Segnalibro. I racconti (fra l’horror e la Tradizione) di Gianfranco de Turris

L'editore Bietti manda in libreria la raccolta degli scritti letterari (1986-2000) dell'intellettuale non conformista. La scoperta di un mondo parallelo

Gianfranco de Turris

Gianfranco de Turris

Che cos’è il “perturbante”? Cosa significa? Due studiosi della psiche, lo psichiatra Ernst Jentsch (1867-1919) e lo psicanalista Sigmund Freud (1856-1939) analizzarono, nei loro saggi, questa condizione o figura particolare. Per il primo significa l’affiorare di un’espressione di incertezza che si prova di fronte a certe entità o in certe situazioni. Freud scrisse un saggio in merito dal quale emerge, sulla base della lezione lasciata dal filosofo Friedrich Schelling (1775-1854), che perturbante è tutto quello che dovrebbe restare nascosto, ignoto e invece affiora, nonostante tutto. Richiama molto la vita psichica dalla quale il perturbante si è estraniata per un successivo processo di rimozione. Sono studi psicanalitici, legati all’approfondimento della psiche e a un’esperienza del profondo. E in questa accezione potremmo affermare che Gianfranco de Turris, giornalista, scrittore, autore di una ventina di libri fra i quali alcuni di letteratura fantastica e fantascientifica, curatore di oltre duecento volumi, esperto di storia delle idee, fra le varie espressioni letterarie che ha sperimentato ha realizzato racconti e narrazioni “perturbanti”, nell’accezione cui dava lo stesso Howard Phillips Lovecraft (1890-1937), autore ben studiato da de Turris (che anni fa dette alle stampe un saggio sul solitario di Providence), il quale, in un suo scritto, sostenne che se potessimo vedere con gli occhi la pletora di creature che si agitano intorno a noi in ogni momento impazziremmo. Insomma, forse esistono davvero mondi e spazi fra una dimensione e l’altra. Adesso, Gianfranco de Turris pubblica alcuni suoi racconti in un libro intitolato Qualcosa d’altro. Racconti 1986 al 2000, (Bietti editore).

De Turris segue, nella costruzione di questi racconti, un doppio canale: quello gotico, fantascientifico, fantastico e/o noir e quello che si richiama a un indirizzo tradizionale. Il primo deriva dagli studi esoterici, di letteratura detta “di genere” (anche se questa espressione tende a circoscrivere troppo il filone letterario e nello stesso tempo a depotenziarlo) derivante da autori come Machen, Lovecraft ecc., il genere anglosassone ecc. Il secondo filone deriva dalla formazione che de Turris ha seguito, sin da giovanissimo, di taglio tradizionale, avendo occasione anche di intrattenere rapporti con un maestro come Julius Evola. Autore di profondi saggi sulla Tradizione, de Turris ha utilizzato la letteratura per offrire uno spaccato su un altro piano dei saperi tradizionali, ma anche sapienziali in senso stretto, esoterici, che si rifanno a quelle dimensioni parallele al mondo nel quale viviamo. Spesso la narrazione fantastica richiama la dimensione mitica, la attualizza e fa dell’aspirazione tradizionale il punto di riferimento maggiore del racconto. Come dice esattamente nell’introduzione Giuseppe O. Longo, ricorrono, nelle scritture di de Turris “squarci metafisici, resi concreti dalla sensibilità angosciata dell’io narrante, che contempla con orrore presago, ma anche con sollievo, il mondo ordinario arricciarsi e arrotolarsi, rivelando una sottostante realtà più vera, una realtà enorme, insospettata, pronta a inghiottirci, a fagocitarci. Ciò che era stata rimosso riaffiora, ci inquieta e insieme ci consola”. L’esergo pubblicato nel risguardo è composto da due citazioni di Paracelso e di Cornelio Agrippa.

I passaggi più apertamente tradizionali, che offrono chiaramente spunti di meditazione e di apertura interiore, sono di diretta influenza evoliana. Lo segnala lo studioso Alessio de Giglio che, nella postfazione rimarca che “l’assidua frequentazione di tante pagine evoliane ha prodotto una sorda resistenza ai tossici della modernità, ma ‘nello stesso tempo’ ne ha misconosciuto la natura tradizionale (il samsara è il nirvana) e i racconti di de Turris marchiano questa dissociazione immanente al volto di un essere incapace di essere persona, maschera del divino ormai abbandonato. Le rovine di un uomo in piedi, pietrificato”.

Racconti che, nonostante la loro brevità, mostrano bene le coordinate di un mondo tradizionale, lontano dalla modernità (si veda a esempio, “Il bacio della sirena” e “Nella torre”, fra gli altri). Un mondo distante dall’uomo postmoderno, il quale ha smarrito la dimensione del Mito, dell’assoluto, della Tradizione.

Non solo: questi racconti mostrano anche che, per parlare di horror e scrivere di letteratura gotica, non sono necessari castelli diroccati, brughiere nebbiose del Nord dell’Inghilterra o cupi luoghi dall’architettura celtica. De Turris parla di mari d’inverno, della macchia tirrenica e pugliese, di terre illuminate da un sole bruciante, da spiagge e calette sferzate dal vento o accarezzate dalla brezza leggera. Un gotico mediterraneo che riprende una tradizione che sin dall’Ottocento esisteva in Italia ma è sempre stata tenuta in poco conto.

Infatti, Francesca Saggini, ordinario di Letteratura inglese all’Università della Tuscia di Viterbo, esperta di gotico e fantastico, ha dimostrato nel suo ultimo libro, Sole nero (La Vela ed.) l’esistenza di un gotico e horror italiano. Dalla disamina dei vampiri nella letteratura italiana dell’Ottocento a pagine indimenticabili di autori noti e meno noti, Saggini traccia una mappa di quello che chiama “Gotico mediterraneo”. Un libro che non solo fa il punto sulla critica del genere in Italia ma apre spiragli nella lettura di un genere molto vivo ma non sempre ben conosciuto.

– Gianfranco de Turris, Qualcosa d’altro. Racconti 1986-2000, Bietti, pagg. 260, euro 16,00

– Francesca Saggini, Sole nero. Il gotico meridiano nell’Ottocento italiano, La Vela ed., pagg. 98, euro 12,00

Manlio Triggiani

Manlio Triggiani su Barbadillo.it

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