La rivincita del vinile (che supera in vendite i cd)

Nella musica il vintage è sinonimo di cultura e piacere dell'ascolto

Il ritorno della musica in vinile

Dopo 30 anni le vendite del vinile in Italia hanno superato quelle del Cd. La notizia è di quelle destinate a segnare un’epoca. Era infatti il 1982 quando la “sinfonia delle Alpi” di Strauss diretta da Von Karajan fu incisa come primo test press su supporto digitale ed era il 1990 quando il Cd superava per la prima volta il vinile nei dati di vendita.
Secondo i dati Fimi (federazione industria musicale italiana) invece, dopo 30 anni di predominio assoluto del Cd, per la prima volta dal 1991 i dati di vendita si sono invertiti. E questo dato è ancora più confortante se letto all’interno di un aumento del 18.8% delle vendite musicali.
Nel primo trimestre 2021 si è osservata un incremento del 121% della vendita di vinili (rispetto allo stesso periodo del 2020), che associato ad una riduzione del 6% di vendita del Cd (sempre rapportata allo stesso periodo) ha permesso questo sorpasso. Rimane tuttavia un mercato dominato in maniera incontrovertibile dalla musica streaming che rappresenta ancora l’80% del mercato musicale italiano mentre il vinile è limitato ad una fetta dell’11%.
Oltre al significato puramente commerciale, questa notizia si presta ad una lettura fortemente sociale e, se vogliamo, romantica.  In un’epoca infatti di estrema fruibilità della musica di ogni genere, in cui l’ascolto di un disco intero sembra roba da età della pietra ed in cui le playlist accompagnano ogni nostra attività, a seconda degli umori, del meteo o della compagnia, il gesto di sedersi e posizionare la puntina all’inizio di quella incredibile sequenza di solchi che trasformano un fruscio in note rimane un gusto di relax e lentezza che le nostre nuove generazioni di post-millenials (o generazione Z, ossia nati tra il 1995 ed il 2012) o addirittura la generazione Alpha (nati dopo il 2010) troveranno noioso e terribilmente “boomer”. Ma proprio questa è la chiave di lettura del dato di cui stiamo parlando: se negli anni 90 e 2000 il Cd era lo strumento adatto alle generazioni più giovani grazie alla semplicità con cui skippare una canzone o sceglierle con un semplice tasto su un telecomando, le stesse generazioni, che adesso sono over 40 (e che comunque ascoltano anche le piattaforme di streaming), preferiscono al Cd un momento di nostalgico relax, in cui l’analogico soppianta il digitale ed in cui il gusto di sfogliare un libretto per leggere i testi o aprire un gatefold supera la ricerca on line dei testi. Ed il Cd è destinato alla pensione anche grazie ai vinili di nuova produzione, di qualità estremamente più alta rispetto ad anni fa ed estremamente più accattivanti grazie ad una vasta gamma di edizioni limitate e colorate.
La consapevolezza di ciò che si ascolta ed il tempo dedicato all’ascolto del disco scelto dall’ascoltatore e non dalla piattaforma “in base ai tuoi ascolti recenti” è quindi alla base di questa epocale inversione di tendenza. Ed a poco serviranno le notevoli riduzioni di prezzo dei Cd (a fronte di un costo di produzione irrilevante rispetto alla materia prima ed ai costi di incisione di un vinile): il cambio di rotta sembra davvero irreversibile ed i nostri amati CD faranno la fine delle musicassette (che tra l’altro vivono di un rinnovato interesse tra i collezionisti vintage) e spariranno da sotto i sedili o dai cruscotti delle nostre auto sempre meno predisposte all’ascolto di questi supporti vintage e cosi terribilmente anni ’90.

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Aldo Cantarutti

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