“Italiani brava gente” è uno stereotipo duro a morire. Tuttora una visione autoindulgente permette all’italiano medio di autoassolversi di fronte a intemperanze, atti maneschi, violenze domestiche. Ma la realtà, a studiarla bene, è differente. La storia d’Italia è composta da tante realtà, fra le quali non manca quella criminale. Sì, perché la storia d’Italia è anche una storia criminale.
Roberto Casalini, giornalista, ha pubblicato un libro per Neri Pozza, intitolato Sangue italiano, nel quale narra i delitti, la criminalità nelle varie articolazioni e la violenza pubblica a partire dal 1860, anno precedente l’unità d’Italia, fino ai giorni nostri. Dalla nascita della nazione fino a oggi nelle 312 pagine si snodano storie di cronaca nera ancora presenti nell’immaginario popolare ma anche altre dimenticate, sebbene fecero molto scalpore quando accaddero. Sono centocinquanta scelte fra le più efferate ed emblematiche. Nel 1860 l’Italia non era ancora unita ma i briganti esistevano già. Il libro si apre proprio con le azioni dei briganti e le rivolte dei contadini che in quell’anno, 1860, furono protagonisti di rivolte per l’assegnazione delle terre. Fu chiamato il carnevale selvaggio di Bronte e ci furono linciaggi, assassinii per vendetta, uccisioni di latifondisti. Giuseppe Garibaldi promise – senza poi mantenere – la distribuzione delle terre e incassò l’adesione dei contadini rivoltosi ai suoi progetti e infoltì le schiere dei suoi rivoltosi. Salvo poi deluderli.
Un libro che è una sorta di atlante della violenza, della sopraffazione, dove non mancano le gesta della camorra, della mafia e della ‘ndrangheta, organizzazioni criminali potenti come nessun’altra negli altri Paesi. Passano nelle pagine di Casalini omicidi passionali, di mafia, assassinii di vendetta e assassinii politici, stragi e veri e propri scannamenti. Per non parlare del periodo degli anni di piombo e degli attentati a uomini politici, come l’omicidio Moro, ma anche gli omicidi in famiglia che riempiono le cronache degli ultimi anni con i vari femminicidi. Non mancano anche i “classici” della criminalistica italiana: da Leonarda Cianciulli, detta la saponificatrice di Correggio al mostro Girolimoni, da Wilma Montesi al banchiere Guido Calvi, dalla “belva” Rina Fort ai figli che massacrano i genitori (Erika e Omar, Pietro Maso e Doretta Graneris) ai serial killer, al vampiro della bergamasca, all’anagrafe Vincenzo Verzeni fino alle bande: quella della Magliana e quella dei Marsigliesi. Una serie di fatti di cronaca che mostrano episodi particolarmente “aggressivi e pervasivi”. Un libro che trasporta il lettore in un altro mondo che altro non è, semplicemente, che il nostro.
Roberto Casalini, Sangue italiano, Neri Pozza ed., pagg. 312, euro 20,00
Anche nel ‘700 gli osservatori italiani erano d’accordo sull’alto tasso di criminalità un po’ in tutta la penisola. Allora la colpa veniva attribuita, dai riformatori imbevuti d’idee illuministiche, soprattutto alla Chiesa ed all’inefficienza dei poteri pubblici, alla corruzione dilagante. Non è cambiato molto, a dire la verità. Sempre poco Stato e molta illegalità.
Per Goethe, II metà ‘700, Napoli era un Paradiso abitato da Diavoli!