Eurasia. La contesa per i quattro mediterranei nello scacchiere mondiale

Una originale declinazione extraterritoriale del "mare nostrum"

Risiko e Geopolitica

Il primo fascicolo di Eurasia del nuovo anno, in distribuzione nei prossimi giorni, affronta un tema cruciale: i mediterranei dell’Eurasia. Il direttore Claudio Mutti, in apertura, definisce molto bene i termini della questione politica e strategica rimarcando che il geopolitologo Yves Lacoste nel suo Dictionnaire de Géopolitique (pubblicato nel 1995) individuò due mari che possono essere definiti “mediterranei” oltre al Mediterraneo propriamente detto (“il Mediterraneo euro-arabo”). Sono quello americano, fra il Golfo del Messico e il Mar delle Antille e quello asiatico, formato dal Mar Giallo, Mar cinese orientale e Mar cinese meridionale. Per Friedrich Ratzel (1844-1904), sottolinea Mutti, è mediterraneo ogni mare che mette in comunicazione due o più continenti. Vsevolod De Romanovsky (1912-2010) definì mediterraneo anche il Mar Glaciale artico. Quindi, come sottolinea il direttore nell’editoriale, “sono dunque quattro i ‘mediterranei’ che bagnano le sponde del continente euroasiatico: rispettivamente quelle settentrionali, quelle orientali, e quelle sudoccidentali”. Li analizza, quindi, accennando alle configurazioni, ai Paesi che vengono bagnati dalle loro acque, i casi di frizione fra le nazioni che vi si affacciano, le ricchezze del sottosuolo. Nell’articolo successivo il direttore ricorda il geopolitologo Carlo Terracciano, fra l’altro collaboratore della rivista, precocemente scomparso e ne traccia una summa del pensiero.

Nel dossario si alternano collaboratori che affrontano il tema da più punti di vista: dalla sfida sui mari fra Cina e Usa, fra i quali prosegue una contesa mondiale presente anche nel Mar cinese meridionale, alle contese fra le potenze asiatiche che si affacciano su quel mare. Poi si analizzano i mediterranei asiatico ed europeo che, uno studioso prevede saranno i luoghi dove esploderanno i conflitti per la conquista dell’egemonia sui mari mentre il mediterraneo Usa resterà saldamente nelle mani statunitensi. Si pensi, a esempio, che il Mar meridionale cinese non ha solo un’importanza strategica ma anche commerciale (nel 2016 sono transitati in quel mare ben 3,37 trilioni di dollari) ed è un’area ricca di tante risorse naturali. Ancora: il conflitto fra Armeni e Azeri e i tre paesi chiave di quell’area: Israele, Turchia e Iran. Proprio alla Turchia sono dedicati altri saggi che affrontano la guerra dei gasdotti sino alla definizione della presenza di Albania, Turchia e Cina nell’Adriatico, i conflitti fra Grecia e Turchia e il controllo dei cavi sottomarini in fibra ottica attraverso i quali passano notizie e quindi sono spiati dai servizi segreti.

Negli altri settori della rivista sono analizzati l’accordo sulla nuova Via della seta, i dilemmi politici interni della Turchia. Segue una serie interessante di documenti: da un testo degli anni Sessanta di Jean Thiriart sulla necessità per l’Europa di abbandonare la Nato a un testo su “Impero e imperi” di Bruno Damiani, tratto dalla rivista “Gerarchia” del dicembre del 1939. Inoltre, la riproduzione di un opuscolo anonimo, edito nel settembre del 1973 dai “Quaderni del Veltro” di Bologna (ma pubblicato a Ferrara) dal titolo Maoismo e Tradizione nel quale sono espresse le complementarietà fra la Tradizione e il comunismo maoista, ipotesi non molto convincente. Conclude il fascicolo la consueta rubrica di recensioni.

*Eurasia n. LXI, 1/2021 (Edizioni all’Insegna del Veltro, pagg. 207, euri 18.00; ordini: www.eurasia-rivista.com)

Manlio Triggiani

Manlio Triggiani su Barbadillo.it

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