Del variegato e complesso mondo della Rivoluzione Conservatrice, Ernst von Salomon fu tra coloro che alla presa del potere da parte dei nazionalsocialisti scelsero la via della migrazione interna.
Si ritirò dalla partecipazione alla politica attiva e limitò il suo impegno di scrittore e giornalista alle pubblicazioni del mondo dei reduci dei Corpi Franchi, assumendo anche la direzione della loro rivista, che usciva con cadenza mensile, Der Reiter gen Osten.
Nel numero di ottobre del 1939 della rivista, dopo solo un mese dallo scoppio di quella che sarebbe stata la II guerra mondiale, von Salomon abbandonò il suo riserbo e prese chiaramente posizione sul conflitto appena sorto.
La crisi che aveva portato all’attacco tedesco aveva a suo giudizio radici lontane, nelle pretese polacche su territori tedeschi per la costruzione della Grande Polonia. Dietro l’aggressività polacca riconosceva con chiarezza l’inconfondibile mano dell’Inghilterra, che utilizzava, sosteneva, fomentava i nazionalismi per creare conflitti e tensioni con le potenze che non rientravano nella sua sfera di influenza ed assumevano politiche in conflitto con i suoi interessi.
Von Salomon riviveva così i giorni da volontario con i Corpi Franchi sulla frontiera orientale, gli scontri con i nazionalisti baltici sostenuti apertamente dai britannici, subito intervenuti per spengere quell’improvviso ed imprevisto segno della vitalità germanica.
Riviveva la lotta per la difesa della Slesia dall’invasore polacco che allora, con suo grande stupore, vedeva equipaggiato con armamenti inglesi di nuovissima fabbricazione.
Plaude all’accordo Molotov – von Ribentropp, base indispensabile per costruire un nuovo ordine nel mondo che ponga fine al predominio liberale di marca anglosassone, un mondo con Stati che affondino le radici nella propria terra con aspirazioni di dominio entro i propri confini nazionali, e quindi in inevitabile conflitto con l’Impero inglese che, potenza di mare, vede il mondo solo attraverso linea di comunicazione ed approdi, abbracciandolo così tutto per sottoporlo alla propria volontà di potenza.
Le analisi di von Salomon, nella sua visione euroasiatica, e nella speranza di un costruttivo rapporto della Germania con l’Urss andarono presto deluse, così come l’Inghilterra si guardò bene dal dichiarare guerra all’Urss, che aveva pur invaso la Polonia da oriente, e come invece von Salomon dava per scontato.
Da lì a poco Hitler con l’operazione Barbarossa avrebbe poi fatto crollare tutte le sue speranze della costruzione di un blocco in grado di contrapporsi all’Occidente.
Dell’analisi di von Salomon resta e induce a riflettere però lo schema che vede l’Impero inglese schierato a difesa degli immortali principi di libertà e democrazia,riuscendoper tale via a curare implacabilmente i propri interessi; il metodo sempre immutato nel tempo:creare punti di crisi in Europa per mantenere ed estendere la propria influenza di grande potenza.
Grazie al nazionalismo serbo era così nata l’occasione per aggredire gli Imperi centrali, l’aggressività polacca contro la Germania esplosa alla fine della Grande guerra si era protratta sino ad allora, per diventare vero detonatore di un conflitto che avrebbe consentito all’Empire britannico di ottenere il controllo di buona parte dell’Europa continentale.
Per tutta la seconda metà del ‘900, ed in questo inizio di XXI secolo abbiamo così continuato a veder Gran Bretagna e Stati Uniti, divenuti nel frattempo attore principale sul palcoscenico mondiale, scendere in campo a difesa dei non negoziabili principi di libertà e democrazia, sempre ovviamente coincidente con i loro interessi politici, economici e militari.
I meccanismi che avevano portato al conflitto tra Germania e Polonia come appaiono nella lettura di von Salomon possono così oggi diventare un utile filtro per la comprensione delle dinamiche della guerra in Ucraina; cambiano alcuni dei soggetti, ma dinamiche ed obiettivi sembrano immutati, il crinale dello scontro è solo spostato più ad oriente. (Antonio Chimisso)
Sulla situazione attuale
di Ernst von Salomon
da Der Reiter gen Osten, numero di ottobre 1939
Il comunicato finale del comando supremo della Wehrmacht sulle operazioni in Polonia passerà senza alcun dubbio alla storia non solo come classico documento, unico per capacità di sintesi e chiarezza di stile, ma anche come classica testimonianza di una campagna militare unica nel suo genere. Ma al di là di questo, il comunicato ha anche un chiaro significato politico. Pone infatti il punto finale al primo atto del gigantesco confronto che, evocato dall’Inghilterra, si è avviato a cambiare il volto politico e di potere di questo mondo. Il Führer ha proclamato al mondo intero quale sia l’obiettivo politico dell’iniziativa tedesca verso oriente: è stato ottenuto con la conclusione delle operazioni militari in Polonia. Ha sradicato una fonte di pericolo per l’Europa. Fonte nata dalla rivendicazione in base al trattato di Versailles dello Stato della Grande Polonia, dopo che quello Stato non era più guidato e tenuto a freno dall’accorta mano del maresciallo Pilsudski. Chi spinge questo Stato alla guerra, vuole che l’Europa sia in pericolo costante. E questo è stato sempre l’obiettivo dell’Inghilterra da quando è diventata una potenza mondiale. L’Europa deve rimanere in vincoli, affinché l’Empire possa esistere indisturbato. In nessun’altra consapevolezza se non la responsabilità dei tedeschi verso l’Europa, il Führer ha teso la mano alla grande potenza Russia per ridisegnare un’altra Europa. Così la vittoria diplomatica si affianca a quella militare. L’Inghilterra ha dichiarato lo stato di guerra proclamando a gran voce la sua alleanza con la Polonia e si vede costretta dall’azione della Russia a far valere quest’obbligo anche nei confronti di quest’ultima. L’Inghilterra non dichiara il suo obiettivo militare, e questo ha un solo significato: non aiuto e sostegno alla Polonia ma annientamento del Regime nazionalsocialista.
In grandiose manifestazioni, il popolo tedesco si è dichiarato un tutt’uno con il suo leader e con il nazionalsocialismo, mentre l’Inghilterra impone un blocco economico che colpirà la Germania, il popolo tedesco, le nostre donne, i nostri bambini. E’ un blocco contro l’Europa. E’ un blocco contro quella parte del mondo che non rientra nell’orbita britannica.
L’Inghilterra combatte per la democrazia, per la civilizzazione, per il bene prezioso della libertà individuale. L’Inghilterra combatte per gli ideali del XIX secolo. Non è più conservatore il paese che pone il suo orgoglio nell’essere conservatore, è diventato reazionario il paese che nel 1914 entrò in guerra contro la “reazionaria” Germania. L’Inghilterra fin dal primo giorno dell’attuale conflitto è stata subito pronta ad abbandonare gli ideali di democrazia, civiltà e libertà individuale, pur di raggiungere i suoi obiettivi militari.
E questi sono: la distruzione della Germania, in modo più radicale rispetto a quanto stabilito a Versailles, più radicale di come avvenuto negli anni dopo la pace di Versailles.
E questi sono: autodistruzione dell’Europa, con conseguenze ben peggiori di quelle avvenute con la pace di Versailles.
Il governo britannico, che pretende di lottare per l’Europa, lo spirito europeo, la civilizzazione europea, in realtà vede sé stesso in opposizione all’Europa, che è cambiata nelle sue grandi potenze, ha riflettuto sul grande treno della storia, sulla trasformazione dell’ordine europeo, che ha riflettuto sui suoi piccoli Stati secondo la sua genuina tradizione. ll governo britannico si trova schierata contro un’Europa che non è ammaliata dal suono delle sue sirene, perché consapevole che dietro questi suoni si nasconde il grido di lamento di una potenza mondiale in disfacimento, un impero mondiale che ha sempre tradito l’Europa.
La legge con cui l’Inghilterra si presentò tre secoli fa, è stata portata a compimento nel XIX secolo. Altri popoli si sono ora presentati in Europa, liberandosi dal peso straniero di un ordine loro imposto e cercando liberamente legami con popoli dallo stesso atteggiamento spirituale. Questo è quello che l’Inghilterra non è riuscita a capire, mentre i suoi ministri viaggiavano da una capitale all’altra, cercando di serrare il cuore di un’Europa che si stava risvegliando con argomentazioni stantie, visioni inaridite e promesse vuote. Ha trovato solo un alleato riluttante, la Francia, il paese che ha fondato la tradizione europea del XIX secolo e che ora è costretto a combattere a fianco dell’Inghilterra contro l’Europa, salvo un improvviso ripensamento che nasca dal ricordo che la forza del suo popolo è radicata in Europa e non all’ombra dell’Empire britannico.
Il popolo tedesco è deciso a combattere la sua buona battaglia, se costretto dalla cecità britannica. E sarà una battaglia per il senso della storia del secolo, e non solo una battaglia per il senso di responsabilità versa la patria tedesca, ma anche verso una nuova Europa che sta fiorendo, consapevole che questo sarò capito proprio alla luce di quel senso di responsabilità.
Ieri come oggi, perfida Albione, prima nemica dell’Europa. Ottimo Von Salomon e calzante parallelo di Chimisso.
Tutto vero. Bell’articolo. Ma Hitler fece solo il gioco di Stalin, che voleva tornare più o meno ai confini dell’epoca zarista, non della Polonia o dell’Inghilterra… Un grande errore da parte sua scatenare la guerra nel 1939. Peraltro sapeva benissimo (o doveva sapere) che dopo Monaco 1938 non c’era più spazio per colpi di mano. A marzo, entrando in quel che rimaneva della Cecoslovacchia, si diede una mazzata sui marroni…