Record of Ragnarok, una sfida (sballata) tra uomini e dèi

Troppa superficialità nell'affrontare i temi, troppo presente zero eterno. C'è poco da salvare nella serie Netflix tratta dal manga giapponese

Non conosco il manga. E sicuramente sarà una figata. Ma l’anime di Record of Ragnarok, prodotto dall’ormai onnipresente Netflix, è un’occasione perduta. A volere essere buoni. Se non fosse stato per l’episodio di Kogiro Sasaki, parlare di insulsaggine in streaming sarebbe ancora poco.

L’anime si rifà alla mitologia del Ragnarok ma la travisa completamente. E questo, in fondo, non fa nulla: cerchiamo filologia e rispetto da una serie tratta da un manga giapponese mentre c’è gente in Occidente che parla ex cathedra per dire che il latino e il greco rappresenterebbero il razzismo sistemico e le Università li ascoltano pure?

La storia comincia dall’assemblea dei numi beati che si riunisce al Municipio (sic!) del Valhalla, sotto la presidenza di Zeus, rappresentato uguale uguale al Genio delle Tartarughe di Dragon Ball. Gli dei di ogni tempo si sono stufati dell’umanità e ci vogliono fare fuori tutti. Siamo, noi uomini, brutti e cattivi. Secondo Afrodite – qui rappresentata con un seno talmente gonfio da dover essere sostenuto dalle mani instancabili di due insensbili uomini di pietra – abbiamo la colpa imperdonabile di aver riempito di plastica gli oceani e fatto estinguere tanti animali. Siamo una sorta di virus (ovviamente cattivissimo e perfido) del pianeta. Capite? La dea della fecondità che sposa la filosofia neo-malthusiana. Roba che fa a pugni con la logica. Ma è un anime, la realtà è peggio dal momento che nel migliore dei mondi possibili che si definisce progressista è tornato all’800 e ci si picchia e talvolta uccide tra lavoratori davanti alle fabbriche. C’è anche Shiva, tra gli dèi. Un balordo che vuole menare le (otto) mani. Decisamente un affronto. Chissà perché, in India, Netflix ha immediatamente rimosso la serie dal suo catalogo.

L’assemblea, dunque, ha scelto di farla finita con gli uomini. Ma s’alza la voce della valchiria Brunilde. Chiede che sia data una chance all’umanità. Al culmine della sua Filippica estrae dalla veste un ponderoso codice da cui estrae cavilli, commi e clausole speciali. La splendida guerriera è diventata una specie di avvocato dei diritti umani. Gli dei si convincono però solo perché Brunilde li sfida: avete paura degli uomini? Nossignora. Si apra il nuovo grande torneo delle arti marziali. Ma senza Goku, Vegeta né Crili. Ci sarà però il maestro Muten, il Genio delle Tartarughe sotto le mentite spoglie di Zeus.

Da qui in poi iniziano quelli che chiamate spoiler. 

In teoria, gli dei dovrebbero sfidare uomini vivi. Invece no, si incrocerà con le divinità eterne una sorta di all stars dell’umanità. E qui si sfonda ogni limite del ridicolo. Altro che la polemica tra Saviano e De Luca a Ravello, qua siamo proprio ai deliri da bar. Ma secondo te, chi è più forte Frankenstein o Hulk Hogan? Ecco, il livello è questo: nell’improponibilità è pari solo a quelle americanate tipo Jason contro Freddy, Predator contro Alien, Selvaggia Lucarelli contro Alba Parietti.

Non c’è nessuna introduzione, nessun “allenamento” per capirsi. Forse nel manga ha senso, ma nell’anime non ne ha nessuno. Viene praticamente proibito di conoscere e affezionarsi ai protagonisti. Anche perché i flashback alla Holly e Benji durante i combattimenti non sempre riescono appassionanti o sufficientemente esaustivi.

La prima sfida è tra il mitico Thor (sommo tripudio! Forse per la prima volta nella storia delle arti visive qualcuno s’è ricordato che c’ha i capelli rossi e non biondi!) contro il cinese Lu Bu Feng Xian. Con la gentile partecipazione di una valchiria che si trasforma nell’arma che brandirà l’umano. Dato che gli dei non possono essere feriti da armi forgiate da mortali. Seguirà poi nientemeno che la sfida delle sfide: Adamo, efebico padre degli uomini, contro Zeus, il padre degli dèi. Un combattimento, questo, tanto veloce che è reso con fotogrammi statici. Manco a dirlo, persino i fans più scatenati si sono infuriati come delle belve ferite. Adamo odia gli dèi quasi quanto il Caino di lord Byron. Ecco, forse era meglio scegliere lui per la sfida. Ma in questo anime l’uccisore di Abele è poco più di un frignone con i canini appuntiti che fa le smorfie al buon fratello.

Infine il terzo combattimento: il samurai Kojiro Sasaki contro Poseidone. Che è tutto fuorché il dio dei mari ma è, graficamente, lo stesso identico personaggio di Adamo ripreso nella fazione divina. Sasaki, però, riscatta l’umanità (e finora la serie) con l’unico combattimento serio che glorifica l’umiltà, la tenacia e la potenza di chi segue con dedizione la Via della Spada. Rialzandosi puntualmente ogni volta che finisce a tappeto. Non c’è niente da fare, i giapponesi quando giocano in casa vincono sempre. È quando se ne vanno in trasferta, a spasso tra miti e leggende occidentali, che fanno danni inenarrabili.

Già, perché la prima stagione si conclude con l’annuncio della grande sfida nell’area riadattata a Londra vittoriana. Per gli uomini c’è Jack lo Squartatore, gli dei rispondono con l’umanissimo Ercole. La seconda stagione sarà ancora più interessante perché nella rappresentativa degli uomini, la ct Brunilde ha convocato pure Nostradamus e Gregorio Rasputin. Sarà interessante capire come faranno a capate con Apollo e Belzebù. Magari a colpi di terzine apocalittiche l’uno e l’altro a colpi di… lasciamo stare quali furono i “poteri nascosti” attribuiti al “monacone” dalle leggende nere dell’aristocrazia zarista…

Insomma, Record of Ragnarok si vede giusto per capire dove vogliono arrivare gli sceneggiatori. O se si ha un culto esagerato per le cose venute male. Altrimenti non perdete tempo: date una ripassata all’Attacco dei Giganti o, se non l’avete ancora fatto, fiondatevi immediatamente sul film di Demon Slayer.

Giovanni Vasso

Giovanni Vasso su Barbadillo.it

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