Segnalibro. Julius Evola e “La Torre”, prima rivista italiana di critica tradizionale

Julius Evola

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Dopo l’esperienza esoterica delle riviste Ur e Krur, che uscirono dal 1927 al 1929, Julius Evola nel febbraio del 1930 pubblicò una nuova rivista, quindicinale, intitolata “La Torre”, annunciata sull’ultimo numero di Krur, del dicembre 1929. Lo scopo era di intervenire negli ambiti della politica e della cultura dando vita a una critica tradizionale che rettificasse certe posizioni del regime che spesso non erano in linea con una concezione di destra aristocratica e di Tradizione e per contestare il predominio della politica sulle Idee, come del resto il filosofo ribadirà, anni dopo, nel Cammino del cinabro (Edizioni Mediterranee). Per questo fondare una rivista che fosse “foglio di espressioni varie e di Tradizione Una” aveva proprio lo scopo di offrire una bussola per orientarsi fra le nuove correnti culturali e offrire un riscontro continuo sui temi politici e sulle scelte del tempo. “Fu un nuovo tentativo di ‘sortita’ nel dominio politico-culturale – spiega Evola nel Cammino del cinabro -. Abbandonando le tesi estremiste e poco meditate di Imperialismo pagano (Edizioni Mediterranee, ndr), riferendomi invece al concetto di Tradizione e di civiltà tradizionale, volli vedere fino a che punto si potesse agire sull’ambiente italiano, fuor dal campo ristretto di studi specializzati. Le pubblicazioni del Gruppo di Ur essendo cessate (perché la materia essenziale era stata già trattata) nel 1930 creai la rivista quindicinale La Torre. Nel 1970, in un fascicolo della rivista “La Torre” dell’editore Giovanni Volpe, la quale però si richiamava nel titolo alla rivista fondata nel 1913 da Domenico Giuliotti, Evola spiegava ulteriormente la decisione di fondare, nel 1930, la rivista: “Volli vedere in che misura era possibile esercitare un’influenza sulle correnti culturali e anche politiche del tempo – afferma Evola -, in che misura poteva venire raccolto l’appello a una rivolta radicale contro il mondo moderno proponendo dimensioni superiori al movimento fascista. L’opera politica del fascismo – di arginamento delle forme estreme della sovversione moderna – avrebbe potuto costituire una base e un punto di partenza”.

Incursioni nel mondo delle idee con articoli importanti, di carattere teorico, come anche articoli di costume e di argomenti legati alla quotidianità (questi ultimi nella rubrica “L’arco e la clava”) come esperimento di bonifica e rettifica che però durò poco, solo dieci numeri (ognuno di otto pagine), a causa dell’intervento di gerarchi che preferirono perseguire Evola e la critica tradizionale nel nome di una pretesa difesa della “ortodossia fascista”. Ortodossia che non poteva trovare punti di contatto con una visione tradizionale, corroborata in Evola dal pensiero di studiosi come Bachofen, Fustel de Coulanges, e da una certa cultura tedesca.

“La Torre” fu il terreno sul quale Evola definì i contorni della sua visione tradizionale, dopo un costante impegno, tanto che alcuni importanti articoli furono integrati nelle sue opere (un po’ come era accaduto anche per “Ur” e “Krur”). Così i suddetti gerarchi fascisti si impegnarono per bloccare l’uscita della rivista per le critiche rivolte dalla rivista a periodici come “Critica fascista” di Bottai, “Quarta Roma” di Danzi e “Antieuropa” di Gravelli. Seguirono minacce, scontri fisici e querele. Alla fine Evola fu diffidato dalla Questura a proseguire le pubblicazioni. Una diffida non vincolante perché la rivista attaccava singole posizioni del fascismo non il fascismo (e infatti solo il numero tre della rivista fu sequestrato, a causa di una feroce critica contro la politica demografica del regime). Evola proseguì le pubblicazioni finché i gerarchi diffidarono le tipografie romane dallo stampare la sua rivista. Il filosofo si rivolse ad Arpinati, ministro degli Interni, il quale nulla potè fare. Evola chiuse la rivista (l’ultimo numero uscì nel giugno del 1930) e andò in montagna a praticare nuovamente l’alpinismo. Fu l’occasione per collaborare con la rivista del Cai (Club alpino italiano). Più tardi, la raccolta di questi saggi costituì il volume Meditazione delle vette (Edizioni Mediterranee).

Ora la raccolta completa della rivista è stata ripubblicata con un cospicuo apparato critico, bibliografico e di ricostruzione storica dalle edizioni Mediterranee, prestigiosa casa editrice romana. Una ricostruzione che si avvale di un’introduzione del presidente della Fondazione Evola, Gianfranco de Turris, di un saggio di Marco Rossi che analizza il tema “Tradizionalismo, interventismo culturale, critica alla modernità, superfascismo. “La Torre”, la prima rivista tradizionalista italiana”; una testimonianza di Emilio Servadio, collaboratore e ideatore del titolo della rivista che ricorda la riunione, nella casa romana del barone pugliese Girolamo Comi, che sancì la nascita del quindicinale. La riproduzone di un articolo sull’ultimo numero della rivista Krur, il testo di un allegato alla rivista, e un testo pubblicato nel 1970 sulla “Torre” di Giovanni Volpe, sempre di Evola. Fabrizio Giorgio ricostruisce il percorso intellettuale ma anche la storia della rivista dall’ultimo numero di Krur alla chiusura della “Torre” evoliana.

Tutti i numeri deLa Torre”, rivista di difficile reperimento, furono pubblicati in volume per la prima volta, dopo il 1930, dalla società editrice Il Falco di Milano nel 1977, per la curatela di Marco Tarchi che aveva premesso al volume un saggio introduttivo. Da molti anni esaurita, Gianfranco de Turris, insieme con Giovanni Sessa e Andrea Scarabelli, ha provveduto alla nuova pubblicazione, nell’ambito dell’opera omnia. E’ stato un lavoro lungo, come afferma nell’introduzione de Turris, che ha richiesto la collazione con le copie originali della rivista per eliminare refusi, ripetizioni, per inserire righe tipografiche saltate nell’edizione del 1977. Un impegno che restituisce al pubblico e agli studiosi tutto il pubblicato di una rivista che ha segnato la cultura degli anni Trenta e contribuisce a definire i contorni di una cultura, quella tradizionale, che si calava nel presente e tentava di incidere nella realtà politica del tempo.

Manlio Triggiani

Manlio Triggiani su Barbadillo.it

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