Addio al principe Filippo: essere amati non vuol dire essere (per forza) pop

Il duca d'Edimburgo lascia una grande lezione alle sue spalle in un tempo reso minuscolo dal moralismo dei media

“Mi piacerebbe molto fare un viaggio in Russia, ma voi bastardi avete ucciso metà della mia famiglia”.

E niente, ce li immaginiamo gelati gli ambasciatori sovietici e i diplomatici britannici presenti in sala. Figuriamoci, oggi ci scandalizziamo se qualcuno chiama dittatore un dittatore, pensate come doveva essere presa una frase di questo tipo detta ai fu alleati, per giunta nel 1967 e quindi in piena Guerra Fredda. Ma era la verità e quindi non c’era niente da scusare; probabilmente Sua Altezza Reale il duca di Edimburgo, il principe Filippo, lo sapeva o, banalmente, non gli importava. La sua vita, d’altronde, era stata da subito contraddistinta dall’elemento rocambolesco: da quando nacque su un tavolo da cucina nell’isola di Corfù a quando venne portato fuori dalla Grecia rivoluzionaria dentro una cassa d’arance, novello Mosè.

Forse quelle che erano classificate dalla stampa come uscite infelici, non erano altro che un modo del Duca di esprimere la sua diversità rispetto alla Corte. Si legge facilmente in questi giorni che il Principe era stato capace di rimanere sempre due passi indietro rispetto alla consorte, frase che probabilmente se i sessi fossero stati invertiti, avrebbe suscitato più di una reazione indignata.
Diciamolo, allora. Filippo non seppe stare due passi indietro (viene da pensare che con il suo ben conosciuto carattere fumantino, non avrebbe apprezzato questa etichetta), seppe invece trovare il suo modo di stare a corte e di essere un buon monarca e un buon consorte al tempo stesso.

La devozione alla “Ditta” era totale, come ben dimostra il suo volere essere sempre più coinvolto nella vita pubblica, ma la sua partecipazione era modulata su di lui: così essendo un grande amante dello sport, non si è fatto mai mancare l’occasione di presenziare ai grandi eventi sportivi, dalle partite di polo e cricket, alle gare olimpioniche di equitazione a cui partecipa la figlia Anna (al cui proposito ebbe a dire che se qualcosa non scoreggiava o non mangiava fieno, non le piaceva con buona pace del di lei marito), o ancora alle regate di vela fino alla consegna della coppa Rimet nel 1966 all’Inghilterra (e sospettiamo che sia stato una delle poche volte in cui avrebbe volentieri voluto trovarsi al posto della consorte). Così come come una metafora della sua capacità di trovarsi una sua dimensione, si può vedere in quelle seimila ore di volo e in quella appartenenza all’Aeronautica militare sempre rivendicata con orgoglio; un essere nel mondo, senza realmente esserci dentro. E un’indipendenza dalla Corona rivendicata anche nell’estremo atto, con la sua richiesta esplicita di non ricevere funerali di stato e di essere sepolto al castello di Windsor dimora avita e residenza dei sovrani di altri tempi.

Una vita che si può leggere solo in filigrana, come tutte quelle dei Reali che per definizione non possono essere intelligibili o vicini a noi: possiamo immaginare che ci siano stati lunghi silenzi, brutte sfuriate, forse qualche tradimento, nei 73 anni di matrimonio che lo legarono a Elisabetta. Ma sicuramente c’era anche un profondo amore e una devozione sincera che lo portò a rinunciare a tutti i suoi titoli per sposare l’allora principessa e che lo fecero definire proprio da lei non più tardi di qualche anno “la mia roccia e la mia forza”. 

Non stupisce che una persona così integerrima verso il servizio al Paese, abbia in passato manifestato senza troppe remore il fastidio per certe increspature nell’immagine pubblica della Corona, generate proprio dal suo interno, come furono i numerosi scandali di Lady D. Né sorprende dunque che per volontà della Regina stessa sia stato tenuto all’oscuro dell’intervista recentemente rilasciata dal nipote e dalla di lui consorte, perché sicuramente avrebbe messo a dura prova un cuore già affaticato dalle operazioni.

Un cuore che lo stesso Duca aveva temprato negli anni con una routine mattutina di esercizi lunga 11 minuti e ancora di più negli anni passati in gioventù alla Gordonstoun School in Morayshire; i ricordi ricostruiti in The Crown sovrapposti con malizia alle vicissitudini di Carlo nella stessa scuola, rendono più giustizia alla tempra del Duca che non tutti i peana e gli articoli che leggeremo in questi giorni.

Ophra, Megan e Harry

Oggi le sempre di tendenza insegne di Piccadilly Circus si vestono di lutto e commemorano il Principe; l’affetto sincero dei sudditi è ben visibile anche nei fiori appoggiati alle cancellate di Buckingham Palace sotto una bandiera a mezz’asta che ci restituisce tutta la malinconia di una monarchia che ha perso una delle sue punte di diamante più prestigiose.

Sua Altezza Reale ha insegnato che si può essere amati senza essere necessariamente pop, che si può essere reali pur rimanendo immersi nel tempo, che si possono fare figure tremende senza perdere un briciolo della propria eleganza e ancora meno della propria credibilità, che si può essere un buon marito e un buon sovrano al tempo stesso e che pagano di più alla storia anni di devozione alla propria patria, alla propria famiglia e alla propria nazione che qualche minuto sotto le luci della ribalta o un contratto milionario con Netflix.

Se ne va uno dei grandi del nostro secolo e purtroppo non vediamo all’orizzonte altri Filippo di Mountbatten e questo rende la sua scomparsa un vuoto ancor più incolmabile.

Runa Bignami

Runa Bignami su Barbadillo.it

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