, mostrano le crude realtà perpetrate da chi ha da sempre avallato il mondo arcobaleno sotto l’insegna del cultural marxism. Al pari della lotta di classe, gli attori sostenuti delle èlite liberal, hanno trovato il nuovo nemico da sbattere sul tavolo del politicamente corretto. Binomio inscindibile, nemico da stanare e “ghigliottinare”. Ecco i nuovi tribunali del popolo. Vecchia lotta di “classe” come nuova lotta ai privilegi sessuali, etnici e di “genere”. Che fantasia!

Tornando sui nostri passi, nel libro si parla delle storture create all’interno del cosiddetto “mondo bianco”, ovvero quella zona che attraverso i flussi della storia è stato dominato dallo spirito faustiano degli europei. Anche portando con se’ alcune storture, non ci nascondiamo. Ma l’eredità che una stirpe si porta sulle spalle non è un banale gioco di ruolo.

Ad ogni modo, nel testo non si esplica solo della catastrofica fase attuale dell’Europa, ma anche di Stati Uniti, Sudafrica e Rhodesia (oggi Zimbawe). Interessanti gli ultimi due casi, spesso offuscati nella memoria degli europei. Fautori del proprio destino, i boeri, ancora oggi, rappresentano una delle etnie di stirpe europea tra le più perseguitate.  Parlando di loro, vengono in mente le parole di Saint-Loup: egli descriverà la loro epopea in maniera impeccabile; scriverà di quei combattenti infaticabili come i precursori della guerra partigiana moderna. Ma anche come contadini guerrieri e grandi cavalcatori da far invidiare le gesta degli anglosassoni nel selvaggio West. Per non andare troppo lontano, sono di questi giorni alcune notizie delle ultime manifestazioni di agricoltori al grido di “Boer Lives Matter”. Tant’è – come nota anche Tennenini – che dagli anni novanta essi si sono creati dei micro-volkstaat afrikaner; Orania ne è un esempio. Ma è una lunga storia, la storia degli “ultimi dèi bianchi”, come li chiamò Adriano Romualdi. Lo storico, parlando di loro, scriverà in conclusione: 

“Ancora una volta i Boeri, idealmente, hanno passato il fiume. Le decisioni estreme sono caratteristiche di questo popolo che tanto si è battuto per la sua libertà e che oggi si batte per una libertà non meno fondamentale: quella di rimanere se stesso. Perché un popolo ha, innanzitutto, il diritto di non snaturarsi, la facoltà di conservare la sua fisionomia etnica, genio creatore della sua storia e della sua cultura”.

Ricordiamo anche – come ben nota Tennenini – il ruolo di alcuni Stati marxisti nella fase di “decolonizzazione” africana. Guerriglieri al soldo russo o cinese. Ma anche questo, meriterebbe uno spazio a parte. 

Dati alla mano e attraverso molti grafici, l’autore evidenzia – come abbiamo notato in precedenza – la struttura portante di alcune nazioni più multietniche del pianeta.  Guerre tra bande, omicidi, caos diffuso, quartieri off-limits da parte degli autoctoni: ecco l’Europa friendly innalzata dal progressismo castrante. Si pensi alle no-go areas in salsa europea. Per fare un esempio, il caso della Svezia è eclatante: stiamo parlando della figura di David Schwarz, che verso la metà degli anni ’60 se ne venne fuori con un articolo folle. Il problema di Schwarz – egli stesso immigrato in Svezia negli anni ’50 – era l’omogeneità etnica. Egli affermò che lì vi abitavano troppi “bianchi”. Se non fosse vero, sarebbe stato uno scherzo di cattivo gusto. Delirio psichiatrico, come i tanti riportati all’interno del testo. 

Insieme agli USA, che travolti dal fenomeno Black Lives Matter (movimento che nel sangue ha elementi dichiaratamente  marxisti, basti pensare alle dichiarazioni dell’attivista Patrisse Cullors nel 2015) sono le nazioni incancrenite dal fenomeno multietnico, sono tuttora sotto scacco. Caos totale. Anche l’antifascismo militante ha un ruolo affatto secondario. 

Chiaramente, immersi nella lettura, non rimaniamo fulminati sulla via di Damasco. Come nota giustamente Tennenini, la questione di conflitto “etno-razziale” negli States è fenomeno di lunga data. 

È proprio qui che viene in mente il saggio di Samuel Huntigton: Clash of Civilisations, prima articolo e poi trasformato in un libro. Il politologo americano, negli anni ’90, portò avanti interessanti teorie.  Ad esempio, egli aveva previsto che i futuri scontri a livello globale si sarebbero perpetrati, non secondo un paradigma ideologico o nazionale – come nel XX secolo – ma secondo le varie civiltà di appartenenza. Anche se, per quanto ci riguarda,  fece l’errore di mettere sotto l’appellativo “Occidente” Europa e Stati Uniti. Gli Stati Uniti, dalla loro fondazione, rappresentarono – anche stando su un livello meramente storiografico – prosecuzione e negazione dell’Europa allo stesso tempo. Anche i loro destini sono separati. Ma questo è un discorso a parte. 

Ad ogni modo occorre leggere il libro per capire. Capire anche che sarebbe banale analizzare il fenomeno della crisi dell’Occidente stando su un livello meramente di “questione immigrazione”. Ma la terzomondizzazione, soprattutto sul suolo europeo, ha le sue responsabilità e i suoi complici. Il processo di sostituzione etnica, oramai, è un fatto conclamato. Esso ha i suoi fanatici tifosi. 

A costo di sembrare banali o ripetitivi, occorre innalzare un monito: siamo noi gli ultimi europei. E siamo anche i padroni del nostro destino. Il nostro retaggio memorabile non ha eguali nel mondo. Unicità e universalità: binomio inscindibile. 

 Concludiamo con un interrogativo, connesso ad una riflessione. La geopolitica ha un ruolo fondamentale, sarebbe subdolo negarlo. Nella storia ha mosso e cambiato i destini di interi popoli e nazioni e continua tutt’oggi a svolgere e incrinare gli scenari più impensabili . Ma, alla fine che avesse ragione Guillaume Faye, quando incitava a

“Una solidarietà globale con tutte le popolazioni di origine Europea sarà, nel ventunesimo secolo, più importante delle rivalità geopolitiche che dividono i Bianchi.”? 

Adattandoci al suo personaggio, spesso, si poteva dire che fosse un provocatore gratuito.  Anche in questo caso? 

*Il Tramonto del mondo bianco. La società multuculturale tra “grande sostituzione” e Black Lives Matter, di Riccardo Tennenini, Passaggio al Bosco, p.250, euro 18 (per acquisti cliccare qui)

Nicola Sgueo

Nicola Sgueo su Barbadillo.it

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